Tag Archivio per: Armenia

Nel suo discorso all’Assemblea nazionale dell’Armenia il candidato premier parla anche del negoziato sul Nagorno Karabakh

(30 mag 18) NUOVO CAMPO DI PALLAMANO – E’ stato inaugurato a Stepanakert un nuovo campo di pallamano realizzato grazie ai contributi della Diaspora francese. L’impianto è provvisto anche di una tribunetta con un centinaio di posti a sedere oltre che di locali di servizio.

(30 mag 18) IN DISCUSSIONE TARIFFE ELETTRICHE – Il ministro dell’Energia e delle risorse, Arthur Grigoryan, ha lanciato una discussione sull’abbassamento delle tariffe elettriche preannunciando che vi sarà una revisione ad agosto.

(28 mag 18) SAHAKYAN AL MEMORIALE DI SARDARAPAT – In occasione del centesimo anniversario della Prima repubblica Armena, il presidente dell’Artsakh, Bako Sahakyan, si è recato in Armenia al memoriale di Sardarapat dove ha preso parte alle solenni cerimonie di festeggiamento dell’anniversario.

(23 mag 18) KARABAKH TELECOM INVESTE – Nel corso della odierna conferenza stampa, il direttore generale Karekin Odabashyan ha annunciato che la compagnia investirà dieci milioni di euro per il miglioramento della connessione internet in Artsakh. Inoltre ha sottolineato la prossima diminuzione dal primo giugno delle tariffe del 5% che segue la diminuzione del 12,5% praticata a febbraio 2017.

(22 mag 18) DALL’AUSTRALIA MOZIONE PRO ARTSAKH – Il Consiglio municipale di Ryde, cittadina di circa 26.000  abitanti nello Stato australiano del Nuovo Galles del sud ha votato una mozione di sostegno all’indipendenza della repubblica di Artsakh nella quale tra l’altro invita il governo centrale australiano a riconoscerla formalmente.

(21 mag 18) MORTO SOLDATO ARMENO – Il diciannovenne Norayr Grigoryan è rimasto ucciso da un colpo d’arma da fuoco in circostanze non ancora chiarite. Il tragico episodio è avventa intorno alle ore 11 in un’unità di difesa lungo la linea di contatto nel settore orientale.

(19 mag 18) NUOVO MINISTRO ESTERI ARMENIA A STEPANAKERT – Il nuovo ministro degli esteri dell’Armenia, Zohrab Mnatsakanyan, è giunto a Stepanakert per una serie di colloqui con le autorità locali. Oggi ha incontrato il presidente dell’Assemblea nazionale Ashot Ghulyan. il ministro degli Esteri Mayilian e il presidente della repubblica Sahakyan.

(18 mag 18) MOSTRA DI TAPPETI A STEPANAKERT – Il Presidente della repubblica ha inaugurato oggi al Museo storico di Stato della capitale una esposizione dedicata al tappeto del Karabakh.

(18 mag 18) GEMELLAGGIO MARTAKERT – La città libanese di Bourj Hammoud (150.000 abitanti nel Libano, facente parte della Grande Beirut e popolata prevalentemente da armeni) ha siglato un memorandum di intesa con Martakert. Alla cerimonia erano presenti i sindaci delle due città nonché il ministro dell’Economia Grigoryan.

(17 mag 18) REGIONE DI MARTUNI – Mher Ohanyan è stato nominato nuovo presidente della Regione di Martuni. Subentra a Karen Tovmasyan dimessosi per un nuovo incarico. Nella giornata odierna il Presidente Sahakyan si è recato a Martuni dove ha partecipato a una riunione con il nuovo amministratore regionale e i membri del governo locale.

(17 mag 18) MILITARE FERITO A YEREVAN – Il sergente Shamkhal Petrosyan, rimasto gravemente ferito nella lo scorso 13 maggio da un colpo di cecchino azero è stato trasferito all’ospedale militare di Yerevan dove in giornata ha ricevuto anche la visita del primo ministro dell’Armenia Pashinyan. Le condizioni del militare fortunatamente migliorano ed è cosciente.

