Sargsyan: ecco la nostra posizione sull’Artsakh
Nel corso di un incontro con giovani soldati il presidente dell’Armenia fa il punto sulla situazione in Nagorno Karabakh e analizza chiaramente alcuni temi chiave del negoziato
Doveva essere solo un informale incontro con un gruppo di giovani soldati armeni smobilitati. Ma quello avvenuto nella caserma di Dilijan lo scorso 20 gennaio ha riservato molto interesse per via delle dichiarazioni aperte e in un linguaggio poco “diplomatico” ed ufficiale rilasciate dal presidente dell’Armenia Serzh Sargsyan. Abbigliamento casual e clima rilassato hanno dato il via a un confronto aperto con i giovani militari al termine del quale è emersa chiaramente la posizione dell’Armenia in merito al contenzioso sul Nagorno Karabakh.
Punto primo: sta al popolo dell’Artsakh essere arbitro del proprio destino e decidere al riguardo. Non l’Azerbaigian ma neppure l’Armenia o altri soggetti hanno diritto di decidere come gli abitanti di quella regione debbano vivere. Tradotto in parole ancora più semplici vuol dire che lo status del NK deve essere deciso dalla sua gente attraverso una libera manifestazione di volontà.
«Coloro che vivono lì dovrebbero decidere il loro status per conto proprio. Nessuno ha il diritto di costringerli a vivere secondo le loro condizioni, né l’Azerbaigian, né l’Armenia e nemmeno gli altri. Non sto dicendo che la volontà del popolo armeno debba essere ignorata. Niente affatto, poiché senza l’Armenia e tutto il nostro popolo, coloro che vivono in Karabakh non potranno mai risolvere questo problema. Ma questo non significa che dobbiamo decidere al loro posto. Dobbiamo agire in modo che la loro volontà sia soddisfatta. Sono sicuro che un giorno la questione Nagorno Karabakh si risolverà esattamente in questo modo» ha detto Sargsyan.
Punto secondo: non ha senso parlare di concessione di territori. La questione importante per gli armeni è che venga negoziato uno status che permetta al popolo del Karabakh di vivere liberamente nella propria terra; una concessione territoriale, di qualunque tipo, senza che sia prima ben definito lo status della regione (ossia la sua indipendenza) è pura sciocchezza. «Questi sono discorsi secondari, non dar retta a chi li diffonde» ha risposto il presidente dell’Armenia alla domanda di un soldato. E rivolgendosi a un altro: «Come potrei mai guardarti negli occhi? Tu non diresti a me “io sono andato a difendere questa terra, i miei amici sono morti e ora la prendete e la date via?”»
Punto terzo: la sicurezza è migliorata. Sargsyan ha confermato che ora l’intera linea di contatto con l’Azerbaigian è video monitorata. «La questione in relazione ai dispositivi di visione notturna è stata completamente risolta. Posso ufficialmente dire che non abbiamo alcuna posizione militare che manca di un tale dispositivo» ha sottolineato il presidente che ha anche ricordato l’acquisto negli ultimi mesi di diverse centinaia di automezzi Kamaz.
Punto quarto: forze di pace solo a conclusione del negoziato. Questo è un altro aspetto molto interessante giacché fra le varie proposte avanzate in sede negoziale vi è stata anche quella di frapporre una forza multinazionale di peace keeping. Sargsyan ha smentito che la questione sia all’ordine del giorno dei recenti incontri. A suo parere tale impegno potrà concretizzarsi certamente al termine dei negoziati, dopo la risoluzione del conflitto.
