A seguito dell’attacco azero in Artsakh (Nagorno Karabakh) del 3 agosto il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Il 3 agosto 2022, le forze armate dell’Azerbaigian, violando ancora una volta la Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020 dei leader di Armenia, Russia e Azerbaigian sulla cessazione delle ostilità nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh, hanno lanciato un’aggressione nell’area di responsabilità del contingente di mantenimento di pace russo, provocando vittime e feriti.

Nonostante i passi intrapresi dalla parte armena per raggiungere la stabilità e la pace nella regione, l’Azerbaigian continua la sua politica pre-programmata di terrorizzare la popolazione del Nagorno-Karabakh, sottoponendola alla pulizia etnica e all’occupazione strisciante del Nagorno-Karabakh.

Ricordiamo che l’irruzione illegale delle forze armate azere in direzione del villaggio di Parukh il 24 marzo di quest’anno, l’attacco ai villaggi di Khtsaberd e Hin Tagher dell’11 dicembre 2020, nell’area di responsabilità del contingente di peacekeeping russo sono casi di analoga aggressione e violazione del cessate il fuoco.

Riteniamo inaccettabili le dichiarazioni della parte azerbaigiana che tentano di modificare unilateralmente il regime giuridico nel Corridoio di Lachin definito dalla disposizione 6 della Dichiarazione Trilaterale, e riaffermiamo che la strada che attraversa il Corridoio di Lachin può essere modificata solo secondo il piano approvato dalle parti della Dichiarazione.

Come è chiaramente definito dalla Dichiarazione del 9 novembre, entro il prossimo triennio le parti (cioè la Federazione Russa, la Repubblica di Armenia e la Repubblica dell’Azerbaigian) dovranno definire il piano per la costruzione di una nuova strada di attraverso il Corridoio Lachin che collega l’Armenia con il Nagorno-Karabakh, con la successivo riposizionamento del contingente russo di mantenimento della pace per la protezione di tale strada.

Sottolineiamo che finora non esiste un piano del genere approvato all’interno di un formato trilaterale e invitiamo tutte le parti della Dichiarazione Trilaterale ad aderire ai loro impegni, a compiere sforzi immediati per attuare le condizioni stabilite dalla Dichiarazione del 9 novembre, compreso il mantenimento di un regime di cessate il fuoco, lo sblocco delle comunicazioni regionali, il rilascio e il ritorno die prigionieri di guerra, degli ostaggi e di altri detenuti.

Riteniamo necessario sottolineare ancora una volta che la Repubblica d’Armenia ha adempiuto a tutti i suoi obblighi. Il motivo della mancata attuazione di una serie di disposizioni della dichiarazione trilaterale del 9 novembre sono le interpretazioni arbitrarie, la continua retorica aggressiva e le azioni dell’Azerbaigian.

La Repubblica di Armenia, ribadendo il suo impegno per l’agenda di stabilire la pace e la stabilità nella regione, invita la comunità internazionale ad adottare misure per fermare il comportamento e le azioni aggressive dell’Azerbaigian e lanciare a tal fine i meccanismi internazionali necessari.

L’atteggiamento della leadership politico-militare dell’Azerbaigian nei confronti degli armeni si è manifestato per decenni nel comportamento criminale di odio, violenza fisica e psicologica, privazione intenzionale della vita, e non vi è nemmeno motivo di presumere che l’Azerbaigian possa cambiare questa strategia nel futuro prevedibile.

Artak Beglaryan, ministro di Stato dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) commenta con fermezza la recente sparatoria azerbaigiana nei villaggi di Taghavard e Karmir Shuka di Artsakh.

Beglaryan ha sottolineato che i proiettili sparati contro le case dei civili nei suddetti villaggi e altre violazioni del cessate il fuoco nei giorni scorsi ne sono un’altra prova. Secondo lui, non importa quanto le autorità azere giochino alla pace e alla gentilezza, continuano ancora apertamente la politica dell’armenofobia e dell’aggressione al fine di espellere gli armeni dall’Artsakh e svilire lo stato armeno e tutti gli armeni.

Finché le autorità e il popolo dell’Azerbaigian non sono pronti per un dialogo e una pace reali e degni per tutte le parti, il conflitto [del Karabakh] non può essere risolto e non può esserci stabilità a lungo termine nella regione. Il riconoscimento e la difesa del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh non ha alternative, poiché siamo i padroni del nostro destino nella nostra patria, ed è l’unico modo per prevenire il nuovo genocidio nel mondo“, ha aggiunto il ministro di Stato dell’Artsakh.

