In queste ore tutti i media, anche radio televisivi stanno coprendo la notizia dei combattimenti in Nagorno Karabakh (Artsakh). Non sempre l’informazione è corretta, e per etichettare gli armeni della regione vengono usate varie espressioni quali “indipendentisti”, “secessionisti” e “ribelli”.

Possiamo pure convenire eventualmente sul primo termine.

Quanto al secondo invece, l’unica “secessione” fu quella della RSS Azera dall’Unione Sovietica a fine agosto 1991; la oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO), in virtù della legislazione sovietica allora esistente (“legge 7 aprile 1990, “Norme per la secessione delle repubbliche dall’Urss”), rimase nell’Unione e – dopo conferma della Corte costituzionale di Mosca (nov. 1991), referendum  ed elezioni politiche (dic. 1991) proclamò il nuovo Stato (6 gen. 1992). Gli armeni dell’Artsakh non sono dunque giuridicamente dei “secessionisti”

Assolutamente fuori luogo il termine “ribelli utilizzato da alcuni media”: ribelli di che cosa?

Da quasi trenta anni la repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) è uno Stato de facto con proprie istituzioni, regolari elezioni politiche, un livello di democrazia sicuramente più elevato di quello azero.

L’Azerbaigian reclama quel territorio che non ha mai fatto parte ufficialmente della repubblica azera post Urss e alla quale fu donato da Stalin nel 1921.

Ribelle” significa letteralmente “colui che riprende la guerra” ma le vicende del Caucaso meridionale ci dimostrano chiaramente che non sono gli armeni a volere la guerra contro un nemico che oltretutto spende miliardi di petrodollari per acquistare sempre più moderni e micidiali armamenti; e anche “colui che non vuole sottomettersi all’ordine precostituito” che, come abbiamo visto, non è certo quello che vorrebbe imporre Baku che non ha alcun diritto su quel territorio.

E’ necessario che i media facciano bene attenzione nell’uso dei termini perché utilizzare quelli della propaganda azera significa dare manforte al regime di Aliyev.

Lo deve fare, se non altro, per solidarietà di categoria professionale visto che l’Azerbaigian nella classifica Freedom press index figura al 167° posto su 180 nazioni e le carceri di Aliyev sono piene di colleghi giornalisti.

28 settembre 2020

(9,00) CONTINUA L’ATTACCO AZERO – Le forze di difesa armene hanno recuperato la maggior parte delle posizioni che erano state perdute nel corso della prima offensiva azera. Gli aggressori hanno lasciato sul terreno decine di cadaveri. Tuttavia da questa mattina gli azeri hanno lanciato una nuova massiccia offensiva contro tutta la line di difesa dell’Artsakh a conferma della premeditazione dell’attacco. Sempre più provato il coinvolgimento della Turchia nell’operazione militare

(9,15) PASHINYAN: ARMENIA GARANTE DELL’ARTSAKH – Il premier armeno Pashinyan ha dichiarto che “l’Armenia è garante della sicurezza e dell’indipendenza dell’Artsakh. Oggi l’Armenia sta con l’Artsakh con tutto il suo potenziale statale. Faremo ogni possibile sforzo per assicurare la sicurezza dei confini della nostra patria, per proteggere la nostra libertà e la nostra indipendenza”

(9,20) RECUPERATE POSIZIONI NELLA NOTTE – Il Consiglio di sicurezza nazionale conferma che nella notte sono state recuperate posizioni che, per stessa ammissione del presidente della repubblica Harutyunyan, erano state perse nell’area di Talish e nell’estremo bordo meridionale della linea di contatto.

(10,30) 200 FERITI – Secondo ministero difesa sarebbero circa duecento i soldati armeni feriti nei combattimenti. 80 di loro sono stati già trasferiti a Yerevan.

(10,30) MILIZIANI DALLA TURCHIA – Secondo informazioni del governo armeno la Turchia avrebbe trasferito dalla Siria all’Azerbaigian circa 4000 miliziani che starebbero prendendo parte ai combattimenti contro l’Artsakh. Lo riferisce al riguardo Vardan Toghanyan ambasciatore dell’Armenia in Russia.

(11,30) BOMBARDAMENTI SU MARTAKERT Il ministero della difesa comunica che questa mattina le forze armate azere stanno colpendo la città di Martakert (che si trova a pochi chilometri dalla linea di contatto)

(13,00) ARTIGLIERIA – “La intensità di utilizzo dell’artiglieria, la intensità di tiro è senza precedenti; non c’è mai stata una tale densità di riprese in questa regione“. Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook Hovhannisyan, rappresentante del ministero della Difesa dell’Armenia.

(13,00) COMUNICATO RETE DIALOGO SOCIETA’ CIVILE ARMENA – Il 27 settembre 2020, il regime dittatoriale dell’Azerbaigian ha lanciato un attacco su larga scala lungo l’intera linea di contatto dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) utilizzando artiglieria pesante, carri armati, aerei e missili. Lo ha sottolineato in una dichiarazione la “Rete di dialogo costruttivo delle organizzazioni della società civile armena”. “Città e villaggi nell’Artsakh vengono bombardati, compresa la capitale Stepanakert, così come il confine con l’Armenia in direzione della città di Vardenis. L’Azerbaigian prende di mira specificamente la popolazione civile in grave violazione del diritto internazionale umanitario e con assoluto disprezzo per la richiesta del Segretario generale delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco a livello mondiale data la pandemia COVID-19. Ci sono già oltre un centinaio di feriti e oltre una dozzina di persone sono state uccise tra la popolazione militare e civile ad Artsakh (Nagorno Karabakh), tra cui almeno un bambino. Questo attacco è senza precedenti per dimensioni e portata dell’arsenale militare impegnato. Ci sono prove evidenti che sia stato preparato in anticipo e con l’apparente sostegno del regime turco. Riteniamo che se la comunità internazionale non reagisce in modo tempestivo e appropriato, le operazioni militari potrebbero espandersi oltre la zona di conflitto, provocando gravi atrocità e una crisi umanitaria nella regione, aggravata dalla situazione legata allo scoppio del coronavirus. Siamo determinati a sostenere tutti gli sforzi per affrontare le sfide ai diritti umani, alla pace e alla sicurezza nella regione. La società civile armena condanna fermamente l’aggressione del regime azero e fa appello alla comunità internazionale, alle organizzazioni internazionali – l’ONU, il Consiglio d’Europa, l’Unione europea, i copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE – affinché adottino misure urgenti ed efficaci per porre fine l’aggressione del regime azero e di riprendere i negoziati per la risoluzione pacifica del conflitto ”, si legge anche nel comunicato.

(15,00) SITUAZIONE STEPANAKERT – La situazione a Stepanakert è relativamente tranquilla. Il consigliere presidenziale Ashot Ghoulyan (già presidente dell’Assemblea nazionale) la situazione è sotto controllo. Registrata tratti mancanza di connessione internet

(16,00) BLOCCATO ATTACCO A SUD – La portavoce del ministero della Difesa dell’Armenia comunica via Twitter che un attacco azero su larga scala nel settore meridionale è stato bloccato. Gli azeri avrebbero tentato una penetrazione nella valle dell’Araks a sud ma sarebbero stati respinti lasciando sul campo 370 caduti e 22 carri armati

(16,00) MINISTRO DIFESA ARMENIA – Il ministro della difesa dell’Armenia, Davit Tonoyan, è giunto in Artsakh per riunioni operative con il collega e gli alti comandi dell’Esercito di difesa di Stepanakert.

(19,00) OSTILITA’ CONTINUANO – Le ostilità continuano con intensità variabile lungo l’intera lunghezza del confine tra Artsakh (Nagorno-Karabakh) e Azerbaigian. Lo ha dichiarato Artsrun Hovhannisyan, un rappresentante del Ministero della Difesa dell’Armenia. Secondo le ultime informazioni, la parte armena ha perso un totale di 59 soldati.

(21,00) ABBATTUTO AEREO AZERO? – Voci da verificare riferiscono che l’Esercito di difesa dell’Artsakh avrebbe abbattuto aereo delle forze armate azere. Se confermato, si tratterebbe di un ulteriore aumento del livello di intensità dei combattimenti con il coinvolgimento dell’aviazione.

(21,30) COMUNICAZIONE DEL PRESIDENTE HARUTYUNYAN – Il presidente della repubblica Ariyk Harutyunyan su Twitter ha informato che nel secondo giorno di combattimenti le forze armate azere hanno sferrato attacchi lungo tutta la linea di contatto dal settore nord (passo Omar) fino al fiume Araks a sud. Nel settore nord orientale hanno puntato verso Talish e Mataghis (come nel 2016) mentre a sud hanno attaccato Fizuli e Jibrail. tentato anche un attacco su larga scala in corrispondenza del monte Mrav (nord) ma sono stati respinti. Harutyunyan sottolinea che si tratta evidentemente di un intervento ben pianificato da tempo e con impiego di armi turche e ingaggio di miliziani stranieri. Il presidente ha dichiarato che tatticamente nessuna posizione importante è stata occupata dagli azeri ma èm olto più importante il danno provocato all’armamento tecnico dell’Azerbaigian da parte delle forze di difesa armene.

Una massiccia campagna di disinformazione ha accompagnato l’attacco azero di questa mattina contro la popolazione civile del Nagorno Karabakh-Artsakh.

Oltre alle consuete “bugie” di propaganda bellica (come la conquista di sei villaggi armeni…) gli azeri si sono prodotti nella classica strategia di ribaltare contro l’avversario le accuse a loro rivolte. Ed ecco che, all’improvviso, da aggressori si trasformano in aggrediti e giustificano le loro azioni solo come una risposta all’azione del nemico. La grancassa turca dà loro manforte. Purtroppo, anche alcuni media, poco attenti e conoscitori della materia, riprendono il motivetto che tanto piace a Baku.

Smontiamo questa ennesima fake news di Aliyev:

