La libertà di un popolo non si svende
Ancora sciocche dichiarazioni azere sulla “ampia autonomia del Nagorno Karabakh” mentre si moltiplicano le pressioni per una soluzione del contenzioso. Ma indietro non si torna…
«Baku, 22 lug 16:19 – (Agenzia Nova) – L’Azerbaigian è pronto a garantire la più ampia autonomia possibile al Nagorno-Karabakh all’interno dei confini nazionali. È quanto affermato dal vicepresidente del parlamento azero, Ziafet Askerov, citato dall’agenzia di stampa “Apa”. Secondo Askerov, una concessione di questo tipo rientra nell’intento delle autorità di Baku di preservare l’integrità territoriale. Secondo il parlamentare, l’Azerbaigian ha sostenuto “una graduale distensione del conflitto del Nagorno-Karabakh, in linea con l’integrità territoriale dell’Azerbaigian”. “Nagorno-Karabakh è un territorio azero”, ha ribadito Askerov. »
Il lancio dell’agenzia Aska, che riprende quella azera APA, ripercorre il consueto leitmotive della propaganda del regime di Aliyev ossia la volontà di non garantire in alcun modo l’autodeterminazione del popolo armeno del Nagorno Karabakh ma di inglobare la regione all’interno dell’Azerbaigian. Una ipotesi antistorica, impossibile, folle, inconcepibile se solo si pensa all’odio antiarmeno in stile Isis che Baku ha dispensato in questi ultimi anni con tanto di teste mozzate di soldati armeni esibite in macabro trionfo.
Dichiarazioni che oltrepassano il limite del ridicolo quando l’esponente azero parla di “graduale distensione”…
È grave che tali affermazioni arrivino da fonte autorevole (il vice presidente del Parlamento) e confermano la mancanza di volontà degli azeri a definire pacificamente e rapidamente il contenzioso sul Nagorno Karabakh.
Nessun mediatore internazionale potrebbe mai immaginare una situazione di questo genere, poco credibile è la possibilità che l’Armenia e la repubblica del Nagorno Karabakh arrivino ad accettare una soluzione che confini il popolo dell’Artsakh sotto il giogo azero. Eppure il regime di Aliyev continua a spingere su questo tasto, rendendo di fatto impossibile qualsiasi soluzione concordata del problema.
Altrimenti dobbiamo pensare che sia solo l’ennesima sparata azera per alzare il prezzo delle trattative al tavolo dei negoziati. Al riguardo continuano a rincorrersi voci che vorrebbero una soluzione di “compromesso”; forze che spingono sulla debolezza dell’Armenia (piccolo Paese con i confini chiusi, minacciato da turchi e azeri, senza petrolio e grandi risorse) per costringerla ad accettare il ricatto di un accordo gravemente penalizzante per il popolo del Nagorno Karabakh.
Queste voci, questi “spifferi” diplomatici, ci preoccupano; anche a Yerevan non c’è tranquillità e lo dimostra l’azione (insensata: in questo momento c’è bisogno di calma e nervi saldi!) di un gruppo che tra l’altro protesta contro possibili concessioni territoriali.
Un principio deve essere ben chiaro: il diritto del popolo dell’Artsakh, la sua sovranità, non potranno mai essere messi in alcun modo in discussione. Nessuno “status” provvisorio, nessun ulteriore rinvio al pieno riconoscimento internazionale. Questo è il primo fondamentale passo da compiere se davvero si vuole comporre pacificamente la questione.
E nessuna “concessione territoriale”: la piccola repubblica karabakha fu aggredita militarmente nel 1992 dal potente Azerbaigian, si è difesa, ha sacrificato la vita di migliaia di suoi figli e alla fine, dopo immani lutti e distruzioni, è riuscita a salvare la propria identità. Vogliamo buttare via tutto ciò?
Se poi, come abbiamo più volte accennato anche in questa sede, si vuole dare un contentino al dittatore di Baku e regalargli qualche lembo di territorio “simbolico” (ad esempio Agdam), rinunciando a reclamare la regione di Shahumian e le porzioni di Martakert e Martuni ancora sotto controllo azero, allora se tutto questo può servire a una pace stabile e duratura, ben venga anche un accordo. Ma non un metro quadrato in più perché il sangue dei nostri partigiani, eroi della liberazione, non sia stato versato invano.
Viva l’Artsakh libero e indipendente!
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