(16 mag 18) A.D. HALO TRUST A STEPANAKERT – L’Amministratore Delegato di “Halo Trust”, società britannica no profit impegnata da anni nelle operazioni di sminamento post bellico, James Cowan, è giunto a Stepanakert dove ha incontrato il presidente Sahakyan e il ministro degli esteri Mayilian. Nel corso degli incontri sono stati analizzati i futuri progetti di “Halo Trust” in Artsakh.

(16 mag 18) MONITORAGGIO OSCE – Un’osservazione lungo la linea di contatto è stata compiuta oggi da delegazioni dell’Osce all’altezza del villaggio di Kuropatkino (Regione di Martuni). Nessuna violazione è stata registrata.

(16 mag 18) NOZZE E DIVORZI IN ARTSAKH – L’Ufficio di registrazione degli atti civili informa che nel primo quadrimestre del 2018 sono diminuite le nozze rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono stati registrati 217 matrimoni contro i 231 del 2017. In calo anche i divorzi passati da 75 a 70.

(15 mag 18) MAMMADYAROV, PRONTI A NEGOZIATI INTENSIVI – Il ministro degli Esteri dell’Azerbaigian, Elmar Mammdyarov, nel corso di un incontro a Parigi con i co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce,  ha espresso la disponibilità di Baku nel proseguimento dei negoziati in maniera intensiva anche tenendo conto del completamento dei processi elettorali in Azerbaigian e in Armenia. Durante l’incontro sono state discusse a fondo le misure pianificate dai co-presidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE per far avanzare il processo negoziale.

(15 mag 18) IN AUMENTO LE NASCITE IN ARTSAKH – Nei primi quattro mesi dell’anno sono state registrate 719 nascite in Artsakh contro le 709 dello stesso periodo del 2017. 293 (contro 290) i parti a Stepanakert mentre la regione più prolifica è quella di Martuni con 109 nascite contro le 87 dell’anno passato.

(14 mag 18) ESERCITAZIONI MILITARI CONGIUNTE – Esercitazioni militari tattiche sono state condotte oggi in Karabakh nell’ambito del programma di cooperazione militare tra i due Stati armeni. Le manovre sono stati seguite da Movses Hakobyan, capo dello stato maggiore delle forze armate dell’Armenia, e dal comandante della difesa e dell’esercito della difesa del Nagorno Karabakh, Levon Mnatsakanyan.

(14 mag 18) GRAVE SOLDATO FERITO DA FUOCO AZERO – Il sergente Shamkhal Petrosyan  è rimasto gravemente ferito nella tarda serata di ieri da un colpo di cecchino azero. Operato all’addome versa in serie condizioni. La grave violazione azera è avvenuta in località non precisata della linea di contatto intorno alle 22,30 di domenica.

(9 mag 18) INAUGURATO A SHUSHI IL MUSEO DEL DRAM – Un nuovo museo arricchisce il patrimonio di Shushi. Oggi alla presenza del Capo dello Stato, del Primo ministro dell’Armenia e delle principali autorità della repubblica è stato inaugurato il museo del dram realizzato in collaborazione con la Banca centrale di Armenia. Il museo presenta banconote e monete armene di diverse epoche, dai regni armeni sino all’impero russo e all’Unione Sovietica, oltre a tutte le emissioni moderne di dram. Nel museo viene data grande importanza alla parte della mostra dedicata all’Artsakh, dove sono state ritrovate monete nella città di Tigranakert, monete d’argento del 18° secolo a Shushi. Sono presenti anche monete commemorative emesse dalla Banca centrale dell’Armenia in diversi anni e dedicate all’Artsakh.

(9 mag 18) CERIMONIE A STEPANAKERT E SHUSHI – Solenni manifestazioni si sono svolte nella capitale e a Shushi per celebrare gli anniversari del 9 maggio. Presente in Artsakh anche il nuovo Primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan che ha altresì inviato un messaggio alla nazione. Anche il terzo presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, ha indirizzato un messaggio di saluto e congratulazioni all’Artsakh.

