– Il premier dell’Armenia ritorna in argomento riguardo l’incontro con il presidente azero e il successivo pubblico dibattito a Monaco di Baviera affermando che la discussione abbia rappresentato un punto di svolta.

«Da maggio 2018, l’Azerbaigian ha cercato di convincere l’intera comunità internazionale che l’Armenia ha una posizione distruttiva sulla questione del Karabakh» ha affermato. «Questa conversazione [di Monaco, NdR] ha chiaramente dimostrato alla comunità internazionale che l’Armenia ha una posizione costruttiva sulla questione del Karabakh, mentre l’Azerbaigian ha una posizione distruttiva, persino razzista, sulla questione del Karabakh; questo è il risultato più importante

Per il Primo Ministro, il secondo risultato più importante è che ha adempiuto una delle sue più importanti promesse al popolo armeno. «Ho detto che non avrò segreti del popolo armeno nel processo di negoziazione sulla questione del Karabakh» ha osservato Pashinyan. «L’intero popolo armeno deve essere consapevole del contenuto della questione del Karabakh».

Inoltre, ha detto, è successa una cosa molto importante a seguito di quell’incontro: «È in fase di elaborazione un nuovo contenuto dei negoziati sulla questione del Karabakh, che per convenzione chiamo Principi di Monaco».

Nikol Pashinyan ha sottolineato che se esiste una proposta per uno strumento di sicurezza altrettanto efficace, tale proposta dovrebbe essere formulata e il popolo armeno discuterà se sia accettabile o meno per loro. «Diciamo che questo status quo, quando è stato formato, quando le forze di autodifesa di Artsakh hanno preso il controllo di quei territori [i territori fuori dalla oblast del Nagorno Karabakh, NdR], hanno fatto in modo che le azioni aggressive dell’Azerbaigian venissero allontanate dal Nagorno-Karabakh per quanto possibile per renderle inaccessibili. Se esiste una proposta per uno strumento di sicurezza ugualmente efficace, sia formulata tale proposta e il popolo armeno discuterà se sia accettabile o meno per esso».

Il Primo Ministro armeno ha ribadito che il Nagorno Karabakh ha ottenuto l’indipendenza proprio come l’Azerbaigian. «Quando parlano del principio di integrità territoriale, parlano del principio di integrità territoriale di quale paese?» chiede Pashinyan che aggiunge. «Quando l’Azerbaigian ottenne l’indipendenza, mantenne l’integrità territoriale dell’Unione Sovietica? Una contro domanda può essere espressa considerando che lo stato dell’Unione Sovietica non esiste più. Ma anche lo stato in cui Nagorno Karabakh faceva parte non esiste più; quello stato era la Repubblica socialista sovietica dell’Azerbaigian. Questo discorso ha sottigliezze che devono essere prese in considerazione».

Queste le dichiarazioni alla televisione pubblica dell’Armenia

(traduzione redazionale)

Il premier armeno Pashinyan illustra chiaramente le linee guida per arrivare a un accordo di pace risolutivo del conflitto del Nagorno Karabakh-Artsakh. Lo fa a margine della 56a Conferenza sulla sicurezza, tenutasi a Monaco di Baviera, dopo un incontro faccia a faccia con il presidente dell’Azerbaigian Aliyev e nel corso di un pubblico dibattito.

Sei sono i punti enunciati da Pashinyan:

  1. Il Nagorno Karabakh ha ottenuto l’indipendenza proprio come fece l’Azerbaigian nel 1991.
  2. Il Nagorno Karabakh è parte del conflitto e quindi dei negoziati; non è possibile risolvere il conflitto senza negoziazione con il Karabakh.
  3. Non è un problema di “territorio”, è un problema di sicurezza“; Il Nagorno Karabakh non può comprometterne la propria.
  4. Non è possibile risolvere il conflitto con due azioni, i colloqui richiedono “macro rivoluzioni“, poi delle “mini rivoluzioni” e quindi una svolta.
  5. Qualsiasi soluzione deve essere accettabile per il popolo dell’Armenia, per il popolo del Karabakh e per il popolo dell’Azerbaigian. I popoli dell’Armenia e del Karabakh sono pronti a compiere sforzi per raggiungere una soluzione. Anche l’Azerbaigian deve esprimere prontezza al riguardo.
  6. Non esiste una soluzione militare. Se qualcuno dice che esiste una soluzione militare, il popolo del Karabakh risponderebbe che il problema è stato risolto molto tempo fa .