  1. In primo luogo, evidenziamo che l’attacco è avvenuto di domenica mattina intorno alle 7. Anche lo scorso 12 luglio (giorno nel quale sono iniziati gli scontri sul confine nord-orientale dell’Armenia) era domenica. Un giorno festivo per gli armeni cristiani. Anche se sulla linea di contatto la tensione è sempre massima, molti funzionari amministrativi e ufficiali dell’esercito sono in riposo e trascorrono la giornata con le proprie famiglie. In tutta la settimana, la domenica è insomma il giorno migliore per tentare di cogliere di sorpresa gli armeni
  2. Le prime notizie internazionali da corrispondenti ben informati e conoscitori della situazione sud caucasica hanno parlato questa mattina di bombardamenti azeri lungo la linea di contatto e insediamenti civili. Se gli azeri fossero stati davvero vittime della fantomatica “aggressione armena”, prima ancora della controffensiva ne avrebbero dato immediatamente notizia. “Ehi mondo, siamo stati attaccati dagli armeni cattivi; ecco chi provoca la tensione nella regione!”. E invece sono stati zitti, le notizie sono arrivate solo per i bombardamenti su Stepanakert e gli insediamenti civili armeni. O la comunicazione delle FF.AA. azere è affidata a degli sprovveduti oppure… (buona la seconda)
  3. Il bilancio degli scontri ancora una volta è sfavorevole agli azeri. Solitamente chi attacca subisce il maggior numero di perdite. Se davvero è stata una controffensiva come vogliono farci credere, allora vuol dire che la prontezza all’attacco nemico da parte dei soldatini di Aliyev è davvero scarsa…
  4. La controffensiva sarebbe stata attuata – secondo Baku – per il lancio di alcune granate da parte armena contro il territorio azero; normale attività sulla linea di contatto, dobbiamo purtroppo rilevare, nel corso di trenta anni di guerra; non certo tale da giustificare una offensiva con forze terrestri e aeree.
  5. La premeditazione, visto lo schieramento di mezzi da parte delle forze azere, è fin troppo evidente; aggiungiamo che nei giorni scorsi si sono registrati invii di uomini e mezzi militari dalla Turchia all’Azerbaigian oltre a manovre congiunte provocatoriamente vicine al confine con l’Armenia
  6. Tutta la linea di contatto tra Azerbaigian e Artsakh è stata interessata dai combattimenti: qualcosa di più di una semplice risposta a provocazioni nemiche, ma l’evidenza di un preciso e studiato piano di aggressione
  7. L’Artsakh non ha alcun interesse ad alimentare la tensione lungo la linea di contatto; dispone di meno uomini e mezzi, sa che la difesa del confine ha un caro prezzo. Da mesi si registra una situazione di relativa calma, non ha senso attaccare il nemico al solo scopo di provocarlo.

Da questa mattina è in corso un pesante attacco missilistico azero contro la repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh). Colpiti insediamenti civili compresa la capitale Stepanakert. Molti cittadini stanno trovando riparo nei rifugi. Le forze armate armene hanno abbattuto due elicotteri e tre droni; distrutti anche alcuni carri armati. Tutte le milizie armene sono strenuamente impegnate nella difesa dei confini in questo che risulta essere un attacco ancor più grave di quello del 2016.

(seguono aggiornamenti)

(9,00) HARUTYUNYAN: QUESTA E’ UNA BATTAGLIA PER LA VITA O LA MORTE – “Cari compatrioti, Questa mattina presto, il nemico ha iniziato a bombardare attivamente lungo l’intera lunghezza della linea di contatto e in direzione di diversi insediamenti pacifici. Chiediamo alla popolazione di proteggersi e di mantenere la calma. Poco fa ho conosciuto i nostri primi volontari. Vi assicuro che le nostre forze armate sono forti nelle loro posizioni e la risposta sarà adeguata. La leadership politico-militare dell’Azerbaigian ha la piena responsabilità della situazione e sarà ritenuta responsabile di ogni vittima. Questa è una battaglia per la vita o la morte, e la stiamo accettando come nazione e otterremo la vittoria come nazione. Nessuno dovrebbe disperarsi quando sente parlare di vittime, feriti o feriti. Hanno dichiarato una guerra e una guerra è ciò che otterranno. Dobbiamo onorare la patria e le generazioni “.

(9,30) HARUTYUNYAN: PROCLAMATA LEGGE MARZIALE E MOBILITAZIONE NAZIONALE – “A causa della situazione creata, ho convocato una sessione speciale dell’Assemblea nazionale. Parlando davanti ai deputati, ho dichiarato la legge marziale e una mobilitazione diffusa per i cittadini di età superiore ai 18 anni. Abbiamo dichiarato più volte che non supportiamo la guerra, ma siamo pronti per essa. Non c’è nessuno che ama e sostiene la pace più di noi. Non volevamo la guerra. La guerra ci è stata imposta ed è nostro dovere difendere la nostra patria e le nostre famiglie. La leadership politico-militare dell’Azerbaigian avrà la piena responsabilità dell’escalation della situazione. Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev sarà personalmente responsabile del disastro umanitario che potrebbe verificarsi nella regione “.

(10,30) PASHINYAN: FIDATEVI SOLO DI FONTI UFFICIALI – “Cari orgogliosi cittadini dell’Armenia, orgogliosi cittadini dell’Artsakh e della Diaspora. L’avversario ha lanciato un’offensiva in direzione dell’Artsakh. L’Esercito di Difesa resiste con successo all’attacco. Le informazioni verranno fornite secondo necessità. Vi esorto a fidarvi solo di fonti ufficiali ”, ha scritto Pashinyan sui social.

ALLE ORE 12 AGGIORNAMENTO STAMPA – Il Segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Samvel Babayan, ha annunciato che alle ore 12 locali (le 14 in Italia) la stampa verrà aggiornata sugli sviluppi della situazione

(11,00) LA TURCHIA APPOGGIA L’AZERBAIGIAN – Fonti governative turche hanno dichiarato pieno sostegno all’Azerbaigian

(11,00) PASHINYAN: AGGRESSIONE PIANIFICATA – Recenti dichiarazioni aggressive della leadership dell’Azerbaigian, esercitazioni militari congiunte su larga scala con la Turchia, così come il rifiuto delle richieste di monitoraggio del Rappresentante del Presidente dell’Osce in carica indicano chiaramente che questa aggressione era pre-pianificata e costituisce una provocazione su larga scala contro la pace e la sicurezza regionali, ha dichiarato il premier armeno.