Sembra ormai segnato il destino di Berdzor (Lachin) che andrà inevitabilmente sotto totale controllo del nemico azero.
Con la costruzione della nuova rotta, alternativa all’attuale, tra Armenia e Artsakh l’area di Berdzor e probabilmente anche il villaggio di Aghavno (dove fino al settembre 2020 c’era il controllo di frontiera della repubblica di Artsakh) finiranno all’Azerbaigian.
Anche il governo dell’Artsakh sembra rassegnato alla cessione della cittadina dove vivono ancora una cinquantina di famiglie armene che non sono sfollate dopo la guerra mentre per quanto riguarda il villaggio di Aghvano c’è forse ancora qualche esile speranza.
Cerchiamo di spiegare la situazione.

Con la sconfitta in guerra e il successivo accordo del 9 novembre la parte armena si è tra l’altro impegnata a consegnare il distretto di Lachin (Kashatagh nella repubblica di Artsakh) alla parte azera.
In questo distretto di trova anche quello che antecedentemente alla prima guerra del Karabakh era chiamato il “corridoio di Lachin” ovvero il punto più ravvicinato tra l’oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) e l’Armenia.

Questa porzione di territorio è interessata dalla strada di collegamento tra Goris e Stepanakert e appunto dagli insediamenti di Berdzor e Aghavno.
Il primo sorge sul confine della vecchia oblast ma leggermente fuori di essa, il secondo quasi contiguo con l’Armenia.

Dopo l’ultimo conflitto, la strada è stata utilizzata in quel tratto sia dagli armeni (per raggiungere l’Artsakh e viceversa) sia dagli azeri (per collegare la parte meridionale a quella settentrionale del distretto e viceversa) con la forza di pace russa a fungere da vigile del traffico onde evitare che i convogli nemici si incontrassero.
La costruzione di una rotta alternativa (peraltro prevista dall’accordo di novembre) serve dunque agli azeri per occupare interamente la zona evitando il “fastidio” di dover condividerla con gli armeni.
Per questo stanno procedendo spediti i lavori per il passante alternativo: in Armenia, superata Goris, la rotta dovrà piegare a destra verso il villaggio di Kornidzor (con la necessità di riammodernare la strada locale,  ma non sappiamo se e quando partiranno i lavori); dall’altra parte il nuovo tracciato interessa i villaggi di Hinshen e Metzshen della provincia di Shushi (che gli azeri a dicembre 2020, dopo la fine della guerra, hanno tentato di occupare…) per poi congiungersi al vecchio percorso e bypassarlo più a nord all’altezza di Shushi.

Dalle dichiarazioni del governo dell’Artsakh sembra di capire che si vorrà vedere il completamento dell’opera prima di dare un giudizio finale. Ma tre sono i problemi fondamentali:

  1. L’agibilità del nuovo percorso: non si richiede un’autostrada a quattro corsie come quella che Aliyev sta costruendo tra Varanda (Fuzuli) e Shushi ma almeno una strada decentemente transitabile anche nella stagione invernale.
  2. La sorveglianza: dovrebbe essere affidata sempre ai russi dal momento che i punti ravvicinati con gli azeri sono molti.
  3. Le reti di servizio: lungo l’attuale percorso stradale passano la rete elettrica e quella del gas che portano energia dall’Armenia all’Artsakh. Considerato quanto accaduto con il gas lo scorso inverno a causa del criminale blocco azero e stanti le continue interruzioni di corrente causate dagli stessi azeri, non si può escludere che queste reti di servizio vengano spostate sulla nuova rotta. Ma sarà un lavoro lungo e costoso.

La nuova strada dovrebbe essere completata a fine 2023.

Quanto ad Aghavno, come detto, sorgeva quasi sul confine con l’Armenia e si potrà e dovrà discutere sul suo destino e di quello delle diverse famiglie che vi risiedono. Tra l’altro negli ultimi anni la comunità era stata interessata da importanti progetti di riqualificazione edilizia con la costruzione di molte nuove case. A pochi metri da quello che fino al settembre 2020 era il posto di controllo doganale sorge un piccolo impianto idroelettrico sull’omonimo fiume.

Visto come si sono comportati gli azeri nel dopoguerra, abbiamo dei dubbi che lasceranno anche solo un metro quadro di terra agli armeni.

