Artsakh, viva la democrazia libera…
Il Nagorno Karabakh (d’ora in poi “Repubblica di Artsakh”) vota il referendum sulla riforma della Costituzione, mentre in Azerbaigian la moglie di Aliyev viene nominata vicepresidente…
Il 20 febbraio si è tenuto in tutta la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh un referendum sugli emendamenti alla Costituzione così come approvati dal Parlamento nel mese di gennaio.
Tali emendamenti sono stati approvati a larghissima maggioranza (oltre l’86%) da più di tre quarti degli elettori aventi diritto e hanno sostanzialmente modificato in senso presidenzialista la forma di governo della repubblica (mentre nella vicina Armenia nel 2015 si assisteva a un processo contrario).
Al referendum si è arrivati dopo un lungo e partecipato lavoro di una Commissione creata ad hoc che ha avuto incontri non solo con le autorità della repubblica, ma anche con tutte le forze politiche locali, sia quelle presenti all’Assemblea nazionale sia quelle extra parlamentari.
È la terza volta che il popolo dell’Artsakh è chiamato, nella pur breve vita della repubblica, a pronunciarsi sulla Costituzione.
È un chiaro segnale dell’attenzione che questo piccolo e non riconosciuto Stato dà al processo democratico di autodeterminazione.
Solo attraverso la partecipazione dei cittadini è possibile costruire le basi per lo sviluppo di una patria libera e indipendente.
Concetti che nel vicino Azerbaigian suonano come eresia: in un Paese che da trenta anni è governato dalla stessa famiglia (è giusto appunto arrivata pochi giorni fa la notizia che la moglie di Aliyev è stata nominata vice presidente della repubblica…) un regime autoritario e liberticida dove le carceri sono affollate di giornalisti e attivisti per i diritti umani, non può concepire il concetto di democrazia. Lì i referendum si organizzano solo per estendere il mandato presidenziale del dittatore Aliyev oltre i due termini previsti dalla Costituzione, senza Commissioni, senza percorso partecipato, ma solo per assecondare l’ingorda famiglia presidenziale.
Qui, in Artakh, il popolo costruisce invece il proprio futuro e dalla capitale ai più sperduti villaggi di montagna adempie al proprio diritto-dovere di cittadino.
Se ne compiace il Gruppo di Minsk dell’Osce che comunque, nel consueto comunicato stampa rilasciato alla vigilia di una tornata elettorale in Nagorno Karabakh, si affretta a dire che la consultazione non avrà valenza per stabilire lo status giuridico della regione.
Precisazione inutile. Il popolo dell’Artsakh ha già deciso, nel dicembre 1991, con un referendum, quale doveva essere il proprio futuro, da che parte stare.
Ha scelto di vivere libero e indipendente, armeno in terra armena; ha scelto di non essere governato da una dittatura azera feroce e barbara che porta in trionfo le teste decapitate degli armeni. Ogni altro discorso, cari co-presidenti del Gruppo di Minsk, è solo fumo…
Di qui democrazia e libertà, dall’altra parte dittatura e oppressione: il popolo dell’Artsakh ha già scelto.