(11,30) DIECI SOLDATI ARMENI CADUTI – Samvel Babayan, Segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, dichiara che al momento sono dieci i soldati armeni caduti nel corso dell’attacco azero

(12,00) LEGGE MARZIALE IN ARMENIA – Il premier Pashinyan ha dichiarato la legge marziale e la mobilitazione nazionale in Armenia

(13,15) ABBATTUTI VEICOLI AZERI – “Armenpress” riporta che l’Esercito di difesa dell’Artsakh ha abbattuto quattro elicotteri azeri, quindici droni da combattimento e distrutto dieci carri armati.

(13,20) COMUNICATO GRUPPO MINSK OSCE – “I copresidenti guardano con preoccupazione alle notizie di azioni militari su vasta scala lungo la linea di contatto nella zona di conflitto del Nagorno Karabakh. Condanniamo fermamente l’uso della forza e ci rammarichiamo per l’insensata perdita di vite umane, compresi i civili. I copresidenti fanno appello alle parti affinché cessino immediatamente le ostilità e riprendano i negoziati per trovare una soluzione sostenibile del conflitto. I copresidenti invitano le parti ad adottare tutte le misure necessarie per stabilizzare la situazione sul terreno e ribadiscono che non vi è alternativa a una soluzione pacifica negoziata del conflitto

(14,00) MOGLIE PASHINYAN A STEPANAKERT – Anna Hakobyan, la consorte del premier armeno Nikol Pashinyan è ora a Stepanakert.

(14,50) INTERRUZIONI FORNITURE – Nell’Artsakh si sono verificate interruzioni della fornitura di energia elettrica e gas a seguito dei bombardamenti azeri. Il viceministro delle infrastrutture economiche e industriali dell’Artsakh Armen Tovmasyan ha detto che le autorità stanno già lavorando per risolvere i problemi. “Le infrastrutture di un certo numero di insediamenti sono state danneggiate a seguito dell’attacco militare azero“, ha detto, aggiungendo che i danni vengono rapidamente ripristinati. “In termini di approvvigionamento idrico, comunicazioni e strade non abbiamo problemi o interruzioni seri in questo momento“.

(15,15) NOTA DELLA FARNESINA – Il ministero degli Affari Esteri italiano, in linea con quanto comunicato dall’Osce, ha diramato la seguente nota: “Esprimiamo preoccupazione per le notizie di gravi scontri lungo la linea di contatto fra le forze armate azere ed armene. L’Italia chiede alle parti l’immediata cessazione delle violenze e l’avvio di ogni sforzo, in particolare sotto gli auspici dell’OSCE,  per prevenire i rischi di ulteriore escalation“.

L’Armenia risponde con fermezza alle dichiarazioni del presidente azero

Anna Naghdalyan, Portavoce del Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia, ha rilasciato un commento riguardo alla dichiarazione del Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev che è stata pronunciata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

I popoli della regione hanno ereditato un conflitto complesso, la cui risoluzione finale richiede un accordo che sarà accettabile per il popolo dell’Armenia, il popolo dell’Artsakh [(Nagorno Karabakh)] e il popolo dell’Azerbaigian. Solo le autorità che godono del mandato del loro popolo sono in grado di dimostrare la volontà politica di raggiungere un compromesso e stabilire la pace. Entrambe le autorità dell’Armenia e dell’Artsakh hanno ricevuto il mandato dei loro popoli e sono pronte ad avviare un dialogo con le autorità dell’Azerbaigian che godono del mandato pertinente del loro popolo.

Ilham Aliyev, che ha ereditato il potere da suo padre e che lo condivide all’interno di un’unica famiglia, non è un leader del genere. La sua autorità si è sempre basata sulla manipolazione del conflitto, promuovendo l’immagine dell’Armenia e del popolo armeno come un “nemico utile” all’interno della propria società, piuttosto che affrontare i bisogni di quest’ultima.

Sotto il governo di Ilham Aliyev, l’Azerbaigian ha perso l’opportunità storica di utilizzare il “boom petrolifero” per costruire un paese e una società moderni.

Oggi le autorità dell’Azerbaigian sono percepite nel mondo come un regime autoritario e repressivo che sfrutta tutte le opportunità, compresa la pandemia COVID-19, per molestare e mettere a tacere il proprio popolo.

Nella regione, abbiamo a che fare con un tale sistema governativo in cui i valori sono sostituiti da un culto della personalità, della dinastia e della propria ricchezza, mentre gli interessi servono a preservare il potere ereditato a tutti i costi. Purtroppo, “tutti i costi” sono pagati dal popolo dell’Azerbaigian privato della voce e delle libertà “, si legge nel commento del portavoce dell’MFA armeno.

Continuiamo a occuparci delle fake news azere, spesso riprese da poco attenti media anche italiani. Dopo esserci occupati dei cosiddetti “territori occupati”, affrontiamo questa volta il tema delle quattro risoluzioni ONU che secondo la propaganda dell’Azerbaigian sancirebbero il torto della parte armena.

Le citate quattro risoluzioni delle Nazioni Unite (822, 853, 874, 884), invocate dall’Azerbaigian in ogni occasione, furono votate dal Consiglio di sicurezza fra l’aprile e il mese di novembre 1993 in una situazione contingente legata allo sviluppo progressivo della guerra in atto.

Le prime tre chiedono

  • 1) la cessazione delle ostilità;
  • 2) il ritiro delle forze armene dai territori che le forze armate azere in rotta abbandonavano (Kelbajar, Aghdam,  Fizuli e le regioni meridionali al confine con l’Iran);
  • 3) la ripresa dei negoziati;
  • 4) l’attuazione di tutte le misure umanitarie finalizzate ad alleviare le sofferenze delle popolazioni.

La quarta, in aggiunta alle precedenti disposizioni, chiede all’Armenia di “usare la sua influenza nei confronti degli armeni del Nagorno Karabakh per l’applicazione delle precedenti risoluzioni”, di fatto avallando la neonata piccola repubblica di Stepanakert come soggetto sostanzialmente distinto (al punto che i suoi rappresentanti firmarono l’accordo del cessate-il-fuoco nel maggio 1994 con Armenia e Azerbaigian).

È pleonastico sottolineare che nessuna delle parti in causa rispettò le risoluzioni ONU a cominciare dalle forze armate azere che continuarono a combattere (e a perdere terreno a favore dei partigiani armeni) nonostante gli appelli internazionali. Certo sarebbe stato davvero strano se solo la parte armena avesse aderito all’invito del Consiglio di sicurezza lasciando campo libero alla parte azera di combattere… da sola.

Quando dunque Baku invoca le citate pronunce del Consiglio di Sicurezza dovrebbe in primo luogo spiegare perché l’Azerbaigian per primo non rispettò le stesse e in secondo prendere atto che già le Nazioni Unite, sia pure con il linguaggio che si conviene ai diplomatici, consideravano acquisito de facto un embrione di statualità della repubblica del Nagorno Karabakh.

Erano comunque, ripetiamo, risoluzioni legate al contingente sviluppo degli eventi bellici; al pari di quella del Parlamento europeo che nel 1988 (e poi nel 1990) condannava i massacri degli armeni nell’Azerbaigian ed esprimeva il proprio sostegno alla popolazione del Nagorno Karabakh nella sua richiesta di unificazione all’Armenia.

L’invocazione da parte azera di queste quattro risoluzioni è quindi del tutto fuori luogo e non aggiunge alcun che di nuovo al diritto storico, politico e giuridico della repubblica di Artsakh

La propaganda dell’Azerbaigian, in questo supportata anche da qualche sciocco ripetitore nostrano, non perde occasione per sottolineare come il 20% del territorio dell’Azerbaigian sia sotto controllo armeno.

Si tratta dell’ennesima bugia del regime di Aliyev. Vediamo perché.

SUPERFICIE DELL’AZERBAIGIAN: 86.600 km2

SUPERFICIE DELL’ARTSAKH: 11.450 km2(al netto degli otto chilometri persi dalle forze armene nella guerra dei quattro giorni del 2016)

Già questi due numeri parlano chiaro. L’attuale estensione della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) corrisponde al 13,22% del territorio di tutto l’Azerbaigian. Altro che 20%…

Come noto, al termine della guerra (1992-1994), scatenata e persa dall’Azerbaigian, le forze armate armene non solo difesero l’indipendenza della neonata repubblica del Nagorno Karabakh (corrispondente grosso modo all’oblast sovietica) ma conquistarono anche alcuni distretti contigui che garantiscono la fondamentale sicurezza dello Stato e la contiguità con l’Armenia.

La superficie della NKAO era di 4.388 km2, i restati territori assommano dunque a 7.062 km2

Dunque, questi territori equivalgono all’8,15% della superficie di tutto l’Azerbaigian.

Vale la pena ricordare che l’oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) non ha mai fatto parte della nuova repubblica di Azerbaigian nata dalle ceneri della Repubblica Socialista Sovietica Azera staccatasi dall’Urss. Quindi nessuna pretesa può essere rivendicata da Baku su questo territorio (leggete i documenti sul nostro sito che illustrano il percorso dell’autodeterminazione del Nagorno Karabakh).

Piuttosto, andrebbe approfondita la circostanza che l’originaria regione di Shahumian, nel nord del Nagorno Karabakh, fu “de-armenizzata” nel 1991 con l’operazione “Anello” e oggi fa parte del distretto azero di Goramboy. Si tratta di altri 5/600 km2 che fanno ulteriormente diminuire le percentuali di cui sopra.

Basta dunque fake news sul 20% di territorio azero occupato dagli armeni!

Sulle ragioni per cui il 12 luglio le forze armate dell’Azerbaigian hanno attaccato le postazioni difensive dell’Armenia all’altezza della regione di Tavush si è scritto molto.

I problemi interni di Aliyev e il suo desiderio di forzare nell’angolo delle trattative il governo armeno sono tra le principali cause dell’improvviso aumento della tensione lungo la frontiera.

Aggiungiamo pure il desiderio di strappare al nemico qualche postazione in altura e migliorare così la posizione di Baku lungo la linea di contatto.

Ma per quale motivo l’Azerbaigian non ha tentato un’incursione lungo la linea dell’Artsakh arrivando a sfidare il diritto internazionale per attaccare uno Stato pienamente riconosciuto dall’ONU?

Una spiegazione l’hanno data alcuni esperti militari, ma anche lo stesso premier armeno Pashinyan, nei giorni scorsi.

