Il marcio viene a galla
Un’inchiesta del quotidiano britannico “The Guardian” svela che solo dal 2012 al 2014 l’Azerbaigian ha speso quasi tre miliardi di dollari per la ‘politica del caviale’. E in Italia?…
Il governo azero ha gestito un fondo occulto di quasi tre miliardi di dollari utilizzato dal 2012 al 2014 per donazioni in denaro e in oggetti di lusso a importanti personalità europee, politici, giornalisti e accademici al fine di influenzare l’immagine del Paese in Europa. Lo rivela un’inchiesta del prestigioso giornale “The Guardian” riferendo che le transazioni sono avvenute attraverso società ombra britanniche (Metastar Invest, Hilux Services, Polux Management e LCM Alliance).
Non proprio un fulmine a ciel sereno; la cosiddetta “politica del caviale” è nota da tempo e recentemente è balzata anche alle cronache della stampa italiana per via dell’accusa formulata dalla procura di Milano nei confronti dell’ex deputato UDC Luca Volontè che avrebbe incassato oltre due milioni di euro per condizionare il voto su una risoluzione riguardante i diritti umani in Azerbaigian.
Ma l’inchiesta va oltre ogni più pessimistica immaginazione. Si parla apertamente di operazioni di riciclaggio, di “lavanderia di denaro” anche attraverso società offshore; si indicano ben 16.000 (sedicimila!) operazioni segrete solo nel triennio indicato non solo per corrompere ma anche per far sparire soldi del bilancio statale a favore di conti segreti intestati alla elite azera . “La punta di un iceberg” cita il quotidiano. Un’enorme lavanderia azera messa in atto dalla cleptocrazia di Baku e finalizzata anche alla corruzione con una montagna di soldi pagata a politici e a giornalisti nell’ambito dell’operazione di lobbying internazionale per evitare le critiche contro il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e al contempo promuovere l’immagine positiva di un Paese agli ultimi posti nelle classifiche mondiali sulla libertà di informazione.
L’opposizione britannica ha sollecitato il governo del primo ministro Theresa May ad aprire un’inchiesta dopo la pubblicazione di tali informazioni sui pagamenti segreti effettuati dal governo azero dal 2012 al 2014 attraverso una rete di società britanniche ombra.
Nel frattempo ci sono acque agitate in seno all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (pace) proprio in virtù delle notizie relative alle donazioni azere a favore di politici europei. Già un gruppo di tre esperti ha avviato dal mese di luglio audizioni riservate sul tema della corruzione di alcuni parlamentari anche sulla scia del caso Volontè. Lo stesso presidente, lo spagnolo Pedro Agramunt, ripetutamente criticato per i suoi atteggiamenti filoazeri, è in discussione ed è probabile che verrà definitivamente sfiduciato nella sessione autunnale dell’Assemblea.
Nel frattempo la Commissione affari legali dell’Assemblea ha approvato una risoluzione che esprime preoccupazioni in merito alla situazione dei diritti umani e al funzionamento della giustizia in Azerbaigian. Approvando all’unanimità una risoluzione basata su una relazione di Alain Destexhe (Belgio, ALDE), la Commissione ha espresso preoccupazione per «le denunce e le detenzioni di leader delle ONG, difensori dei diritti umani, attivisti politici, giornalisti, blogger e avvocati, con presunte accuse relative al loro lavoro». La Commissione ha osservato con grande preoccupazione le relazioni che collegano il governo azero a un sistema di movimentazione di denaro di grandi dimensioni che si verifica negli anni dal 2012 al 2014, utilizzato in particolare per influenzare l’attività dei membri dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa per quanto riguarda i diritti umani situazione in Azerbaigian ed esorta le autorità azerbaigiane a avviare senza indugio un’indagine indipendente e imparziale su tali accuse e, inoltre, cooperare pienamente con autorità e organi competenti internazionali in materia. La risoluzione andrà ai voti in ottobre.
Questo il quadro del marcio (azero e non solo) che sta venendo a galla in tutta Europa.
A questo punto ci viene spontaneo porci delle domande su certi politici e giornalisti italiani che negli ultimi anni si sono spesi così tanto a favore della causa azera: sempre pronti a accusare gli armeni e a nascondere la testa sotto la sabbia di fronte alla dittatura in Azerbaigian.
A loro, ai membri dei sedicenti Comitati di amicizia italo-azera, ai (presunti) difensori dei diritti umani (non a Baku s’intende…), ai parlamentari sempre pronti a tessere le lodi dell’Azerbaigian chiediamo una chiara presa di posizione su quanto riportato dal Guardian: in caso contrario, il loro silenzio avrà sempre più il sapore del caviale…
LA RASSEGNA STAMPA: