Quale verità sui negoziati?
Una dura risposta dell’attuale premier armeno Pashinyan a un giornale che aveva parlato della “meravigliosa eredità di Serzh Sargsyan” (il precedente presidente) a proposito dello stato delle trattative negoziali per il Nagorno Karabakh lascia aperto più di un interrogativo sul futuro della piccola repubblica armena.
In effetti, a che punto sono i negoziati con la controparte azera?
Secondo Pashinyan, quando ha assunto l’incarico di Primo ministro dell’Armenia si discuteva al tavolo negoziale sui seguenti punti:
- Ritiro di tutti gli armeni dai distretti di Aghdam, Fizuli, Jabrail, Zangilan, Gubadli, Qelbajar e Lachin e presa possesso di questi da parte dell’Azerbaigian;
- Mantenimento di un solo corridoio di collegamento a Lachin tra Armenia e Artsakh;
- Votazione della popolazione (quale?) per la verifica dello status giuridico della regione, sotto gli auspici di ONU e OSCE ed entro un termine concordato dalle parti;
- Ripristino cooperazione di buon vicinato fra le parti;
- Abbandono dei cittadini armeni dai territori dei distretti che di fatto vengono lasciati al pieno controllo azero;
- Dispiegamento di forze internazionali di pace ai confini della originaria oblast autonoma del Nagorno Karabakh (NKAO) ad eccezione delle sezioni facenti capo a Kelbajar e Lachin con la prima che sarà monitorata dall’Osce;
- Concessione di uno status temporaneo all’Artsakh.
Secondo Pashinyan questo è lo stato del negoziato che ha trovato nel momento in cui si è insediato al governo. E il leader del “Mio passo” provocatoriamente (ma non troppo) si rivolge ai candidati alle prossime elezioni presidenziali in Artsakh di marzo per chiedere se sono d’accordo nel continuare o meno il negoziato su questi punti.
Che, detto per inciso, ricalcano i cosiddetti “Principi di Madrid” sui quali l’Osce da quasi quindici anni sta cercando di impostare la trattativa diplomatica.
Punti che naturalmente non possono essere in alcun modo accettati perché di fatto riporterebbero l’Artsakh a un’enclave armena dentro l’Azerbaigian ovvero dentro uno Stato che ha fatto dell’armenofobia un dogma politico nazionale.
E una volta lasciati quei territori, chi garantirebbe la sicurezza della repubblica armena? La regione settentrionale di Shahumian – un tempo facente parte dell’oblast e poi de-armenizzata con l’Operazione Anello – sarebbe dentro o fuori i confini armeni?
Che la soluzione di pace passi attraverso un accordo di compromesso è purtroppo inevitabile. Che questo compromesso si configuri come una svendita dei diritti del popolo dell’Artsakh, questo no.