Ciriellyev

Ha suscitato proteste nella comunità armena e imbarazzo fra gli addetti ai lavori la recente intervista che il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, ha rilasciato alla testata “Formiche”.

Tra sgrammaticature storiche e affermazioni al limite del ridicolo riguardo la volontà di pace del presidente azero Aliyev, il politico italiano non ha mancato di attaccare violentemente la diaspora armena in Italia (cioè italiani di origine armena) accusata di “vagheggiare con visione sciovinista e nazionalista” e di “non essere realmente a conoscenza dei problemi“.

Tutto l’impianto dell’intervista, all’interno di una cornice di generica speranza per la pace nella regione, è impostato in chiave pro-azera al punto che qualcuno ha sospettato che le parole siano state scritte da qualche addetto stampa dell’ambasciata dell’Azerbaigian in Italia.
Un sospetto, non una certezza, alimentato anche dall’uso del toponimo azero “Garabagh” invece dell’internazionalmente più noto “Karabakh”.

Cirielli si è sempre dimostrato molto “sensibile” alla causa dell’Azerbaigian; tuttavia, qualsiasi motivazione politica, strategica o di qualsiasi altra natura (nella sua intervista ci ricorda il sostegno all’Ucraina e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico), non dovrebbe prescindere da una valutazione più obiettiva e meno appiattita sulla narrazione di una delle peggiori dittature al mondo specie se le parole provengono da un rappresentante delle Istituzioni al quale vengono richiesti equilibrio e lungimiranza e che dovrebbe difendere valori su cui si fonda la nostra Repubblica e non quella di un Paese dove i cittadini non hanno libertà di pensiero e di parola e dove da più di 30 anni il potere politico è in mano a una sola famiglia.

Invece, Cirielli si produce in una serie di affermazioni tra il risibile e l’offensivo come quando parla del genocidio armeno del 1915 (“di cui gli azeri non hanno nessuna responsabilità”): si dimentica che Baku è pienamente allineato alla politica negazionista di Ankara e che alla parata della vittoria dopo la guerra del 2020 Erdogan e Aliyev hanno invocato l’anima di Enver Pasha; offende poi gli armeni quando parla della “vergogna del genocidio” quasi fosse stata una colpa loro.

Non parliamo poi di quando dipinge Aliyev come un uomo di pace (“ha cercato in questi tre anni una soluzione pacifica”). Il viceministro dimentica la storia, trascura anche la cronaca di quanto recentemente accaduto, sorvola, anzi nega, su tre azioni militari dell’Azerbaigian contro il territorio sovrano dell’Armenia (maggio e novembre 2021, settembre 2022) costate centinaia di morti e che hanno determinato l’occupazione di oltre 200 km2.
Eppure dovrebbe esserne informato dal momento che il capo del suo partito proprio a settembre 2022 condannava l’attacco dell’esercito azero“all’Armenia.

Tralascia pure l’esodo forzato di oltre centomila armeni del Nagorno Karabakh-Artsakh in fuga dalla pulizia etnica, dopo l’ultima campagna militare del settembre scorso del ‘pacifista’ Aliyev.

Caro sen. Cirielli, non basta dire di avere “simpatia” per gli armeni per quanto loro hanno passato con il genocidio e poi riempire un’intervista con una sequenza di baggianate storiche aggrappandosi a tutte le cartucce della propaganda del regime azero.

Non sappiamo se le Sue affermazioni siano un “atto dovuto” o debbano essere inquadrate alla stregua di una incomprensibile provocazione; non ci interessa, non vogliamo neppure pensarci.

Spiace solo che un rappresentante delle Istituzioni italiane non comprenda che su un tema così delicato servono equilibrio e comprensione.