Prove tecniche di un’altra guerra?
Mentre il dittatore azero Aliyev si trastulla a Shushi con il festival “tradizionale” (due edizioni oltre trenta anni fa…) di musica azera, circa 250 suoi soldati hanno invaso il territorio dell’Armenia, uno Stato internazionalmente riconosciuto.
Hanno superato i confini per oltre 3,5 km e occupato un’area intorno al piccolo lago Sev rivendicandone il pieno possesso. Contemporaneamente, hanno superato la frontiera entrando anche nella regione di Gegharkunik in direzione di Vardenis.
A nulla fino a oggi sono valsi i tentativi dei mediatori internazionali, del comando russo delle forze di pace e dei funzionari del CSTO di far ritornare i soldati dell’Azerbaigian alle originarie posizioni.
Il regime di Aliyev ha altresì annunciato lo scorso 12 maggio (con un preavviso minimo che viola le convenzioni internazionali) nuove imponenti manovre militari dal 16 al 20 maggio con oltre 15.000 uomini, forze terrestri e aeree, droni da combattimento e carri armati.
A sei mesi dalla fine della guerra scatenata contro la piccola repubblica de facto del Nagorno Karabakh (Artsakh) si tratta dell’ennesima provocazione e dell’ennesimo tentativo di minare ogni tentativo di raggiungere una pacificazione definitiva nella regione.
Questa nuova avventura bellica dell’Azerbaigian non deve però sorprendere. Ripetutamente Aliyev, spalleggiato dal compare Erdogan, ha pronunciato violente minacce contro gli armeni e la repubblica di Armenia reclamando come proprio diritto il possesso del Syunik (Armenia meridionale) e della zona intorno al lago Sevan. Suoi funzionari governativi (da ultimo l’ombudsman dell’Azerbaigian) hanno dichiarato che l’Azerbaigian deve creare una zona cuscinetto all’interno dell’Armenia (uno Stato sovrano, membro del Consiglio d’Europa!), hanno preannunciato l’occupazione prossima di Stepanakert (capitale dell’Artsakh) e, con le buone o le maniere forti, delle aree rivendicate in Armenia.
Mentre il regime di Baku tiene ancora prigionieri circa 200 soldati e civili armeni catturati dopo l’entrata in vigore della tregua utilizzati come ostaggi, mentre allestisce il macabro “parco della vittoria” a Baku, nuovi venti di guerra stanno dunque spirando nel Caucaso meridionale.
Dopo tanta accondiscendenza e tanta attenzione agli interessi economici è forse arrivato il momento di far sentire la voce forte dell’Europa (e dell’Italia) contro questa ennesima arrogante provocazione dell’Azerbaigian.
Chi tace d’ora in avanti sarà etichettato alla stregua di un complice di questo folle tiranno!
#STOPALIYEV!