Perché Aliyev si è giocato l’ultima carta sul Nagorno Karabakh

L’attacco di aprile è stato l’ultimo disperato tentativo del dittatore per risolvere a modo suo la questione. Un piano combinato con la Turchia che però è fallito. Intanto l’Armenia pensa al riconoscimento ufficiale

Dicono che sono serviti ben due aerei cargo per trasportare in Turchia le salme dei Lupi Grigi che hanno perso la vita nel tentativo di aggressione azera a Nagorno Karabakh all’inizio di aprile. E non c’è proprio alcuno che possa pensare che le centinaia di volontari turchi e miliziani Isis abbiano preso un volo last minute per raggiungere l’Azerbaigian e unirsi ai macellai azeri a caccia di armeni. Tutto combinato. Come lo spostamento di uomini e mezzi nei giorni precedenti all’attacco.

Mentre il presidente dell’Azerbaigian a New York schivava i tentativi dei mediatori internazionali e rifiutava un incontro, il suo esercito si preparava a dare una spallata violenta al Nagorno Karabakh. Risolvere con la guerra ogni problema. Come abbiamo avuto modo già di scrivere, c’è mancato poco che il progetto riuscisse; solo la disperata difesa armena, esercito e volontari, è riuscita a respingere l’aggressione. Questa doveva essere comunque “soft” ossia impegnare grandi risorse umane e militari ma al tempo stesso apparire come una battaglia di confine per non innescare un conflitto su più vasta scala.

Poi, nelle intenzioni azere, una volta penetrati per alcune decine di chilometri nel territorio dell’Artsakh (la capitale Stepanakert è a soli trenta chilometri dalla linea di contatto) la faccenda avrebbe avuto altro tono. M il piano azero è fallito, Baku è riuscita a conquistare un paio di inutili avamposti e nulla più al prezzo di centinaia di vite umane.

E Aliyev si è così speso l’ultima carata a disposizione. Vediamo perché:

1) FINITO L’EFFETTO SORPRESA –  Se gli armeni sono stati colti alla sprovvista nella notte tra il primo e il due aprile, ora l’effetto sorpresa è finito. L’esercito di Difesa del Nagorno Karabakh ha rafforzato la linea di contatto, nuovi armamenti pesanti sono stati posizionati, opere di ingegneria sono state create per rendere molto più difficoltosa una nuova avanzata del nemico. L’allerta è altissima, giorno e notte, difficile che possa ripetersi un altro attacco come quello di aprile.

2) INCOMPATIBILITA’ AMBIENTALI – Gli atti di barbarie compiuti dagli azeri a danno della popolazione civile e dei soldati hanno dimostrato l’assoluta impossibilità di una convivenza pacifica sullo stesso territorio fra i due popoli. Dovranno passare almeno venti anni di pace stabile perché si possano rimarginare le ferite dei quattro giorni di battaglia. Come se non fosse bastato il boia decapitatore Safarov, le mutilazioni subite dall’anziana famiglia di Talish, le teste mozzate dei soldati armeni esibite in trionfo dai criminali (poi medagliati da Aliyev!), i bombardamenti gratuiti sugli insediamenti civili hanno creato un solco incolmabile. Nessun politico e diplomatico potrebbe ora mai immaginare (ammesso che avesse un qualche senso prima…) un Nagorno Karabakh sotto amministrazione azera.

3) LE SCHERMAGLIE DEL RICONOSCIMENTO – È bastato che il governo dell’Armenia mettesse in calendario la discussione di una proposta politica sul riconoscimento formale della repubblica del Nagorno Karabakh, perché l’Azerbaigian rispondesse stizzito che “nessun accordo di pace potrà mai essere concluso in caso di riconoscimento ufficiale”. Il che vuol dire che Baku si è praticamente tagliata da sola ogni altra possibilità e suona anche un po’ ridicolo in bocca di chi ha scatenato una guerra inutile costata centinaia di vite. Oggi, 5 maggio, si sono diffuse voci, riprese anche dai media internazionali, riguardo un possibile riconoscimento ufficiale della repubblica del Nagorno Karabakh da parte del governo dell’Armenia. Il Consiglio dei ministri riunito ha in effetti discusso riguardo una iniziativa parlamentare, in calendario per il prossimo 10 maggio, concernente questo argomento.  Ma la portavoce del Primo Ministro dell’Armenia (Gohar Poghosyan) ha rilasciato una dichiarazione nella quale puntualizza i termini della decisione del Consiglio dei ministri di Yerevan: «L’odierna sessione governativa ha approvato la conclusione della proposta di legge denominata “Riconoscimento della repubblica del Nagorno Karabakh” che era stata presentata da due membri del Parlamento. La decisione chiaramente statuisce che il Governo considererà l’adozione dell’atto come il risultato di una discussione tra Armenia e Nagorno Karabakh, tenendo in conto ulteriori sviluppi, inclusi fattori esterni. Perciò, il Governo non ha approvato in questo passaggio la proposta di legge riguardante il riconoscimento dell’indipendenza del Nagorno Karabakh».

4) NESSUN TERRITORIO CEDUTO – Ma forse una delle più gravi sconfitte azere della guerra dei quattro giorni riguarda il tema, ventilato in passato e contemplato nei famosi “Principi di Madrid” della possibilità che in cambio del riconoscimento ufficiale dell’autodeterminazione del Karabakh Montuoso lo stesso possa cedere alcuni territori marginali (prevalentemente a est e a sud) all’Azerbaigian. L’attacco azero ha dimostrato che di Baku non ci si può fidare e la repubblica dell’Artsakh non può certamente permettersi il lusso di allungare di alcune centinaia di chilometri i confini con il nemico a rischio di un nuovo tentativo di invasione da più lati. Questa opzione è dunque definitivamente naufragata nel mare dell’aggressività bellica dell’Azerbaigian.

In conclusione non vi è altra soluzione se non quella che i negoziatori internazionali costringano al tavolo delle trattative l’Azerbaigian e gli impongano di accettare la realtà statuale del Nagorno Karabakh-Artsakh che è stato, è e sarà sempre armeno.

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