Nel suo intervento, sostanzialmente Pashinyan enuncia tre concetti di fondo che devono essere la base del negoziato.

In primo luogo, la situazione attuale è irreversibile; l’Artsakh è un’entità indipendente al pari dell’attuale repubblica di Azerbaigian così come formatasi nel corso del processo di dissoluzione dell’Unione sovietica.

In secondo luogo, è arrivato il momento che Stepanakert sieda al tavolo negoziale perchè in gioco c’è il suo futuro e la sua sicurezza. Spetta anche all’Artsakh prendere decisioni essendo evidente che la disputa non è meramente territoriale ma riguarda appunto il diritto alla sopravvivenza della piccola repubblica armena. Un territorio completamente circondato dall’Azerbaigian (con il solo cordone ombellicale del corridoio di Berdzor) sarebbe fortemente a rischio di sopraffazione da parte del nemico.

In terzo luogo, Pashinyan ha ricordato ad Aliyev che qualsiasi velleità bellica da parte dell’Azerbaigian avrebbe conseguenze negative per Baku come la storia del conflitto negli anni Novanta ha chiaramente dimostrato.

Da qualche tempo l’Azerbaigian preme affinchè la cosiddetta “comunità azera del Nagorno Karabakh” abbia un peso nelle trattative per la risoluzione del conflitto del Nagorno Karabakh.

Il leader di questa ONG, creata ad hoc dal regime azero, Tural Ganjaliyev, rilascia dichiarazioni e cerca di incontrare gli ambasciatori a Baku. Si tratta di un chiaro tentativo dell’Azerbaigian di controbilanciare il ruolo che ha e dovrebbe avere lo Stato del Nagorno Karabakh-Artsakh i cui rappresentanti dovrebbero sedere al tavolo dei negoziati.

Furono infatti le autorità di allora a firmare per la repubblica del Nagorno Karabakh l’accordo di cessate-il-fuoco a Bishkek unitamente a rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian.

E, nel 1994, il documento finale del vertice OSCE di Budapest ha sancito il formato negoziale tripartito che segue appunto l’accordo tripartito di cessate il fuoco tra Nagorno Karabakh, Azerbaigian e Armenia.

In nessun documento dalla fine del conflitto a oggi si fa alcun cenno a questa “comunità azera del Nagorno Karabakh”.

Il primo, fondamentale, passaggio nel negoziato deve pertanto essere l’accoglimento delle autorità della repubblica dell’Artsakh al tavolo negoziale: si sta discutendo del futuro del popolo di questo Stato e il minimo che si possa fare è farlo partecipare alla discussione.

Altri soggetti, se mai esistono, verranno dopo…

Sono passati quasi dieci anni ma Manuel Saribekyan ha avuto giustizia. La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato all’unanimità l’Azerbaigian per la morte del ventenne del villaggio di Ttujur (Armenia nord orientale).

La corte ha dichiarato all’unanimità che ci sono state violazioni dell’articolo 2 (diritto alla vita) e dell’articolo 3 (divieto di tortura e maltrattamenti) della Convenzione europea sui diritti umani.
 
La corte ha riscontrato in particolare che i richiedenti Mamikon Saribekyan e Siranush Balyan (genitori del ragazzo) avevano sporto una istanza denunciando il fatto che il loro figlio, Manvel Saribekyan, era morto a seguito delle azioni violente di altri, in particolare del personale del dipartimento di polizia militare di Baku, dove si trovava in custodia. Gli esponenti rifiutavano di accettare come veritiera la versione degli eventi delle autorità azere secondo le quali il giovane si era tolto la vita da solo impiccandosi.
 
La CEDU ha obbligato l’Azerbaigian a pagare congiuntamente ai ricorrenti 60.000 euro per danni non patrimoniali e 2.200 euro per costi e spese.
 