Punto quinto: punire gli azeri. Nel corso dell’incontro non sono mancate domande sull’opportunità o meno di impartire una lezione agli azeri dopo che questi hanno strappato alcuni lembi di territorio al Nagorno Karabakh. Sargsyan su questo è stato molto chiaro: «Non ho mai sostenuto l’idea che siamo in grado di forzare la capitolazione sull’Azerbaigian. Nel mondo moderno solo gli stati che hanno un ruolo significativo e superano l’avversario di decine di volte possono prendere i territori di un altro paese. Supponiamo di avviare una operazione militare e di prendere altre due o tre aree. Quale sarà questo risultato in seguito? Gli azeri si arrenderanno? Se invece vuoi dire un’altra cosa – rivolgendosi al militare che gli aveva rivolto la domanda – ossia che non dobbiamo solo difenderci, ma anche avviare azioni quando gli altri lanciano azioni militari, allora anche questa può essere un’opzione. Un’opzione, che viene costantemente considerata da noi. Ma ciò che è importante per noi è i risolvere il problema del Nagorno Karabakh e dargli uno status finale». E riguardo la guerra di aprile: «Siamo stati una nazione-esercito in Karabakh, dal momento che il pericolo è stato grande. Il nostro popolo ha fatto del suo meglio per non perdere il Karabakh e difendere i nostri confini. Per fortuna siamo riusciti a fare questo. Abbiamo pagato un grande prezzo ma siamo riusciti a difenderci, essendo questa la cosa più importante. I partecipanti della nazione-esercito non devono essere necessariamente in Armenia: tutti coloro che vivono negli Stati Uniti, in Russia o in Argentina e sostengono questa idea sono i membri della nazione-esercito.»
Punto sesto: la corsa al riarmo. L’Armenia dovrebbe condurre una politica ben ponderata in tema di approvvigionamento di armi. Secondo Sargsyan, nel fare questo, il paese dovrebbe seguire tre principi: «Il primo è di non seguire l’esempio di Azerbaigian. Cioè, se Baku acquista un jet per $ 30 milioni, è necessario acquisire mezzi di difesa aerea per un importo inferiore. Non sto dicendo che non dovremmo avere aerei. Dovremmo avere tutto ciò che è più necessario. Oppure, se gli azeri acquistano carri T-90 o T-92 per $ 2,5-3 milioni, è necessario prima di tutto per ottenere i mezzi anti-carro, che sono molto più economici. E dal momento che non abbiamo alcun obiettivo di attacco, i mezzi anti-carro sono più che sufficienti». Il secondo principio è quello di non guardare solo alla quantità di armamenti, ma anche ad appalti trasparenti e onesti che consentano di risparmiare sulle spese. Il terzo principio è quello di poter utilizzare le armi esistenti migliori rispetto a quelle dell’avversario e avere una maggiore professionalità nell’esercito. «Non c’è altro modo. Seguendo questi principi, siamo pienamente in grado di mantenere la situazione in equilibrio», ha assicurato.
Punto settimo: la posizione della comunità internazionale. Riferendosi al processo di negoziazione, Sargsyan notato che ci sono stati diversi approcci e proposte sul processo di risoluzione, ma mai come ora gli armeni sono stati vicini al risultato e in linea con i negoziatori. «Attualmente la posizione della comunità internazionale è evidente: lo status finale del Nagorno Karabakh deve essere deciso dai suoi residenti. Ma il fatto è che abbiamo a che fare con una parte, gli azeri, il cui obiettivo è quello di spostare gli armeni dal Nagorno Karabakh. Sono stati in grado di farlo in Nakhchivan e in altre aree armene, essendo questo il loro obiettivo. Pertanto, non c’è fiducia qui. E se non c’è fiducia, dobbiamo essere in grado di stabilire molti dettagli che non permetteranno loro di fermarsi a metà strada» ha osservato il Presidente.
In buona sostanza: non ci fidiamo degli azeri che vogliono solo cacciare via gli armeni per cui il negoziato dovrà essere globale in modo da porre definitivamente la parola fine sul contenzioso evitando che l’infido nemico possa trarre vantaggio e perseguire i suoi scopi bellicosi.
Più chiari di così…
- La repubblica del NK deve sedersi al tavolo negoziale e decidere il proprio status futuro
- Fin tanto che non sia raggiunto un accordo definitivo non ha alcun senso parlare di concessione di territori
- La sicurezza e gli approvvigionamenti sono migliorati; la lezione di aprile è dunque servita
- Non ha senso seguire gli azeri nella corsa al riarmo così come innescare nuove crisi belliche fermo restando che gli armeni se attaccati nuovamente reagiranno
- L’Armenia è molto vicina alle posizioni dei negoziatori internazionali ma gli azeri perseguono altri obiettivi per cui o si raggiunge un accordo globale o la situazione di stallo rimarrà invariata