Perché è necessario che l’Artsakh sieda al tavolo negoziale
L’Artsakh è parte in causa e non può rimanere in disparte. Ecco perché se davvero si vuole raggiungere una soluzione di pace è necessario che possa esprimere direttamente la propria posizione
Fino ad ora le trattative sul contenzioso del Nagorno Karabakh sono state affrontate dall’Armenia e dall’Azerbaigian con la supervisione e collaborazione dei mediatori internazionali. Baku ha sempre osteggiato la partecipazione diretta dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) alle trattative in quanto non considera la repubblica de facto come un soggetto specifico dotato di propria autonomia contrattuale.
Eppure, nel 1994, l’accordo di cessate-il-fuoco fu firmato a Bishkekh anche dai rappresentanti del Nagorno Karabakh. Dunque qual è il problema?
Negli anni successivi a quella firma, l’Armenia ha preso il posto nei negoziati. Come hanno dichiarato alcuni politici armeni recentemente si trattò di una scelta dettata da due ragioni: in primo luogo Yerevan aveva un maggior peso politico anche a livello internazionale, in secondo luogo i suoi leader avevano ben conosciuto la realtà del Karabakh essendovi nati (si pensi ad esempio ai presidenti Kocharyan e Sargsyan) e avendo combattuto la guerra di liberazione. La leadership dell’Armenia era dunque pienamente titolata per partecipare direttamente alle trattative di pace e negoziare anche per conto di Stepanakert.
Se quel passo fu un errore o meno non possiamo dirlo, neppure a posteriori.
Di certo oggi lo scenario è mutato. Nel momento in cui sono in discussione lo status del Nagorno Karabakh-Artsakh, i suoi confini, la sua integrità territoriale è impensabile che i rappresentanti di questo Stato non possano esporre direttamente il loro pensiero ma lo debbano fare per interposta persona.
È chiaro che il processo negoziale è fondamentale per preservare (o tentare di preservare) la pace: finché ci sono trattative, teoricamente la guerra dovrebbe essere lasciata da parte anche se non sono mancati gli esempi (come ad aprile 2016) in cui si è andati vicinissimi a un nuovo conflitto.
Negoziare dunque serve o dovrebbe servire a tenere in qualche modo impegnato Aliyev.
Ma se il tutto non si riduce a un mero teatrino diplomatico, se veramente si vogliono fare passi avanti, allora è arrivato il momento di far sedere i rappresentanti dell’Artsakh al medesimo tavolo negoziale. Con tutte le formule e gli artifici diplomatici che si possano o si vogliano creare; ma non vi è altra soluzione.
Mentre l’Azerbaigian continua a spostare truppe e mezzi lungo la linea di contatto, mentre i cecchini azeri continuano a sparare e uccidere, per la via della pace basta solo aggiungere una sedia in più.