Le dichiarazioni del presidente dell’Azerbaigian, Aliyev, rilasciate ieri nel corso di un forum a Baku fanno quasi sorridere se non fosse che di mezzo ci sono i diritti dei popoli e in particolare di quello del Nagorno Karabakh (Artsakh).

Il dittatore (che l’Europa tanto ama) ancora una volta si è dichiarato disponibile a fare la pace. Ma a modo suo…

Ha liquidato il Gruppo di Minsk che per quasi trenta anni ha cercato di tessere le fila del dialogo diplomatico ritenendolo ormai superato dalla sua azione bellica del 2020. Inoltre (e in questo ha ragione) il Gruppo dei co-presidenti non si riunisce più dall’inizio della guerra in Ucraina.

La pace secondo Aliyev non può prescindere dall’apertura del corridoio di Zangazur (il Syunik armeno): se non può acquisire il territorio dello Stato sovrano dell’Armenia, il dittatore azero vuole quanto meno il libero transito di uomini e merci senza controllo alcuno.

La pace secondo Aliyev considera ovviamente archiviato il problema del Nagorno Karabakh (Artsakh) con la guerra del 2020: nessun diritto per la popolazione armena di Stepanakert e dintorni se non quello di finire sotto il giogo di una dittatura armenofoba e razzista.

La pace secondo Aliyev vuol dire occupare porzioni di territorio dell’Armenia e poi riparlarne con una bella Commissione ad hoc.

La pace secondo Aliyev “è tutta colpa dell’Armenia che non la vuole”…

La pace secondo Aliyev sono le cinque proposte che gli armeni devono accettare altrimenti non se ne fa niente.

L’ennesimo sproloquio di Aliyev ieri a Baku è ancora una volta della arroganza e saccenza di questo dittatore fin troppo assecondato dal mondo civile

In risposta al discorso del presidente azero Ilham Aliyev al 9° Forum mondiale di Baku, il ministro di Stato della Repubblica del Nagorno Karabakh Artak Beglaryan dichiarato:

 “Sì, il Nagorno Karabakh non esiste, perché esiste la Repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh), ed è materia di diritto internazionale, anche se non formalmente riconosciuta a livello internazionale. Il conflitto azerbaigiano-Karabakh non è stato e non sarà risolto fino a quando l’Azerbaigian non terrà conto del diritto inalienabile della popolazione indigena dell’Artsakh all’autodeterminazione. La questione del riconoscimento internazionale (da cui lo status) della Repubblica dell’Artsakh sarà risolta prima o poi, e l’Artsakh non farà mai parte dell’Azerbaigian.

Sarebbe meglio se Aliyev pensasse di più a eseguire fedelmente i poteri conferitigli dalla Costituzione dell’Azerbaigian, garantendo i diritti dei propri cittadini (tra cui Lezgins, Talysh, Avari, Tatari e altre minoranze) invece di “preoccuparsi” dei diritti degli armeni. Aliyev si ricorda improvvisamente cosa è successo a più di 500.000 armeni nell’Azerbaigian sovietico, o c’è anche un armeno nei territori occupati dall’Azerbaigian dell’Artsakh? Ci sono una serie di altre domande e risposte rivolte a Ilham Aliyev, ma ve le lascio immaginare“, ha detto.

Ancora una volta il dittatore dell’Azerbaigian (che tanto piace a certi politici italiani…) ha rilasciato dichiarazioni provocatorie.
Invece di promuovere fiducia e un dialogo costruttivo con la parte armena, Aliyev con arroganza considera chiusa la questione del Nagorno Karabakh (Artsakh).

Abbiamo risolto questo problema, che l’Armenia lo voglia o no, il mondo intero lo accetta. Abbiamo risolto il conflitto del Nagorno-Karabakh. Il conflitto del Nagorno Karabakh è risolto. Per quanto riguarda il territorio amministrativo del Nagorno Karabakh, non esiste sul territorio dell’Azerbaigian. La parola Nagorno Karabakh non esiste quindi nel lessico delle strutture internazionali, e l’ultimo incontro di Bruxelles lo ha dimostrato ancora una volta” ha dichiarato Aliyev. “Il 24 maggio si è svolto il primo incontro delle commissioni al confine azerbaigiano-armeno. Definiremo i confini, il che è molto importante. se definiamo i confini, allora di quale stato di “Nagorno-Karabakh” possiamo parlare?! C’è la zona del Karabakh, la regione del Karabakh. Questo è il territorio dell’Azerbaigian e tutti lo accettano. Pertanto, il primo incontro delle commissioni sulla delimitazione del confine tra Azerbaigian e Armenia è di grande importanza“, ha osservato Aliyev.