Come scrivemmo a suo tempo, una delle conseguenze della breve ma intensa “guerra dei quattro giorni” del 2016 fu la presa di coscienza da parte delle forze armene di difesa riguardo alla necessità di meglio fortificare la linea di contatto e soprattutto dotarla di un sistema di video sorveglianza anche a raggi infrarossi per la visione notturna.

In cambio di qualche km quadrato conquistato a prezzo di centinaia di vite umane, Aliyev ha di fatto fortificato il nemico migliorando la sua prontezza al combattimento.

Va inoltre considerato che la video sorveglianza lungo la linea di contatto non ha solo una funzione preventiva per l’individuazione di tentativi di penetrazione nemica nel territorio del Nagorno Karabakh (Artsakh); essa, infatti, svolge parimenti la funzione di testimonianza documentale delle (gravi) violazioni del cessate-il-fuoco. Insomma, con la prima linea monitorata dalle telecamere agli azeri non riesce più il giochino di accusare gli armeni come tentarono (invano) di fare quattro anni fa. Alla fine, quella sanguinosa incursione nel territorio armeno (conclusasi con la conquista della collinetta di Leletepe a sud e qualche km quadrato a poca distanza di Talish nella sezione nord-orientale) ha provocato il miglioramento del sistema difensivo armeno sia in termini cronologici di allerta sia nella ulteriore fortificazione della linea di contatto.

Non è un caso che da almeno un anno le violazioni sulla stessa sono quasi scomparse: qualche colpo sparato giusto per non allentare troppo la tensione, qualche scaramuccia a bassa intensità come ben dimostrano le statistiche fornite dai rispettivi ministeri della Difesa.

E non è neppure un caso che il nuovo presidente dell’Artsakh Harutyunyan abbia compiuto diverse visite alle postazioni difensive nelle prime settimane di mandato e dieci giorni fa abbia deciso passare la notte con i militari di guardia sulla sommità del monte Gomshasar (3724 metri) da dove si gode una magnifica vista sulla piana del Karabakh e sulla città azera di Ganja …

Dunque, gli azeri hanno deciso – in aggiunta ad altre valutazioni politiche – di non arrischiare uno scontro frontale sulla linea di contatto con l’Artsakh ma di spingere la provocazione qualche centinaio di chilometri più a nord lungo la frontiera armena all’altezza di Tavush.

Ma anche in questo caso, nonostante i sistemi di osservazione non siano forse così accurati come quelli dell’Artsakh, le truppe speciali azere hanno rimediato una cocente sconfitta lasciando sul campo almeno una dozzina di uomini (fra i quali un generale e un colonnello), perdendo quattordici costosi droni e probabilmente cedendo anche una o due postazioni difensive in altura.

Insomma, l’effetto sorpresa, all’ora del pranzo della domenica, è venuto meno.

(nella foto, Indipendent.co.uk, una postazione azera colpita dal fuoco armeno)

Poco dopo l’inizio degli scontri sulla linea di confine tra Armenia e Azerbaigian anche alcuni politici italiani hanno commentato quanto stava accadendo nel Caucaso meridionale.

Taluni si sono limitati ad auspicare la rapida cessazione delle ostilità e l’intervento dei mediatori internazionali per riportare la calma nella zona, altri hanno condannato gli scontri senza accusare apertamente l’Armenia ma lasciando intendere una sua responsabilità. Alcuni infine si sono espressi a sostegno dell’Azerbaigian dal momento che ricoprono cariche in seno ai gruppi di amicizia inter-parlamentare.

Questi interventi sono stati ospitati da certi media solitamente molto vicini alle posizioni azere. Altri invece hanno cercato di raccontare quanto stava accadendo ma con poca precisione arrivando a riferire addirittura che i combattimenti stavano interessando il Nagorno Karabakh-Artsakh (che si trova ad alcune centinaia di chilometri più a sud) salvo poi rendersi conto dell’errore.

Per coloro che non hanno esitato a prendere posizione in favore dell’Azerbaigian (che ricordiamolo è il responsabile di quanto accaduto, leggete QUI) abbiamo preparato alcune domande. che invieremo via mail alle rispettive caselle istituzionali di questi deputati e senatori. Avremo mai una risposta? Non crediamo ma intanto leggetele…

La responsabilità degli scontri

  • Sulla base di quale prova documentale si è sostenuto che era stata l’Armenia ad attaccare l’Azerbaigian domenica 12 luglio e non viceversa? Non ritenete che in linea generale prima di esprimere una valutazione univoca su tali fatti sarebbe opportuno acquisire elementi documentali e prove sul campo e che siano stati azzardati giudizi senza cognizione di causa? E non sarebbe opportuno su un tema così delicato, quale la questione del Nagorno Karabakh, avere una approfondita conoscenza di tutti gli aspetti politici, storici e giuridici della contesa; davvero tali commentatori sono informati su tali questioni così tecniche e particolari? Ad esempio, saprebbero citare il contenuto della legge dell’URSS del 3 aprile 1990 (Registro del Congresso dei Deputati del Popolo dell’URSS e il Soviet Supremo dell’URSS. 1990, Numero 13, p. 252)
  • Il fatto che i corpi di molti militari azeri caduti negli scontri della scorsa settimana al confine nord- orientale dell’Armenia si trovassero nella cosiddetta “buffer zone”, ovvero la zona cuscinetto (terra di nessuno) fra le due linee difensive o addirittura in territorio armeno, non dovrebbe far ritenere che siano stati proprio gli azeri ad attaccare gli armeni e non viceversa? E che dire dei mezzi da trasporto azeri lasciati nella stessa zona?
  • Come definire l’affermazione del portavoce del ministero della Difesa dell’Azerbaigian che ha minacciato di bombardare la centrale nucleare armena di Metzamor salvo poi essere costretto a una immediata retromarcia dopo il richiamo delle istituzioni internazionali?