Manvel Saribekyan, 20 anni, residente nel villaggio armeno di Ttujur (prossimo al confine con l’Azerbaigian), si era inavvertitamente smarrito nel territorio azero a causa delle cattive condizioni meteorologiche (fitta nebbia) l’11 settembre 2010. Fu catturato dagli azeri e tradotto a Baku. E’ morto in una cella della polizia militare il 5 ottobre 2010, venti giorni dopo la cattura.

Fu torturato e ucciso.

(nella foto il giovane fotografato “in posa” dalle autorità azere con il volto tumefatto, forse già senza vita; poco dopo sarà trovato “suicidato”)

«I risultati e i successi dell’Esercito di difesa della Repubblica di Artsakh nel 2019 possono essere valutati soddisfacenti, ma abbiamo molto lavoro da fare in tutte le direzioni». Lo ha detto il comandante dell’Esercito della Difesa dell’Artsakh, nonché ministro della Difesa, Karen Abrahamyan, riassumendo l’anno dell’esercito nel corso di una conferenza stampa.

Secondo lui, il più importante risultato del 2019 è stata l’effettiva protezione del confine di stato dell’Artsakh.

Abrahamyan ha osservato che è stato svolto molto lavoro nella preparazione al combattimento aggiungendo che «durante l’anno, le condizioni di vita sono migliorate in un certo numero di unità militari».

Inoltre, secondo il comandante dell’esercito di difesa, nel corso dell’anno sono stati costruiti numerosi rifugi e bunker. «Nel sistema di comunicazione abbiamo raggiunto gli indicatori che assicurano che il nostro comando sia pienamente in grado di trasmettere i compiti di combattimento», ha aggiunto. «La forza dell’esercito è aumentata di alcuni gradi; si è sviluppato in tutti i tipi di militari (…). Il sistema di difesa aerea ha avuto uno sviluppo qualitativo nel corso dell’anno».

Ha altresì dichiarato che lo stato morale e psicologico di tutto il personale dell’esercito è stabile ed tutti sono pronti a svolgere il proprio compito di combattimento.

Per quanto riguarda il cessate il fuoco, il comandante dell’Esercito della Difesa Artsakh ha dichiarato: «Nel 2019, abbiamo una significativa riduzione del numero di violazioni del regime di cessate il fuoco, anche a causa del fattore politico. In tale contesto, illustrerò il nostro lavoro nel campo della cooperazione con i co-presidenti del gruppo di Minsk dell’Osce. A questo proposito, le riunioni e lo svolgimento del monitoraggio del gruppo di Minsk non hanno avuto precedenti nel 2019. Vorrei menzionare gli accordi raggiunti durante le riunioni delle leadership di Armenia e Azerbaigian».

Una dura risposta dell’attuale premier armeno Pashinyan a un giornale che aveva parlato della “meravigliosa eredità di Serzh Sargsyan” (il precedente presidente) a proposito dello stato delle trattative negoziali per il Nagorno Karabakh lascia aperto più di un interrogativo sul futuro della piccola repubblica armena.

In effetti, a che punto sono i negoziati con la controparte azera?

Secondo Pashinyan, quando ha assunto l’incarico di Primo ministro dell’Armenia si discuteva al tavolo negoziale sui seguenti punti:

  1. Ritiro di tutti gli armeni dai distretti di Aghdam, Fizuli, Jabrail, Zangilan, Gubadli, Qelbajar e Lachin e presa possesso di questi da parte dell’Azerbaigian;
  2. Mantenimento di un solo corridoio di collegamento a Lachin tra Armenia e Artsakh;
  3. Votazione della popolazione (quale?) per la verifica dello status giuridico della regione, sotto gli auspici di ONU e OSCE ed entro un termine concordato dalle parti;
  4. Ripristino cooperazione di buon vicinato fra le parti;
  5. Abbandono dei cittadini armeni dai territori dei distretti che di fatto vengono lasciati al pieno controllo azero;
  6. Dispiegamento di forze internazionali di pace ai confini della originaria oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) ad eccezione delle sezioni facenti capo a Kelbajar e Lachin con la prima che sarà monitorata dall’Osce;
  7. Concessione di uno status temporaneo all’Artsakh.

Secondo Pashinyan questo è lo stato del negoziato che ha trovato nel momento in cui si è insediato al governo. E il leader del “Mio passo” provocatoriamente (ma non troppo) si rivolge ai candidati alle prossime elezioni presidenziali in Artsakh di marzo per chiedere se sono d’accordo nel continuare o meno il negoziato su questi punti.

Che, detto per inciso, ricalcano i cosiddetti “Principi di Madrid” sui quali l’Osce da quasi quindici anni sta cercando di impostare la trattativa diplomatica.

Punti che naturalmente non possono essere in alcun modo accettati perché di fatto riporterebbero l’Artsakh a un’enclave armena dentro l’Azerbaigian ovvero dentro uno Stato che ha fatto dell’armenofobia un dogma politico nazionale.

E una volta lasciati quei territori, chi garantirebbe la sicurezza della repubblica armena? La regione settentrionale di Shahumian – un tempo facente parte dell’oblast e poi de-armenizzata con l’Operazione Anello – sarebbe dentro o fuori i confini armeni?

Che la soluzione di pace passi attraverso un accordo di compromesso è purtroppo inevitabile. Che questo compromesso si configuri come una svendita dei diritti del popolo dell’Artsakh, questo no.

Oggi ricorre il trentesimo anniversario dei pogrom armeni a Baku, uno degli episodi più tragici del conflitto tra Azerbaigian e Karabakh. Il 13 gennaio 1990, l’oppressione mirata degli armeni di Baku si trasformò in un massacro diffuso e organizzato. Il ministero degli Affari esteri della repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) lo ha osservato in una dichiarazione, che recita anche come segue:

«Cantando gli slogan “Gloria agli eroi di Sumgait!”, “Lunga vita a Baku senza armeni!”, una folla di migliaia di persone, divisa in gruppi guidati da attivisti del Fronte Popolare dell’Azerbaigian (PFA), attuò una “pulizia” metodica degli armeni casa per casa. Le prove abbondano di atrocità e omicidi commessi con estrema crudeltà.

Coloro che riuscirono a sfuggire alla morte furono sottoposti a deportazione forzata. Migliaia di armeni furono portati nel porto della città di Krasnovodsk, in Turkmenistan, con un traghetto attraverso il Mar Caspio, e furono successivamente inviati in Armenia e Russia con aerei.

I massacri continuarono per un’intera settimana nelle condizioni di completa inattività delle autorità azere, delle truppe interne e del grande presidio dell’esercito sovietico di Baku.

Il 18 gennaio, in occasione dei massacri di armeni a Baku, nonché degli attacchi armati ai villaggi armeni della regione di Shahumyan e Getashen, il Parlamento europeo adottò una risoluzione intitolata “Sulla situazione in Armenia“, che chiedeva le autorità dell’URSS di garantire una reale protezione della popolazione armena che vive in Azerbaigian inviando forze per intervenire sulla situazione.

Unità dell’esercito sovietico furono schierate nella capitale della Repubblica Socialista Sovietica azera solo nella notte del 20 gennaio 1990 che fermò i pogrom, superando la feroce resistenza delle unità armate del Fronte Popolare dell’Azerbiagian.

I pogrom di Baku sono diventati uno dei più sanguinosi crimini di massa contro la popolazione armena in una serie di pogrom, deportazioni, pulizia etnica e altri crimini contro l’umanità compiuti in Azerbaigian dal febbraio 1988. Secondo varie fonti, da 150 a 300 persone sono morte in conseguenza di tale massacro.

Condanniamo la negazione permanente da parte delle autorità azere degli atti di genocidio e l’esaltazione degli autori di quei crimini, negazione che è diventata parte integrante della politica di Baku di promozione della xenofobia e dell’odio nei confronti degli armeni.

Oggi, l’inculcazione dell’armenofobia e la promozione di crimini di odio contro gli armeni sono state elevate al rango di politica statale in Azerbaigian e sono penetrate in tutte le sfere della vita pubblica in questo paese, causando così gravi cambiamenti nella coscienza della società azera.

Il problema della xenofobia nei confronti degli armeni in Azerbaigian ha raggiunto dimensioni tali che è diventata una delle principali fonti di minacce alla stabilità e alla sicurezza regionali.

Per superare questi processi negativi e prevenire un aumento della xenofobia in Azerbaigian, sarà necessaria l’attuazione di una serie di misure, con il sostegno della comunità internazionale, che consentano alla società azera di sbarazzarsi di odiose norme e delle linee guida imposte dalle autorità.

Un passo importante nel processo di eradicazione dei fenomeni negativi causati dalla propaganda pluriennale dell’odio nei confronti degli armeni potrebbe essere il riconoscimento da parte delle autorità azere di responsabilità per i crimini di massa commessi contro la popolazione armena, compresi i pogrom di Baku. Ciò non solo migliorerà la situazione nello stesso Azerbaigian, ma creerà anche i presupposti per stabilire una pace duratura nella regione».

Un anno di Artsakh attraverso il riepilogo sintetico, mese per mese, delle principali notizie. La raccolta completa delle stesse può essere consultata nella sezione “Notizie” del nostro sito.

GENNAIO – L’anno si apre con una situazione relativamente calma sulla linea di contatto con un brusco calo delle violazioni azere. Il 16 si incontrano a Parigi (per la quarta volta) i ministri degli Esteri di Armenia (Mnatsakanyan) e Azerbaigian (Mammadyarov). Pochi giorni dopo (il 23) a Davos in Svizzera si incontrano Pashinyan e Aliyev, nessun comunicato ufficiale viene rilasciato. Il ministero delle Finanze comunica che nel 2018 il PIL dell’Artsakh è cresciuto dell’11,7% rispetto all’anno precedente con un tasso di inflazione pari all’1,8%. Il 21 la cronaca fa registrare un tragico incidente automobilistico con tre cittadini dell’Armenia morti a causa dell’auto finita fuori strada.

FEBBRAIO – Nel corso di una conferenza stampa a Berlino Pashinyan dichiara che può negoziare a nome dell’Armenia ma non dell’Artsakh che ritiene necessario sieda al tavolo negoziale. Il 5 viene rilasciato (e consegnato a un Paese terzo) un soldato azero che era stato condannato a due anni di prigione per ingresso illegale in Artsakh nella zona di Talish. Inaugurato il 15 a Stepanakert un nuovo centro medico. I co-presidenti del Gruppo di Minsk di nuovo in Artsakh (il 20). Si dimette il 21 dalla carica di Consigliere presidenziale Arayik Haroutyunyan, già Primo ministro nonché leader politico, correrà per le prossime presidenziali del 2020.

MARZO – L’8 il rappresentante speciale del Presidente dell’Osce in carica, amb. Kasprzyk, è in Artsakh dove tre giorni dopo giunge anche il Primo ministro dell’Armenia, Pashinyan. La relativa calma sulla linea di contatto è bruscamente interrotta il 13 allorché gli azeri sparano colpi di mortaio da 60 mm contro alcune postazioni armene. Si forma un gruppo parlamentare di amicizia Canada-Artsakh. L’Armenian National Committee of America (ANCA) dirama un comunicato stampa nel quale ribadisce pieno sostegno al processo negoziale del Gruppo di Minsk dell’Osce ma rigetta fermamente qualsiasi soluzione negoziale come prospettata dai cosiddetti “Principi di Madrid” che prevedono, tra l’altro, l’ipotesi di cessione di vasti territori della repubblica di Artsakh all’Azerbaigian. Il 26 alcuni media azeri riferiscono che lungo la linea di contatto nei pressi di Fizuli vi sarebbe stato uno scambio di colpi fra le parti che avrebbe provocato la morte di un soldato azero. Contemporaneamente media armeni denunciano scambi di colpi al confine tra Armenia e Azerbaigian (altezza Berdavan) causati dal tentativo nemico di avanzare linee di fortificazione in zona neutrale. Nello stesso giorno viene annunciata la morte di un soldato armeno (classe 1998), Ara Arakelyan, rimasto mortalmente colpito da arma da fuoco, non vengono diramati dettagli. Tre giorni dopo a Vienna si incontrano Pashinyan e Aliyev, positivo commento da parte del Segretario generale delle nazioni Unite Guterrez