Al presidente azero ha quindi risposto immediatamente il Ministro di Stato della repubblica di Artsakh, Artak Beglaryan che ha osservato come il processo e i risultati di delimitazione e demarcazione con la Repubblica di Armenia non possono influenzare lo status attuale e futuro dell’Artsakh.

In particolare ha dichiarato che il conflitto del Karabakh non è con la Repubblica di Armenia, ma con la Repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) e che questo conflitto non è stato risolto, e questo è un fatto che tutto il mondo accetta, a prescindere da alcune differenze di interessi e formulazioni.
Se l’Azerbaigian vuole voltare pagina al conflitto e chiarire lo status dell’Artsakh, allora può portare avanti il ​​processo di delimitazione e demarcazione anche con la Repubblica dell’Artsakh, restituendo allo stesso tempo i nostri territori occupati e riconoscendo la nostra indipendenza” ha dichiarato Beglaryan aggiungendo che il principio fondamentale della risoluzione dei conflitti è la piena realizzazione e riconoscimento del diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Solo dopo aver superato questa prova, la comunità internazionale dimostrerà che, contrariamente alle affermazioni di Aliyev, esiste tuttavia il diritto internazionale, dove il diritto dei popoli all’autodeterminazione ha il suo posto fondamentale. Un altro importante principio del diritto internazionale è il non uso della forza/minaccia dell’uso della forza, anch’esso gravemente violato e ignorato dall’Azerbaigian. Inoltre, Aliyev oggi ha minacciato ancora una volta nuovi precedenti per l’uso della forza, che è un chiaro segnale per la comunità internazionale di adottare misure preventive e sanzionatorie.
Incoraggiare e ignorare il comportamento deviante porta gradualmente a disastri internazionali, diventando pratica internazionale e parte del diritto consuetudinario, un esempio di consuetudine legale
” ha aggiunto il ministro.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha riassunto i risultati dell’incontro trilaterale con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan tenutosi domenica 22 maggio a Bruxelles e durato alcune ore. Sull sito web del Consiglio europeo è stata pubblicata la seguente dichiarazione:

“Oggi ho ospitato nuovamente il Presidente Aliyev dell’Azerbaigian e il Primo Ministro Pashinyan dell’Armenia. Questa è stata la nostra terza discussione in questo formato. Ci siamo concentrati sulla situazione nel Caucaso meridionale e sullo sviluppo delle relazioni dell’UE con entrambi i paesi e con la regione in generale.La discussione è stata franca e produttiva. Abbiamo esaminato l’intera serie di problemi. Abbiamo avuto una discussione dettagliata su questioni umanitarie, compreso lo sminamento, e gli sforzi per liberare i detenuti e affrontare il destino delle persone scomparse.
Abbiamo raggiunto i seguenti risultati:

QUESTIONI DI CONFINE
La prima riunione congiunta delle Commissioni di frontiera si svolgerà nei prossimi giorni al confine interstatale. Affronterà tutte le questioni relative alla delimitazione del confine e al modo migliore per garantire una situazione stabile.

CONNETTIVITA’
I leader hanno convenuto sulla necessità di procedere allo sblocco dei collegamenti di trasporto. Hanno concordato i principi che regolano il transito tra l’Azerbaigian occidentale e il Nakhichevan e tra le diverse parti dell’Armenia attraverso l’Azerbaigian, nonché il trasporto internazionale attraverso le infrastrutture di comunicazione di entrambi i paesi. In particolare hanno concordato i principi dell’amministrazione delle frontiere, della sicurezza, delle tasse fondiarie ma anche delle dogane nel contesto del trasporto internazionale. I vicepremier porteranno avanti questo lavoro nei prossimi giorni.

ACCORDO DI PACE
I leader hanno deciso di portare avanti le discussioni sul futuro trattato di pace che disciplina le relazioni interstatali tra Armenia e Azerbaigian. Le squadre guidate dai ministri degli Esteri porteranno avanti questo processo nelle prossime settimane. Oltre a questa traccia, ho anche sottolineato ad entrambi i leader che era necessario che i diritti e la sicurezza della popolazione di etnia armena nel Karabakh fossero presi in considerazione.

SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO
L’UE porterà avanti con entrambe le parti il ​​lavoro del gruppo consultivo economico, che cerca di promuovere lo sviluppo economico a vantaggio di entrambi i paesi e delle loro popolazioni.

Ho anche sottolineato l’importanza di preparare le popolazioni a una pace sostenibile a lungo termine. L’UE è pronta a rafforzare il suo sostegno.Abbiamo deciso di rimanere in stretto contatto e ci incontreremo di nuovo nello stesso formato entro luglio/agosto. Grazie.”

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QUALE DESTINO PER L’ARTSAKH? NOSTRE RIFLESSIONI

Qualche veloce riflessione sul vertice trilaterale di Bruxelles del 22 maggio tra il Capo della Commissione europea Michel, Aliyev e Pashinyan.

La stringata dichiarazione pubblicata sul sito della Commissione dice poco, riassumendo per argomenti la sostanza di ore di discussione. Utilizziamo lo stesso metodo per le nostre considerazioni.

QUESTIONI DI CONFINE
La Commissione speciale già prevista dall’incontro del 6 aprile partirà a breve anche se non è ancora delineato il perimetro di lavoro: ci saranno solo due delegazioni oppure è prevista anche la presenza di un terzo (presumibilmente l’UE) a fare da arbitro nella disputa? Sarà necessario in futuro fare chiarezza sui parametri adoperati per la determinazione della frontiera fra Armenia e Azerbaigian.

CONNETTIVITA’
Viene ribadita la necessità di implementare i transiti “tra l’Azerbaigian occidentale e il Nakhichevan e tra le diverse parti dell’Armenia attraverso l’Azerbaigian”. Si parla, in buona sostanza, della linea ferroviaria che attraversa il Syunik e di qualche valico stradale. Criptica l’espressione “ATTRAVERSO l’Azerbaigian”: quali parti dell’Armenia sono collegabili “attraverso” l’Azerbaigian? Il Segretario del Cosniglio di sicurezza dell’Armenia ha precisato alla stampa che tale espressione intende la possibilità per un cittadino armeno di raggiungere ad esempio Meghri passando da Nakhichevan. Si noti anche l’espressione “AZERBAIGIAN OCCIDENTALE” che può interpretato come tutta la parte dello Stato che confina con l’Armenia ma potrebbe anche intendere la regione del Nagorno Karabakh: in questo caso l’utilizzo sarebbe per noi estremamente negativo…

ACCORDO DI PACE
Il passaggio più significativo riguarda il riferimento ai “diritti e la sicurezza della popolazione di etnia armena nel Karabakh”.  Nei precedenti comunicati la regione non era mai stata citata e questo è già un (piccolo) passo in avanti; naturalmente la frase vuol dire tutto e il suo contrario: non si parla dello status del territorio, teoricamente diritti e sicurezza possono essere anche un obiettivo dentro l’Azerbaigian, il che fa decisamente sorridere se si pensa alla campagna di armenofobia di Stato attuata dal regime di Aliyev. SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO
l’Unione europea chiaramente vuole giocare un ruolo da protagonista nella trattativa tra armeni e azeri. Ogni riferimento alla situazione ucraina e alla volontà di mettere fuori gioco la Russia (il gruppo di Minsk è praticamente defunto…) non è puramente casuale. Nel prevertice tra Michel e Pashinyan si è anche parlato dei due miliardi e mezzo di investimenti dell’Unione in Armenia, soldi particolarmente graditi a Yerevan dopo il disastro della guerra e la crisi economica conseguente alla pandemia.
Soldi che forse possono servire a “preparare le popolazioni a una pace sostenibile”: in Azerbaigian la società civile è schiacciata dal giogo della dittatura e non ha voce in capitolo, in Armenia il dibattito democratico è sicuramente più ampio.
Bisognerà capire quanto i princìpi e i valori nazionali avranno la meglio su mere esigenze di bilancio. E ci fermiamo qui…

Qualcuno si ricorda di Shahbaz Guliyev, uno dei due sabotatori azerbaigiani entrati nella regione di Karvachar del Nagorno-Karabakh nel 2014? Ne abbiamo parlato l’ultima volta nel novembre 2020 quando, dopo la fine della guerra, fu diffusa la notizia che questo assassino, con il suo compare Dilgam Askerov, era stato liberato nel quadro dell’accordo di tregua post-bellico.

