Il compromesso del ridicolo
Il presidente Aliyev “apre” a un compromesso sul Nagorno Karabakh. Ma la sua proposta suona ridicola e patetica. E viene rispedita al mittente.
“Mettiamoci d’accordo: tu mi regali casa tua e io in cambio ti lascio abitare una stanza”. Più o meno è questo il senso della proposta del presidente azero Aliyev sul Nagorno Karabakh. Creare una repubblica autonoma ma ben dentro i confini dell’Azerbaigian.
Con buona pace del processo democratico, giuridico e legale che ha portato alla nascita della repubblica del Nagorno Karabakh, con buona pace delle migliaia di armeni che hanno perso la vita per difendere la libertà e l’indipendenza; con buona pace dell’odio anti armeno che trasuda in ogni discorso e gesto che proviene all’Azerbaigian.
Davit Babayan, portavoce del presidente dell’Artsakh Sahakyan, l’ha presa con filosofia: «ll trend è positivo. Fino a qualche mese fa voleva annientarci, ora ci concede “autonomia”, di questo passo fra qualche mese riconoscerà di fatto la repubblica del Nagorno Karabakh» chiosa con sarcasmo.
Dal canto suo, pressato – come lui stesso ha ammesso – dai mediatori internazionali che invitano l’Azerbaigian a prendere atto della realtà statuale della piccola repubblica azera, il dittatore di Baku si gioca l’ultima carta della disperazione con una proposta a metà strada fra il ridicolo e il patetico. Pensare che i governanti armeni del Karabakh debbano andare a relazionare al governo dell’Azerbaigian e sedere in conclave con la leadership azera è pura follia o manifestata volontà di non voler risolvere il contenzioso.
Fallita l’opzione militare (la conquista dell’altura Leletepe nell’estremo sud e un fazzoletto di pochi chilometri quadrati al nord sono costati centinaia di morti e feriti), impossibilitato a proporre nuove azioni di guerra dopo l’altolà di Russia e Stati Uniti, Aliyev cerca ancora una volta di ritardare l’accordo finale con una proposta di improbabile applicazione pratica.
Secondo il politologo e esperto di Caucaso Thomas de Waal, l’idea di dare al Nagorno Karabakh lo status di repubblica autonoma rappresenta, nonostante tutto, un cambio di politica rispetto al passato. Già nel 1988, anno del pogrom di Sumgait e di ripetute violenze etniche contro gli armeni, Mosca aveva suggerito all’Azerbaigian di elevare l’oblast autonoma del NK a rango di repubblica autonoma; ma allora gli azeri rifiutarono sdegnosamente e sappiamo come è andata a finire.
Ora questa proposta di “compromesso”, che di fatto annichilisce il principio di autodeterminazione degli armeni, finisce con il rappresentare l’ennesimo ostacolo frapposto dall’Azerbaigian alla pacificazione del Caucaso meridionale.
Un fatto è certo. Indietro non si torna, nessuno potrà privare il popolo del Karabakh dal proprio diritto a vivere libero e in pace nella propria patria.
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