Ecco come gli azeri volevano conquistare il Nagorno Karabakh
Mentre regge, con molta fatica, la traballante tregua concordata il 5 aprile, si delinea il piano organizzato dall’Azerbaigian per occupare militarmente la regione. La contromossa armena ha vanificato il disegno di Aliyev
16 aprile 2016 – Una violenta spallata alle difese armene per poi far partire un attacco al cuore della regione. Era questo il piano della leadership azera per risolvere militarmente il contenzioso del Nagorno Karabakh.
La strategia azera emerge chiaramente dalle analisi militari dopo la violenta battaglia di inizio mese. Due operazioni congiunte, lungo la linea di contatto, nell’estremo nord (Talish) e nell’estremo sud (Martuni) allo scopo di far concentrare su questi due settori la difesa armena. Poi il colpo decisivo, la lama di coltello che affonda nel cuore della regione: l’attacco centrale verso Stepanakert (trenta chilometri in linea d’aria dalla linea di confine) attraverso la piana di Askeran.
Gli azeri si aspettavano che il nemico spostasse le sue truppe là dove violenti infuriavano i combattimenti e sguarnissero il settore centrale lasciando strada aperta verso la capitale. Tuttavia l’Esercito di Difesa del Nagorno Karabakh non è caduto nel tranello, ha mantenuto il controllo della piana di Askeran e chiuso in faccia agli azeri la porta della conquista della principale città. Se questa fosse avvenuta, la guerra sarebbe stata totale, casa per casa, in tutto lo Stato; ma così non è accaduto, per fortuna. Anche perché un’operazione del genere avrebbe voluto dire guerra aperta contro l’Armenia che sarebbe intervenuta con il suo apparato bellico.
Invece gli armeni del Karabakh hanno vanificato i piani del nemico. Superato lo sbandamento iniziale, hanno deciso di difendere il nord e il sud del Paese con le forze in campo nei due settori interessati dagli scontri. La prima linea di difesa ha subito le perdite maggiori, la seconda ha arginato e bloccato l’avanzata azera (sopratutto al nord, lungo la valle del fiume Tartar verso Mataghis, Tonashen e la riserva di Sarsang che probabilmente era uno degli obiettivi nemici); la terza e la quarta linea hanno aiutato la controffensiva armena che ha ricacciato indietro gli aggressori, a nord come a sud, ai quali forse è rimasta la consolazione di aver “conquistato” un paio di avamposti nella terra di nessuno lungo la linea di confine.
L’operazione principale, al centro, non è invece neppure riuscita a partire perché gli armeni non hanno indebolito la propria difesa per soccorrere i militari in difficoltà nelle altre zone; questi, consapevoli che non avrebbero potuto ottenere consistenti aiuti, hanno combattuto fieramente riuscendo a ricacciare indietro il nemico.
La battaglia di aprile non è stata solo una violenta provocazione ma un tentativo, non riuscito, di innescare un nuovo conflitto regionale e una guerra totale per l’occupazione della repubblica del Nagorno Karabakh: anche oggi, come venticinque anni fa, gli azeri hanno dovuto battere mesta ritirata.