Sargsyan: La guerra può scoppiare in qualunque momento

Il presidente dell’Armenia getta acqua sul fuoco dell’ottimismo. Le provocazioni azere non accennano a placarsi e arrivano nuove prove sulla premeditazione dell’attacco al Nagorno Karabakh.

(25 aprile 2016) –  La tregua concordata il 5 aprile scorso è sempre più “fragile” come l’ha definita un portavoce del presidente russo Putin.

Proseguono infatti incessanti le violazioni da parte azera; gesti isolati – fino ad alcune decine nell’arco delle ventiquattro ore – ma sempre più aggressivi con impiego di mortai di vario calibro e missili anticarro sparati dal territorio dell’Azerbaigian nella profondità delle linee armene. Gli armeni non reagiscono se non per silenziare le provocazioni ma la tensione resta comunque alta.

Il presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, ha rilasciato una interessante intervista all’agenzia Bloomberg nella quale puntualizza molti aspetti degni di attenzione.

In primo luogo il presidente armeno ha detto che «la guerra può scoppiare in qualsiasi momento nel punto di infiammabilità del Caucaso, il Nagorno Karabakh, e c’è poco prospettiva di colloqui per risolvere il conflitto» aggiungendo che la tregua concordata con la supervisione russa può non essere sufficiente per evitare combattimenti su larga scala ancor più intensi di quelli visti nei primi quattro giorni di guerra ad aprile. Che di guerra, a tutti gli effetti, gli effetti si è trattata. «Di quali violazioni parliamo, se si è combattuto con centinaia di carri armati?» si domanda Sargsyan, ammonendo gli osservatori internazionali a non classificare quegli eventi alla stregua di semplici violazioni del cessate-il-fuoco del 1994.

Ma il capo dell’Armenia è altrettanto deciso a escludere al momento la possibilità di nuovi colloqui di pace giacché sarebbe irragionevole pensare che gli armeni si siedano al tavolo delle trattative con i politici azeri mentre da un’altra parte i militari dell’Azerbaigian proseguono la loro campagna di guerra.

E, riguardo all’incontro avuto venerdì scorso con il ministro degli esteri russo,  il presidente ha affermato che «Lavrov non ha portato nuove proposte perché si rende conto benissimo che non ha senso parlare di negoziati immediatamente dopo una guerra di quattro giorni».

Sargsyan, che è un ex comandante militare dal Nagorno  Karabakh, ha riconosciuto pubblicamente che gli armeni hanno perso un po’ di territorio nei combattimenti.

«Le truppe azere hanno preso piccolissime porzioni di territorio nel nord e nel sud della linea di contatto che non avevano importanza strategica per le forze armene, che non hanno cercato di recuperare loro per evitare ulteriori perdite di vite».

A queste riflessioni si aggiungono le valutazioni tecniche dei giorni scorsi sull’aggressione azera al Nagorno Karabakh. Che fu pianificata e studiata mentre i presidenti si trovavano a New York e Aliyev si rifiutava di incontrare i mediatori del gruppo di Minsk.

L’analisi dei documenti e dei dati recuperati su uno degli elicotteri azeri abbattuti certificano che il velivolo fu spostato dalla base di Baku fino alla zona di confine con un preciso programma di combattimento finalizzato a colpire obiettivi nell’interno del territorio armeno. Una prova in più, caso mai ne mancassero altre…, della deliberata aggressione dell’Azerbaigian alla repubblica del Nagorno Karabakh.

Ma anche questa volta l’avventura bellica del presidente azero si è risolta nell’ennesimo bagno di sangue.

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