Un paio di giorni fa, Guliyev in diretta sul canale televisivo azerbaigiano Xural ha candidamente affermato che lui e Dilgam Askerov si erano infiltrati a Karvachar per ordine dell’ex vice primo ministro dell’Azerbaigian Ali Hasanov, e che il Ministero della Difesa del Paese ne era stato informato in anticipo.

I due, catturati dopo le scorribande nel corso delle quali avevano anche ammazzato un ragazzino di 17 anni, erano stati condannati: Askerov all’ergastolo e Guliyev a 22 anni di carcere. Nel 2020, dopo l’instaurazione di un cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh, Guliyev e Askerov sono stati restituiti a Baku in base al principio di uno scambio di prigionieri di guerra “tutti per tutti”.

Circa un anno fa, Guliyev aveva sostenuto la tesi secondo la quale lui e Askerov “andarono a visitare le tombe dei loro antenati” e che la parte armena aveva voluto “mostrare all’Europa di aver catturato terroristi e sabotatori azerbaigiani“. Insomma, due romantici affezionati al ricordo dei loro cari… Ma ora, ha deciso di dire tutta la verità.

Guliyev ha quindi precisato che i due erano andati nella regione di Karvachar partendo direttamente dall’ufficio di Ali Hasanov e a loro vennero fornite armi da fuoco e granate.

Dopo essere tornati a Baku, Hasanov ha incontrato solo Askerov mentre Guliyev non ha più rivisto il vicepremier. Secondo Guliyev, dal 1992 periodicamente, a conoscenza del Ministero della Difesa azerbaigiano, effettuavano attacchi di sabotaggio nei territori controllati dagli armeni.

Quando la parte armena arrestò i sabotatori azerbaigiani nel 2014, scovò filmati girati nella regione di Karvachar, in particolare una registrazione di esercitazioni in una delle unità militari. Guliyev ha affermato che periodicamente trasmettevano materiale video simile al vice primo ministro dell’Azerbaigian.

Guliyev ha confessato nell’intervista che avrebbe fornito maggiori dettagli, dopodiché si sarebbe suicidato. Dopo essere tornati a Baku, Guliyev e Askerov hanno iniziato ad accusarsi a vicenda della loro prigionia. Dilgam Askerov ha persino affermato che Guliyev era “una spia armena, si è esaurito“.

Il parlamento ha riunito in seduta congiunta il 17 maggio le commissioni Estero e Finanza per l’esame del bilancio 2021 concernente il Ministero degli Esteri della Repubblica dell’Artsakh, la Società radiofonica e televisiva pubblica, il quotidiano «Azat Artsakh» e il Dipartimento del Turismo.
Qui di seguito un breve rendiconto dell’analisi finanziaria emersa nella discussione.

Le spese di gestione del Ministero degli Affari Esteri erano previste per 868,3 milioni di dram (1,8 mil euro); infatti sono stati spesi 718,4 milioni di dram (1,5 mil euro) pari all’82,7% del preventivato. La maggior parte dei fondi statali stanziati al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica (75,5%) sono stati destinati al mantenimento delle nostre rappresentanze all’estero mentre 4,7 milioni di dram (circa 10000 euro) sono stati stanziati per viaggi d’affari all’estero.

Il budget approvato per il programma di sviluppo turistico della Repubblica dell’Artsakh è di 10 milioni di dram (21000 euro) ma ne sono stati spesi 8 milioni di dram (circa 16000 euro). Nel 2021, 4391 cittadini stranieri hanno visitato l’Artsakh, il 45,6% in più rispetto al 2020 e l’89,5% in meno rispetto al 2019. È proseguito inoltre il processo contabile del settore alberghiero e nel 2021 sono stati registrati 114 oggetti. Per la prima volta il settore è stato inserito nel programma di sovvenzioni per lo sviluppo del turismo rurale.

Il budget del Consiglio di amministrazione dell’Artsakh Public Television and Radio Company era previsto per un importo di 30 milioni 886 mila dram (€ 65000) ma sono stati effettivamente spesi 28 milioni 871 mila dram (circa € 60000).

Le spese della “Public TV and Radio Company” erano previste per un importo di 386 milioni 262 mila dram (circa 806000 euro) ma a consuntivo sono stati registrati 380 milioni 955 mila dram. Dal fondo di riserva sono stati stanziati 31 milioni 997 mila dram, di cui 12 milioni 511 mila dram sono stati stanziati per la costruzione di un padiglione.