APRILE – Il presidente dell’Armenia Sarkissian giunge in Artsakh il primo del mese per una visita di lavoro di due giorni. Aliyev dichiara il 5 che «l’Azerbaigian può ripristinare la sua integrità territoriale attraverso l’opzione militare». L’Ufficio del difensore dei diritti umani dell’Artsakh (Ombudsman), guidato da Artak Baglaryan, trasferisce la propria sede da Shushi alla capitale Stepanakert. La decisione è stata presa per rendere più agevole l’accesso all’utenza. Incontro (8) tra Sahakyan e il Catholikos Karekin II. Due giorni dopo Il presidente della repubblica riceve l’amb. Andrzej Kasprzyk, rappresentante speciale del Presidente dell’Osce in carica. Il 15 si incontrano a Mosca i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian. In occasione dell’anniversario del genocidio armeno il 24 lo Stato del Colorado (USA) ha ufficialmente riconosciuto la repubblica di Artsakh. Il parlamento ha votato una risoluzione che riconosce il diritto all’autodeterminazione dell’Artsakh e al tempo stesso condanna il genocidio armeno del 1915. Il Colorado è il nono Stato USA a riconoscere la repubblica. Il 25 il ministro degli Esteri Mayilyan è in Uruguay e poi in Argentina.

MAGGIO – A inizio mese viene registrata un’intensificazione di attività azera lungo la linea di contatto sia con opere di ingegneria sia con un aumento delle violazioni del cessate-il-fuoco. Il 4 un soldato armeno viene gravemente ferito alla testa da un cecchino azero. Il 5 maggio ricorre il 25° anniversario dell’accordo di Bishkek che segnò la fine della guerra nel 1994. Il 13 si incontrano a Bruxelles Pashinyan e Aliyev. Nei giorni successivi l’Azerbaigian avvia esercitazioni militari su larga scala con circa 10.000 soldati impegnati e vasto dispiego di mezzi. Il 29 arriva in Artsakh una delegazione di parlamentari tedeschi. A fine mese giungono le delegazioni che parteciperanno ai campionati Conifa di calcio

GIUGNO – Il mese comincia con la morte di un giovane soldato armeno, Sipan Melkonyan, colpito da cecchino azero. È il ‘benvenuto’ azero ai campionati europei di calcio Conifa organizzati in Artsakh fino al nove giugno e che si aprono con una grande cerimonia allo stadio nazionale di Stepanakert. Botta e risposta (5 e 6) tra Pashinyan e Sahakyan con il primo che accusa la dirigenza dell’Artsakh di mettere in giro informazioni non corrette circa la possibile cessione di territori agli azeri e il secondo che ribadisce la necessità di far sedere l’Artsakh al tavolo negoziale. Il 9 si conclude la coppa Conifa con l’Ossezia del sud che sconfigge l’Armenia occidentale davanti a diecimila spettatori. Intorno al 12 si intensificano violazioni azere con colpi di mortaio da 60 mm. Il giorno seguente un altro soldato (il secondo nel mese), Artyom Kachatryan, viene mortalmente colpito del nemico. Dal 17 prendono il via esercitazioni militari di pronto intervento dell’Artsakh. Il 20 a Washington si incontrano i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian. Il 22 viene accesa a Tigranakert la terza torcia dei Giochi Panarmeni la cui settima edizione si disputerà in Artsakh ad agosto. Il mese termina con nuove dichiarazioni belliche di Aliyev che dichiara che la guerra non è finita e che il suo Paese incrementerà l’arsenale militare.

LUGLIO – Il ministro degli Esteri dell’Armenia, Mnatsakanyan, è in Artsakh il 4. L’undici la Camera dei rappresentanti USA approva una mozione sull’Artsakh finalizzata alle misure per diminuire la tensione fra le arti in causa. Il 23 la città australiana di Ryde vota mozione di amicizia con l’Artsakh. Il rappresentante speciale del Presidente dell’Osce in carica, amb. Kasprzyk, è in Artsakh il 24, il ministro degli Esteri Mayilyan vola in Australia (29).