L’appoggio all’Azerbaigian

  • Perché un politico o un organo di informazione italiano si spinge ad appoggiare una dittatura qual è quella azera di un Paese islamico e turcofono contro una piccola nazione cristiana come l’Armenia i cui valori sono molto più vicini a quelli nostri? Perché taluni anche in Italia difendono una nazione, l’Azerbaigian, che è agli ultimissimi posti nella classifica mondiale sulla libertà di informazione (167^ su 180 nazioni nel Freedom press index), dove giornalisti e oppositori politici vengono silenziati con la galera, e che figura tra le nazioni più corrotte al mondo (Corruption Perceptions Index 2018, 152°/198; l’Italia, tanto per avere un termine di paragone si colloca al 53° posto su 198). 
  • Non sarebbe opportuno chiedere a Baku maggiore democrazia e trasparenza prima di impegnarsi a sostegno di sue (presunte) rivendicazioni territoriali?

Sulla questione del Nagorno Karabakh

  • Perché parlare solo del diritto all’integrità territoriale degli Stati e non del pari diritto all’autodeterminazione dei popoli così come sancito dalla conferenza di Helsinki del 1975? Siete consapevoli che in tutti i pronunciamenti dei mediatori internazionali si fa comunque riferimento a entrambi principi?
  • Siete al corrente del fatto che la dottrina tende a diversificare l’integrità territoriale esterna (ovvero per l’azione di altri Stati) da quella interna (legata a processi di autonomia)? Che l’art. 3 della Convenzione di Montevideo (1933) recita che “L’esistenza politica di uno stato è indipendente dal riconoscimento di altri stati. Perfino prima del riconoscimento lo stato ha il diritto di difendere la sua integrità ed indipendenza, a provvedere alla sua conservazione e prosperità, e conseguentemente ad organizzare sé stesso come ritiene adatto, a legiferare sui suoi interessi, amministrare i suoi servizi e definire giurisdizione e competenza delle sue corti.”
  • Siete informati che le quattro risoluzioni dell’ONU dei primi anni Novanta, spesso citate a sostegno della causa azera, chiedevano il ritiro dai territori occupati militarmente in quel frangente (quindi non da tutto il Nagorno Karabakh!) ma anche la cessazione delle ostilità da parte di TUTTE le forze in campo (e quindi anche degli azeri che avevano scatenato il conflitto a fine gennaio 1992)

Guida ragionata all’ennesima follia turco- azera nel Caucaso

Come noto, nei giorni scorsi è nuovamente esplosa la tensione fra armeni e azeri. A differenza di quanto avvenuto nel 2016 (la cosiddetta “Guerra dei quattro giorni”), questa volta gli incidenti non hanno riguardato la linea di contatto fra la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh e la repubblica di Azerbaigian ma il confine internazionale fra quest’ultima (regione di Tovuz) e la repubblica di Armenia (regione di Tovush).

Da domenica 12 luglio e per cinque giorni i combattimenti sono stati molto intensi, vi sono stati morti e feriti e sono risultate coinvolte anche le popolazioni residenti a ridosso della linea di demarcazione.

Facciamo un breve ripasso di cosa è accaduto e sulle responsabilità.

Confine labile – Occorre innanzitutto sottolineare come la linea di frontiera tra i due Paesi sia molto incerta. Si sono consolidate delle posizioni difensive da una parte e dall’altra che non rispecchiano più l’originario confine ma sono il frutto di scaramucce risalenti alla fine delle repubbliche socialiste sovietiche. Con lo scoppio della guerra del Nagorno Karabakh, nel 1992, le ripercussioni si sono avute anche su quel bordo, sono sparite le exclave sia in territorio azero che armeno anche perché la popolazione ha ritenuto opportuno scappare e rifugiarsi nel proprio Paese d’origine. Il confine è militarizzato, postazioni difensive si trovano disseminate specie nei punti in altura che consentono un miglior controllo del territorio nemico.

Domenica 12 – Verso le 13,30 di domenica 12 luglio un gruppo di incursori azeri ha tentato di entrare in territorio armeno. È stato respinto. Nel pomeriggio sono cominciati pesanti bombardamenti azeri con colpi di mortaio da 82 e 120 mm non solo verso le postazioni difensive armene ma anche contro gli insediamenti civili a ridosso del confine (in particolare il villaggio di Chinari). Un fuoristrada UAZ è abbandonato dagli azeri nella zona cuscinetto (la cosiddetta “terra di nessuno”) dove mai avrebbe dovuto trovarsi.

Altre incursioni respinte – Nella notte si registrano altre incursioni azere in territorio armeno. La difesa respinge gli assalitori che lasciano sul campo, sempre nella zona cuscinetto ma anche entro i confini dell’Armenia, una dozzina di soldati scelti. Gli armeni contano quattro vittime. Movimento di carri armati azeri viene registrato poco oltre la linea di contatto. La gravità degli scontri è tale che il Gruppo di Minsk dell’Osce rilascia immediatamente un comunicato con il quale invita le parti a cessare gli scontri. Si muove anche Mosca.