Il budget del quotidiano «Azat Artsakh» per il 2021 è stato previsto per un importo di 101 milioni di dram (211000 euro) ma ne sono stati spesi 93 milioni di dram. Le spese editoriali effettive sono state di 11 milioni 592 mila dram, sono stati pubblicati 150 numeri di giornali con una tiratura media di 19 mila copie.

L’attuale Presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, è da qualche tempo in rotta con il suo partito dal quale ieri, apprendiamo dai media, è stato cacciato a seguito di un suo twitt provocatorio sul 25 aprile con tanto di Z maiuscola nel testo (liberaZione) che ha suscitato un prevedibile vespaio di polemiche.

Chi segue questa pagina sa bene che ci siamo sempre astenuti da qualsiasi commento di politica interna nazionale: chi sta al fianco degli armeni e dell’Artsakh è nostro amico a prescindere dalla propria parte politica di appartenenza, chi sta con gli azeri non ci piace, sempre a prescindere dalle sue scelte politiche.

Nella Commissione Esteri, l’ambasciata azera in Italia ha coltivato un gruppetto di amici che da tempo si distinguono per prese di posizione a favore di Baku; senatori per nulla imbarazzati a sostenere un regime come quello di Aliyev. Sulla ragione di tale posizione ognuno può darsi le spiegazioni che più ritiene valide.

Di Petrocelli avemmo modo di occuparci in passato chiedendo anche le sue dimissioni in quanto, sul tema del contenzioso armeno-azero, non aveva dimostrato quella imparzialità necessaria a un Presidente di Commissione della Repubblica italiana per esercitare correttamente il proprio mandato.
Gli ultimi avvenimenti e le nuove richieste di dimissioni scaturite dalla sua esternazione su Twitter ci hanno dato spunto per andare a riprendere un po’ di twitt che il nostro ha scritto negli ultimi mesi; tutti, è bene specificarlo, sempre graditi sia all’ambasciata azera che al suo titolare Ahmadzada con il quale il rapporto è cordiale da diversi anni.
Citiamo, a titolo di esempio, il sito di una associazione lucana “Cova contro” che già nel 2016 non aveva avuto scrupolo nel rivolgere pubbliche domande al senatore materano (https://covacontro.org/le-nostre-30-domande-pubbliche-al-senatore-petrocelli-dallazerbaijan-a-tecnoparco-passando-per-il-tap-ed-i-somma/) denunciando i suoi sospetti rapporti con il regime dell’Azerbaigian.

Ad aprile 2020 Petrocelli ritwitta l’ambasciata dell’Azerbaigian che pubblica l’immagine del Centro Aliyev con la bandiera tricolore italiana in segno di solidarietà con il nostro Paese in piena pandemia; analoghe immagini arrivavano peraltro anche dall’Armenia ma senza beneficio di ritwitt senatoriale.

Il 13 luglio, Petrocelli rilascia una dichiarazione relativa agli scontri tra Armenia e Azerbaigian all’altezza della regione di Tavuz (nord est dell’Armenia) e naturalmente prende posizione a favore di Baku per nulla preoccupato del fatto che il suo ruolo istituzionale imponga neutralità nei giudizi, oltre tutto non avendo alcuna contezza di quanto stesse accadendo sul campo.

Durante la guerra, il Presidente della Commissione si produce in un paio di twitt equilibrati con i quali informa dei lavori della Commissione, poi ad aprile non ce la fa più a trattenersi e twitta (13.04.21) un entusiastico “Ora e sempre” con le bandierine di Italia e Azerbaigian. Due giorni dopo è a Ganja assieme al sindaco di Matera come racconta sempre su Twitter l’ambasciata azera e da lì il nostro si produce in riflessioni a senso unico.

Due mesi dopo, il collega e sodale pro-azeri Gianluca Ferrara denuncia le mine anticarro che si trovano nei territori di guerra e Petrocelli non può non commentare l’auspicio che gli armeni consegnino le mappe dei campi minati (4.06.21).

Ad agosto (20) il senatore sottolinea l’importanza del “sostegno italiano all’integrità territoriale dell’Azerbaigian e la partecipazione ai progetti di ricostruzione del Karabakh”. Pochi giorni dopo (29) altro twitt sulla bellezza di Ganja, il 3 settembre commenta la visita nella sua Matera dell’ambasciatore azero.