AGOSTO – Alla vigilia dell’inizio dei giochi panarmeni, il 5 arriva a Stepanakert il premier armeno Pashinyan che nello stesso giorno parla a un’imponente folla in piazza della Rinascita. 89 deputati USA scrivono (6) a USAID chiedendo all’amministrazione di non interrompere gli aiuti umanitari all’Artsakh. Deputati bulgari in visita a Stepanakert (6). Nello stesso giorno prendo avvio le competizioni dei Giochi panarmeni che vedono la partecipazione di 5300 atleti provenienti da 161 diverse città di 35 Paesi. Il 12 un soldato, Arayik Ghazaryan, finisce in territorio nemico, non è chiaro se si sia consegnato volontariamente agli azeri. Il 17 terminano i giochi. Nello stesso giorno inizia la campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative. L’amb. Kasprzyk, è nuovamente in Artsakh (20). Artsakh air festival all’aeroporto di Stepanakert (25). Delegazione parlamentare tedesca in Artsakh (27).

SETTEMBRE – Anniversario dell’indipendenza (2). L’8 si tengono le elezioni amministrative, si vota anche per la carica di sindaco della capitale che va all’indipendente David Sargsyan. Delegazione di parlamentari francesi in Artsakh (10). Il 14 si tiene a Karvachar la prima edizione del festival del miele. Dichiarazione di amicizia tra la regione francese di Isere e quella di Hadrut (20). Il 22 viene sventato un tentativo di incursione azera nel settore sudorientale della linea di contatto, il nemico lascia un caduto sul campo. Il 23 si incontrano a New York i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian. Due giorni dopo l’esercito di difesa abbatte un drone azero. Delegazione cipriota in visita in Artsakh (27). Il 28 Armen Levonyan muore per un colpo di arma da fuoco mentre si trova in una postazione difensiva, non chiara la dinamica.

OTTOBRE – Deputato USA Frank Pallone in Artsakh (1). Il 2 un soldato armeno viene ferito da un cecchino azero. Il giorno dopo un altro soldato, Mushegh Zhirairovich viene mortalmente colpito alla testa dal nemico. Due deputate statunitensi giungono a Stepanakert (8). Nello stesso giorno il ministro degli Esteri Mayilyan annuncia la propria candidatura per le presidenziali 2020. L’11 prende avvio a Stepanakert una conferenza internazionale “Cooperazione per la giustizia e la pace”. Inaugurato a Stepanakert (13) un centro per la francofonia. I co-presidenti del Gruppo di Minsk in Artsakh (16). Festa della melagrana a Martuni (19). Delegazione francese in Artsakh (24). A fine mese una delegazione dell’Artsakh è negli Stati Uniti.

NOVEMBRE – Il 5 muore un soldato in una postazione difensiva, Eric Harutyunyan, non chiara la dinamica. L’Ombudsman dell’Artsakh, Artak Beglaryan, partecipa il 5 a un incontro con i colleghi europei a Innsbruk. Dal 7 al 9 il presidente Sahakyan è in Belgio, mentre il 9 Pashinyan è a Stepanakert per una visita privata. Il 18 un militare è ferito dallo scoppio di una mina. Il 22 viene distribuito alle Nazioni Unite un memorandum curato dalla repubblica dell’Artsakh. Dal 17 al 21 si attua uno scambio di giornalisti armeni e azeri che visitano il contrapposto Paese, la delegazione azera arriva anche a Stepanakert mentre un giornalista dell’Artsakh visita Baku. Il 26 un tentativo di incursione azera con 34 soldati viene respinto delle forze di difesa, si tratta del più grave atto bellico dall’inizio dell’anno. Il 29 un soldato armeno è ferito da un cecchino azero.

DICEMBRE – Pashinyan è in Artsakh (1) dove incontra il presidente Sahakyan unitamente al quale si riunisce con tutti i candidati alle prossime elezioni presidenziali. Il 2 si registrano in una postazione difensiva un morto e un ferito in circostanze non chiare. Il 5, nella cornice del vertice Osce a Bratislava, si incontrano i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian. In Atsakh una delegazione parlamentare guatemalteca (8). Il 19 viene approvato il bilancio previsionale del 2020. Il 21 Mayilyan è in Egitto. Il 23 a Yerevan si riunisce un Consiglio di sicurezza congiunto Armenia-Artsakh.

Nel 2019, la situazione alla linea di contatto delle truppe contrapposte Artsakh-Azerbaigian può essere considerata relativamente stabile. Così si esprime il servizio stampa del Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh).