Mammadyarov silurato – Lo storico ministro degli Esteri dell’Azerbaigian, Elmar Mammadyarov, in carica dal 2004, viene silurato all’improvviso da Aliyev proprio nel bel mezzo della crisi politica e militare. Il dittatore di Baku non avrebbe gradito un atteggiamento “troppo morbido” nelle trattative (poche settimane prima si era lamentato dei negoziati) e alcune critiche all’operazione militare contro l’Armenia. Al suo posto nomina un falco, il ministro dell’Educazione Jeyhun Bayramov, quello che nei libri scolastici ha introdotto l’armenofobia.

Civili target e scudi umani – Gli azeri continuano a bombardare con colpi di mortaio le case dei villaggi armeni prossimi al confine provocando il danneggiamento di una cinquantina di abitazioni. Colpiscono anche una fabbrica tessile che produce mascherine anti-Covid: siamo in piena pandemia e disattendendo le raccomandazioni degli organismi internazionali, l’Azerbaigian non solo si avventura in una operazione di guerra ma addirittura colpisce i presidi che servono a contenere la diffusione del virus. Al tempo stesso, posiziona i propri mortai tra le abitazioni dei villaggi facendosi scuso dei civili (pratica vietata dalle convenzioni internazionali) salvo poi denunciare che gli armeni stanno intenzionalmente colpendo gli obiettivi civili…

Metzamor – Tanto per abbassare la tensione arriva la dichiarazione di un portavoce del ministero della Difesa di Baku che minaccia di colpire la centrale nucleare armena di Metzamor. Il che non sarebbe un gran colpo di genio dal momento che la conseguente radioattività colpirebbe le vicine Turchia e Georgia arrivando presumibilmente anche nello stesso Azerbaigian… Ma alla stupidità non c’è mai limite. Proteste internazionali e dietrofront: se gli armeni colpiscono la diga di Mingachevir allora noi colpiremo la centrale… Patetici…

Erdogan & Aliyev – L’aggressione militare dell’Azerbaigian contro l’Armenia ha ricevuto immediato appoggio da parte della Turchia: non poteva essere diversamente vista la fratellanza di sangue fra turchi e azeri. Il dittatore di Ankara ama rimestare nel torbido in questi ultimi mesi: entra a piedi uniti nella crisi libica, mostra i muscoli contro Cipro (e l’Unione europea) per lo sfruttamento marino, richiama gli ufficiali in congedo minacciando un attacco militare alla Grecia (sempre per questioni legate allo sfruttamento dei fondali); il tutto dopo gli sconquassi creati nella gestione della crisi siriana e l’aiuto fornito a organizzazioni paraterroristiche. Il progetto dei due è fin troppo chiaro, spazzare via gli armeni provocandoli fino a una guerra risolutiva e cosi “completare il lavoro fatto per secoli dai nostri padri” così come ha recentemente dichiarato Erdogan: tradotto, sterminare tutti gli armeni, ricucire l’unione territoriale fra Turchia e Azerbaigian e rinnovare il sogno del panturanesimo. E pensare che c’è gente che in Italia dà loro corda…

Droni e milioni – L’avventura di Aliyev di metà luglio è costata al regime azero l’abbattimento di non meno di 14 droni (alcuni da osservazione, altri di fabbricazione israeliana da combattimento); una bella mazzata da circa trenta milioni di dollari. Causa moria di droni azeri, Baku è corsa a rifornirsi di altri sei mezzi dalla Turchia. I cinque giorni di scontri lasciano 5 soldati armeni caduti e almeno una dozzina di azeri (probabilmente molti di più, ma Baku è sempre reticente sui dati; secondo alcuni osservatori militari i caduti potrebbero arrivare anche a una quarantina). Inoltre gli azeri hanno perso almeno due postazioni difensive in altura nel contrattacco armeno.

ECCO LE RESPONSABILITA’ DEGLI AZERI

  1. Corpi e mezzi azeri rimasti nella terra di nessuno dove mai si sarebbero dovuti trovare se non avessero tentato di penetrare in territorio armeno; è la prova principe, la pistola fumante diremmo, della responsabilità di Baku nell’attacco
  2. Solitamente chi attacca ha un maggior numero di perdite rispetto a chi si difende
  3. Prima incursione azera intorno alle 13,30 di domenica. Un orario – dopo pranzo domenicale – che per i cristiani armeni poteva essere un segno di minor attenzione nella giornata della festa. Sarà stato solo un caso?
  4. Aliyev da giorni si lamentava dei negoziati a suo dire inconcludenti. Con l’attacco militare voleva spaventare gli armeni e spostare le trattative dalla sua parte, colpendo non più lungo la linea di contatto con l’Artsakh ma specificatamente l’Armenia. Oppure voleva semplicemente innescare la provocazione per un conflitto su scala regionale, magari con il coinvolgimento turco
  5. Il siluramento di Mammadyarov (responsabile dei negoziati e reo, a quanto pare, di critiche sull’operazione militare) è significativo del clima che si respira sul Caspio…
  6. Per giudizio unanime di osservatori politici internazionali, l’Armenia (e anche l’Artsakh) non ha alcun interesse ad attaccare l’Azerbaigian alimentando la tensione. Più va avanti lo status quo e più si consolida la statualità della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh). Gli azeri hanno maggior disponibilità di mezzi e militari e l’economia armena non può permettersi di stare al passo del riarmo nemico.