Shushi, il sogno proibito di Aliyev
La città, una rocca difficilmente espugnabile, è al momento il principale obiettivo di Aliyev. Analizziamo la situazione sul campo
Ci riuscirono gli armeni nel 1992. La guerra, ancora una volta scatenata dagli azeri, infuriava da fine gennaio e la conquista della città era per gli armeni una questione di vita o di morte.
Shushi, infatti, sorge in quota, tra i 1440 e i 1600 metri, domina dall’alto la piana di Stepanakert e all’epoca era utilizzata come base per colpire la capitale della neonata repubblica. Allora la popolazione, circa 10.000 abitanti, era solo azera; i quartieri armeni, nel 1920, furono dati alle fiamme, migliaia di persone furono trucidate o costrette alla fuga, di qui la “purezza” azera della città.
La battaglia infuriò a partire dell’8 maggio e durò diverse ore: circa duemila armeni procedettero su quattro direttrici diverse convergendo intorno alla rocca che sul fianco sud non era stata difesa perchè dalla gola Hunot si alza una imponente parete di roccia alta più di duecento metri. Un commando guidato da Ashot Ghoulyan (nome di battaglia Pekor) riusci a scalare il contrafforte montuoso e colse di sorpresa il nemico. All’alba del 9 maggio Shushi era stata liberata. Da quel momento in poi la guerra cambiò il suo corso, il corridoio di Lachin fu liberato e le forze nemiche progressivamente sconfitte.
Oggi, gli azeri stanno puntando alla città la cui conquista nell’immaginario azero avrebbe un valore enorme per lavare l’onta militare subita ventotto anni fa.
Ma le forze azere, spalleggiate dai mercenari jihadisti, si sono rese presto conto che espugnare la rocca è tutt’altro che facile e stanno subendo notevoli perdite. Certo, oggi la guerra turco-azera si avvale dei micidiali droni, ma un conto è lo scontro in campo aperto con gli eserciti che si fronteggiano apertamente (come accaduto nella piana a sud vicino al confine con l’Iran), altro è stanare il nemico dall’alto in mezzo alle foreste che circondano la zona. E poi con il brutto tempo i droni non volano e la stagione fredda si sta avvicinando rapidamente.
Per chi non conosce lo stato dei luoghi, cerchiamo di dare un aiuto. L’unica strada carrozzabile che porta a Shushi è quella che dall’Armenia (Goris) scende nel famoso corridoio di Lachin con parecchi tornanti per poi arrampicarsi nuovamente sui contrafforti montuosi dell’Artsakh passando per Berdzor fino a Stepanakert; poco prima della capitale c’è una deviazione sulla destra che sale a Shushi.
Gli azeri hanno provato ad arrivare sulla strada infilandosi nelle montagne a est di Berdzor ma sono stati falciati dalla difesa armena. La strada corre per lunghi tratti a mezza quota ed è esposta al tiro di chi difende.
A sud-est la profonda gola di Hunot è un potente baluardo: anche in questo settore gli azeri hanno provato a infilarsi rimanendo imbottigliati con molti veicoli armati distrutti. Battaglie si sono svolte nei pressi del villaggio di Karin Tak.
Il fianco nord è adeguatamente presidiato dagli armeni, mentre la parte sud-ovest è interessata da montagne che raggiungono i 1500/1600 metri di altezza, non vi sono strade carrozzabili ma solo sentieri che i carri armati non possono percorrere. L’inverno si sta avvicinando (venerdì a Stepanakert, in basso, la temperatura minima era di 8 gradi, sulle cime più alte è già nevicato) e muoversi su quel terreno è molto difficile. Anche perchè la difesa, in mezzo ai boschi o in piccoli altopiani è decisamente più agevole.
L’unica soluzione per gli azeri potrebbe essere utilizzare la strada che da est (Karmin Shuka) arriva fin quasi a Stepanakert. In questi giorni sono in corso violenti scontri proprio in quel settore dove il nemico sta spingendo. Ma anche ammesso e non concesso che riesca ad avanzare, per raggiungere Shushi dovrebbe arrivare fin quasi alla capitale, passando dal villaggio di Shosh ma anche in questo caso vale il discorso della strada di Berdzor, ovvero la maggior esposizione di uomini e mezzi in una valle piuttosto stretta.
I pesanti combattimenti che ancora oggi si registrano vicino a Shushi confermano che la città è l’obiettivo primario azero in questa fase della guerra. Ma, per loro non sarà facile e c’è il rischio che questi tentativi si infrangano contro la difesa armena aumentando ancor di più il pesante bilancio di perdite dell’Azerbaigian.
La forza militare messa in campo da Aliyev sia per uomini che per armamenti è enorme: parliamo di un esercito di 100.000 uomini più 300.000 riservisti che dichiara guerra a uno Stato di 150.000 abitanti. Più passa il tempo (e peggiora il meteo) più sarà difficile per gli azeri avanzare. Per questo stanno spingendo con tale intensità in questi giorni.
La mattina dell’8 novembre il presidente Aliyev sui social ha annunciato la “liberazione” della città ma a distanza di alcune ore non è stato postato alcun video che conferma tale circostanza. Le notizie parlano invece di violentissimi scontri, con incursori azeri che cercano di entrare in alcune zone dell’abitato ma vengono poi ricacciati indietro dagli armeni. Nonostante le tante perdite subite, le forze azere mandano ondate di soldati con l’imperativo di dar seguito al proclama presidenziale.
Il giorno seguente, proseguono violenti combattimenti in tutto il settore; nel pomeriggio, a oltre trenta ore dall’annuncio del presidente azero, il media dell’Azerbaigian diffondono un video di un minuto e mezzo dove un gruppo di una decina di soldati percorre velocemente un tratto di strada all’inizio dell’abitato, si ferma per foto davanti al palazzo di città e prosegue per 300/500 metri fino alla moschea superiore. Sono gli stessi incursori che nella conferenza stampa serale del comando difesa armeno vengono confermati ma che sarebbero stati eliminati o messi in fuga. Nessun altro video a conferma della “liberazione” di Shushi.
Forse ci riusciranno vista la sproporzione di forze in campo ma pagheranno un prezzo altissimo. Per non parlare del fatto che, una volta arrivati alla città, dovranno anche tenerla. Non basta piantare una bandiera con 50 o 100 incursori.
E poi, forse, comincerà la battaglia per Stepanakert…