«Non solo la sicurezza del personale [dell’Artsakh] coinvolto nel servizio di combattimento è stata sostanzialmente aumentata, ma la possibilità di tentativi di penetrazione sovversivi da parte delle forze armate azere è stata praticamente eliminata», si legge anche nella dichiarazione.

Riguardo alle violazioni dell’accordo di cessate-il-fuoco, nel 2019, il cessate il fuoco è stato violato dall’avversario circa 9000 volte sulla linea di contatto con oltre 85.000 colpi sparati all’indirizzo delle posizioni armene. Va notato che tale dato è il più basso dal 2010.

Facendo riferimento alla questione Artsakh, il comunicato stampa del ministero della Difesa sottolinea che «sebbene il 25° anniversario della firma dell’accordo di cessate il fuoco tra le parti sia stato segnato quest’anno, il Gruppo Minsk dell’OSCE – impegnato nella risoluzione della questione – non è riuscito a fare progressi dal momento che Baku non solo ha continuato a respingere i principi di base per la risoluzione della questione, ma ha anche ignorato le misure di rafforzamento della fiducia proposte dai co-presidenti per rafforzare il cessate il fuoco. Nessuno degli incontri di più alto livello e contatti informali tra le parti in conflitto nel corso dell’anno, nonché le sei riunioni dei ministri degli Esteri per promuovere i negoziati, sono stati in grado di compiere progressi grazie alle posizioni opposte delle parti.

Durante tutto l’anno, l’esercito di difesa [dell’Artsakh] ha contrastato con azione la sua forza e prontezza al combattimento la mancanza di progressi al tavolo dei negoziati e alle dichiarazioni di alto livello dell’Azerbaigian su una soluzione militare al conflitto del Karabakh, e ha continuato a svolgere un dettante ruolo in prima linea, garantendo così l’inviolabilità dei confini della Repubblica Artsakh e la vita pacifica della popolazione».

Dal canto suo il ministro della Difesa nonché Comandante dell’Esercito di difesa dell’Artsakh, Karen Abrahamyan, ha dichiarato in un messaggio di fine anno che l’Esercito «ha svolto la sua missione con onore assicurando la protezione dei confini del nostro paese e il diritto del nostro popolo di vivere pacificamente nella propria terra natale. Riassumendo il 2019 – continua il ministro – possiamo affermare con certezza che l’anno è stato segnato da una preparazione al combattimento tesa e scrupolosa ed è proseguito il potenziamento e la modernizzazione dell’armamento e dell’attrezzatura militare dell’esercito».

Il presidente della Repubblica dell’Artsakh Bako Sahakyan nel corso della seduta congiunta dei Consigli di sicurezza di Armenia e Artsakh del 23 dicembre a Yerevan ha sottolineato la necessità di neutralizzare i tentativi dell’Azerbaigian di spingere la cosiddetta “comunità azera del Nagorno Karabakh” al tavolo dei negoziati.,

«Gli approcci di Stepanakert [per risolvere il conflitto] rimangono invariati» ha aggiunto, in particolare. «Sosteniamo una soluzione pacifica del conflitto nell’ambito del Gruppo di Minsk dell’OSCE, la piena partecipazione della Repubblica di Artsakh a tutte le fasi del processo negoziale.

La necessità (…) di preservare lo status di Artsakh come fattore e soggetto geopolitico sovrano è uno dei compiti più importanti della diplomazia armena.

Anche il nostro avversario [l’Azerbaigian] è ben consapevole di tutto ciò, applicando vari trucchi manipolativi. Questa linea comprende, in particolare, la speculazione della cosiddetta “comunità azera [di Artsakh]” come entità separata e passaggi continui per inserirla nel processo di negoziazione. In tal modo, stanno cercando di impedire il ripristino del formato completo e allo stesso tempo di spostare il fatto dell’indipendenza e della statualità di Artsakh dalla realtà in un dominio virtuale.

È naturale che dovremmo neutralizzare tutti questi tentativi.

Per noi, non può esserci ritorno al passato, sia in termini di status che di confini. Nessuna opzione di transazione metterà in pericolo la sicurezza della Repubblica Artsakh e il suo normale funzionamento».