Il 21 ottobre partecipa ovviamente all’evento dedicato al trentennale dell’indipendenza dell’Azerbaigian con tanto di conferenza stampa al Senato; è felice il 7 novembre di twittare gli auguri a tutto il popolo dell’Azerbaigian “nel primo anniversario della ritrovata integrità territoriale”.
Poi altri scambi di affettuosità nei mesi a seguire con l’ambasciata azera.

Ora, intendiamoci: come abbiamo avuto già altre volte modo di scrivere, in Italia – a differenza della sua cara dittatura dell’Azerbaigian – ognuno è libero di pensarla come vuole.
Se Petrocelli, per ragioni sue personali, ama l’Azerbaigian di Aliyev è libero di farlo e non saremo certo noi a censurarlo; così anche se dovesse ottenere dal regime azero o dalla sua rappresentanza diplomatica benefici tangibili purchè, sia ben inteso, questa vicinanza non pregiudichi la politica internazionale italiana o non crei nocumento alla stessa o non ostacoli altri processi decisionali. Non sarebbe certo né il primo né l’ultimo politico a essere pagato – sempre che lo sia, ovviamente – da uno Stato estero.

Però, un Presidente di Commissione Esteri del Senato della repubblica italiana non può essere di parte su un determinato tema di politica internazionale; deve dimostrare obiettività ed equilibrio ed essere in grado di comprendere lo scenario internazionale.

Ecco perché deve dimettersi subito.

Libero così di poter simpatizzare con chi vuole, libero di viaggiare ogni volta che vuole in Azerbaigian (basta che non paghi il popolo italiano), libero di ogni incombenza che il mandato istituzionale a lui affidato impone.

Per noi sarebbe una vera e propria liberAZione

Nelle ultime due settimane abbiamo assistito a diversi eventi che coinvolgono da vicino il futuro della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh). Li riassumiamo in breve:

  1. Il Primo ministro dell’Armenia e il presidente dell’Azerbaigian si sono incontrati a Bruxelles il 6 aprile su iniziativa dell’Unione europea e hanno deciso di dare vita a una nuova Commissione per regolamentare i confini esautorando nella sostanza il ruolo di mediatrice della Russia. Il Nagorno Karabakh (Artsakh) non è entrato nella dichiarazione finale del presidente Michel e sembra essere un argomento accantonato.
  2. I ministri degli Esteri dei due Paesi hanno avuto l’11 aprile un lungo colloquio telefonico (come non avveniva da anni) e hanno parlato di confini e della preparazione a un accordo di pace.
  3. Di fatto, le funzioni del Gruppo di Minsk dell’Osce sono state annullate dal momento che i co-presidenti di Usa e Francia non dialogano più con il collega russo.

Le autorità dell’Artsakh hanno espresso disaccordo con l’azione del governo armeno e preoccupazione per il fatto che l’Armenia si stia muovendo per firmare un accordo di pace con l’Azerbaigian che sembra considerare Stepanakert come parte dell’Azerbaigian.
In generale, sembra che la leadership armena che cerca un accordo di pace diretto con l’Azerbaigian non persegua più la sicurezza e l’autodeterminazione degli armeni in Karabakh come parte di una dottrina statale in vigore dagli anni ’90. Con lo stesso Karabakh escluso da tutti i negoziati.
Le relazioni tra Yerevan e Stepanakert sono ai minimi storici e le forze di pace russe sembrano al momento l’unica garanzia di sicurezza per il territorio.

I recenti sviluppi bilaterali tra Armenia e Azerbaigian suggeriscono che questi due Paesi stiano cercando di mettere da parte la Russia perseguendo un contatto bilaterale diretto con l’aiuto dell’UE senza la mediazione di Mosca. Una situazione abbastanza complicata con armeni divisi, Russia e Occidente impegnati nella crisi ucraina e la politica azera sul Karabakh come parte integrante dell’Azerbaigian che sembra prendere il sopravvento.

L’accordo di pace Armenia-Azerbaigian, forse volto a mettere da parte la Russia, potrebbe non influenzare necessariamente il Nagorno Karabakh nel suo insieme, ma di fatto lo indebolisce enormemente. Non deve dunque sorprendere la reazione del parlamento dell’Artsakh e le dichiarazioni dei rappresentanti delle istituzioni statali che hanno concordemente convenuto sul fatto che nessuno status può essere ipotizzato che sia diverso dall’autodeterminazione.