Le mani azere su Shushi
A due mesi dalla fine della guerra sono sempre più chiari due concetti: in primo luogo, l’obiettivo primario di Aliyev era la conquista di Shushi per il valore simbolico della città. In secondo luogo, il dittatore azero non dimostra la minima intenzione di mollare la presa.
Ha agguantato Shushi (o forse qualcuno dirà che le è stata lasciata…) e non recede. Un vero e proprio bottino di guerra,un territorio che non faceva parte dei famosi distretti ma era inglobato dentro l’oblast autonoma del Nagorno Karabakh. La supremazia militare ha avuto la meglio su tante chiacchiere diplomatiche.
Nei giorni scorsi ha nominato Shushi “capitale culturale” dell’Azerbaigian. Un Paese senza storia (è nato nel 1918) e senza cultura autoctona, che ruba i monumenti altrui per prendersene ogni diritto, che si intesta la paternità di poeti di altre nazionalità (come accaduto per Nizami Ganjavi che era persiano ed è vissuto otto secoli prima che lo stato dell’Azerbaigian comparisse sulle carte geografiche…) non si lascia sfuggire l’occasione di rifarsi una verginità culturale.
In effetti Shushi era chiamata la “Parigi del Caucaso” agli inizi del Novecento per il fermento di vita culturale che animava i suoi oltre quarantamila abitanti. Prima che le orde turche cominciassero l’ennesima publiza etnica a danno della popolazione armena, dimezzando in pochi anni la popolazione (si veda il pogrom del 1920).
Dopo la prima guerra del Nagorno Karabakh, l’autorità armena ha portato avanti una serie di iniziative volte a evidenziare il ruolo culturale di Shushi. Sono sorti numerosi musei (quello della storia, delle arti popolari, del tappeto, della moneta, di mineralogia, delle belle arti (con la realizzazione di tre concorsi internazionali per sculture che sono (erano, chissà se sono ancora in piedi…) nel retrostante spazio verde. Fu restaurata la moschea persiana e iniziati scavi archeologici nell’area adiacente
Durante la guerra, fra i primi obiettivi delle forze armate azere ci sono state la cattedrale del S. Salvatore e la sala della cultura: evidentemente c’è un rapporto particolare tra arte, cultura e Azerbaigian…
Ma un’altra notizia conferma la volontà di Aliyev su Shushi: la realizzazione della strada che la raggiungerà da Fizuli procede spedita come sottolineano i media azeri.
101 chilometri di strada in buona parte a quattro corsie che si innesterà dalla statale M6 e permetterà di unire Baku a Shushi con circa 363 chilometri e quattro ore di viaggio o poco più. Trenta milioni di dollari il costo dell’opera che dovrebbe essere terminata tra fine 2021 e inizio 2022 e che viene realizzata da imprese turche.
I deputati italiani che si sono precipitati a rendere omaggio al dittatore pochi giorni dopo la fine della guerra sono riusciti a portare a casa un mini contratto per la sistemazione di alcune sottostazioni elettriche. Per ora, tutto qui. L’Italia ha fatto una pessima figura ed è rimasta con il cappello in mano mentre le principali commesse vengono realizzate dai turchi…
(info strada e foto da News.az)