Buon anno?
Un anno fa abbiamo tutti festeggiato la fine del 2019 e l’inizio del 2020 con i classici auguri di “buon anno”. Un rituale consolidato, accompagnato generalmente da una serata conviviale con parenti o amici e gli immancabili fuochi d’artificio. Si fa così, ogni 365 giorni.
Bastassero solo gli auguri a risolvere i problemi personali o del mondo la nostra vita e il nostro pianeta non avrebbero di che patire. Ma sappiamo che è solo una consuetudine, un’occasione per festeggiare ancora di più in un periodo che per i cristiani è già ricco di celebrazioni e feste.
E, infatti, il 2020, nonostante gli auspici, ci ha portato una pandemia globale e, per quanto riguarda l’Artsakh, una devastante guerra seguita da una dolorosa sconfitta. Ai botti dei fuochi d’artificio sono seguiti, quasi dieci mesi dopo, i fragori delle bombe sganciate dagli azeri sulla popolazione civile. Distruzioni, lutti, dolore, una patria mutilata dal nemico invasore; lo sapevamo che non sarebbero bastati gli auguri di un buon anno…
L’istinto ci spinge ad archiviare, almeno per ora, questo rituale del 31 dicembre. Le ferite sono ancora aperte, lo rimarranno per molto, e fanno male. Niente auguri, al diavolo Aliyev, al diavolo gli incapaci politici e generali armeni, al diavolo il resto del mondo che pensa agli affari e se ne frega dei centocinquantamila abitanti dell’Artsakh.
Ma la ragione ci fa pensare al contrario: proprio ora, più che mai, c’è davvero bisogno di un augurio per il 2021; che sia di speranza per un miglioramento della situazione sotto tutti i punti d vista.
Abbiamo bisogno di debellare il maledetto Covid 19 e di ricostruire ciò che la guerra ha distrutto; abbiamo bisogno soprattutto di riportare fiducia nel popolo dell’Artsakh, la voglia di combattere per la difesa della propria terra.
A breve termine il 2021 deve portare a una stabilizzazione della situazione interna con il rilancio dell’economia e il ripristino delle condizioni precedenti alla guerra; nelle scorse settimane abbiamo affrontato diversi urgenti problemi, dai servizi ai trasporti alla connessione internet, che vanno urgentemente risolti per normalizzare la vita nella repubblica. Va garantita sicurezza e difesi i confini di ciò che è rimasto.
A medio termine, se le condizioni politiche lo permetteranno, si dovrà lavorare per recuperare attraverso negoziati almeno una parte del territorio perduto e per raggiungere finalmente un riconosciuto status internazionale; non sarà semplice, il nemico è agguerrito e non sembra incline a concessioni.
Tutti noi, anche da migliaia di chilometri di distanza, dovremo lottare per questi risultati.
E allora, oggi più che mai, il nostro augurio sia essere sentito e sincero.
Buon anno Artsakh! Che sia davvero un buon anno! Di cuore.