L’Azerbaigian usa i processi contro gli ostaggi armeni come strumento di pressione politica
Il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione in merito ai “processi” dell’ex dirigenza militare e politica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e di diversi altri armeni tenuti prigionieri a Baku, la capitale dell’Azerbaigian. La dichiarazione recita quanto segue:
“Il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia continua a richiamare l’attenzione della comunità internazionale, in particolare dei partner interessati alla pace nella regione e alla valorizzazione dei principi umanitari, sulla questione del rilascio dei prigionieri di guerra armeni, degli ostaggi e di altri individui detenuti in Azerbaigian. Mette inoltre in luce i processi inscenati contro alcuni di loro, che vengono condotti con gravi violazioni procedurali e chiari segni di tortura.
C’è profonda preoccupazione per la pubblicazione di foto e video dei “processi” di 23 prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti, nonché per i resoconti allarmanti dei loro avvocati in merito alla coercizione, alla tortura e all’evidente deterioramento della loro salute, tra cui quella di Ruben Vardanyan, attualmente in sciopero della fame.
Questo modello di condotta è ulteriormente corroborato dalle preoccupazioni espresse dal Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, dai casi documentati di tortura di prigionieri di guerra armeni segnalati da Human Rights Watch e da altre organizzazioni, nonché dalla persistente elusione da parte dell’Azerbaigian della cooperazione coordinata con gli organismi internazionali, tra cui il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti. Il governo dell’Armenia continua a ricevere segnalazioni dell’uso di misure proibite contro prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti.
Prigionieri di guerra armeni, ostaggi e altri detenuti sono trattenuti illegalmente in Azerbaigian in palese disprezzo dei suoi impegni e obblighi internazionali. La loro detenzione e persecuzione costituiscono una grave violazione del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani fondamentali. Un semplice elenco dei documenti multilaterali internazionali pertinenti include la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la Convenzione di Ginevra IV (1949) e la Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
È evidente che le autorità azere stanno utilizzando questo spettacolo giudiziario come strumento di pressione politica sulla Repubblica di Armenia e di manipolazione all’interno della società, data la delicatezza della questione per ogni membro della famiglia e per l’intera società.
È particolarmente degno di nota il fatto che questi processi si svolgano in un contesto in cui continua la propaganda di odio etnico contro gli armeni nei media azeri.
Al di sopra di tutto e prima di tutto, la risoluzione completa di qualsiasi conflitto include la preparazione dei popoli alla pace, mentre il prolungamento aggiuntivo e artificiale di questioni umanitarie irrisolte non serve a questo scopo, per usare un eufemismo, e riduce solo la probabilità di tale risoluzione. Questa comprensione è stata ripetutamente sottolineata durante le discussioni con l’Azerbaigian, così come su varie piattaforme internazionali da partner e organizzazioni. Ci aspettiamo che questa comprensione prevalga anche nelle percezioni delle autorità azere rispetto al continuo alimentare l’ostilità e i calcoli a breve termine.
In assenza di una risoluzione definitiva della questione, l’Armenia non può quindi rimanere indifferente o non coinvolta e continuerà a sollevare la questione su diverse piattaforme e in diversi formati, aspettandosi soluzioni e progressi positivi”.