(9 mag 18) MESSAGGIO DEL PRESIDENTE PER LA FESTA DEL 9 MAGGIO– Il presidente della repubblica Bako Sahakyan ha rivolto il seguente messaggio in occasione delle celebrazioni del 9 maggio: «Cari compatrioti, cari veterani della Grande guerra patriottica (la Seconda guerra mondiale, NdR) e della guerra di liberazione dell’Artsakh; rispettati generali, ufficiali e soldati dell’esercito di difesa,a nome delle autorità della repubblica e mio personale mi congratulo con voi per la festa della vittoria, il 26° anniversario della nascita dell’esercito di difesa del Nagorno Karabakh e della liberazione di Shushi. Il 9 maggio è stato a lungo il simbolo delle vittorie del nostro popolo eroico. La storia ha dimostrato più di una volta che in periodi diversi, durante le traversie subite dalla nostra Patria, siamo riusciti a unire e proteggere i nostri interessi nazionali, case e focolari, famiglie e bambini. Il nostro popolo è riuscito a farlo grazie al loro coraggio e bravura, all’infinito amore e devozione alla Madrepatria, alla loro unità e alla volontà incrollabile. Ricordiamo sempre l’impresa dei nostri eroi padri e nonni nella Grande Guerra Patriottica, siamo stati educati dal loro esempio e, ispirati anche da questo stesso esempio, abbiamo liberato Shushi, gli antichi insediamenti armeni e costruito una statualità libera e indipendente. La generazione dell’indipendenza oggi continua le tradizioni eroiche del nostro popolo; continua con dignità e sicurezza arricchendo le pagine vittoriose della nostra storia. Cari compatrioti, in questo giorno festivo mi congratulo con tutte le nostre sorelle e fratelli dell’Artsakh, con la Madre Armenia e la Diaspora. Lasciamo che le vittorie a maggio siano un punto di riferimento per il nostro popolo e portino a nuovi traguardi e risultati. Auguro a tutti noi la pace, il benessere e tutto il meglio

(8 mag 18) PASHINYAN SUBITO IN ARTSAKH – A meno di 24 ore dalla sua elezione il nuovo Primo Ministro dell’Armenia ha deciso di recarsi in Artsakh. sarà domani a Stepanakert per partecipare alle cerimonie che ricordano la liberazione di Shushi oltre che la fine della Seconda guerra mondiale nel 1945 e la nascita della Esercito di Difesa dell’Artsakh ventisei anni fa.

(8 mag 18) MESSAGGIO DI SAHAKYAN AL NUOVO PREMIER DELL’ARMENIA – Il presidente della repubblica dell’Artsakh ha inviato oggi un messaggio di congratulazioni al nuovo Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan: «A nome del popolo, delle autorità della Repubblica di Artsakh e mio personale, Le porgo le mie congratulazioni  per essere stato eletto per la posizione alta e responsabile di Primo Ministro della Repubblica d’Armenia. Spero che il governo da Lei formato continui a fare tutto il possibile per sviluppare lo stato indipendente armeno, rafforzare la capacità di difesa della repubblica, elevare gli standard di vita delle persone, espandere e approfondire la cooperazione tra le due repubbliche armene e la triade Armenia-Artsakh-Diaspora. Ancora una volta mi congratulo con Lei e desidero la pace, una salute solida e grandi successi a beneficio della nostra Patria e del popolo armeno.»

(3 mag 18) MONITORAGGIO OSCE – Un’osservazione lungo la linea di contatto è stata compiuta oggi da delegazioni dell’Osce all’altezza del villaggio di Talish (Regione di Martakert). Nessuna violazione è stata registrata.

(3 mag 18) SAHAKYAN A MARTUNI -Il presidente Sahakyan si è recato oggi in visita a Martuni dove ha incontrato le autorità locali. Lo ha accompagnato il ministro della Difesa Levon Mnatsakanyan con il quale ha poi raggiunto la linea di contatto con l’Azerbaigian.

(2 mag 18) RIUNITO CONSIGLIO DIFESA – Il Capo dello Stato Bako Sahakyan ha presieduto oggi il Consiglio supremo della Difesa. Fra i diversi argomenti all’ordine del giorno c’era ovviamente la situazione lungo la linea di contatto con l’Azerbaigian. Il ministro della Difesa Levon Mnatsakanyan e altri funzionari responsabili hanno consegnato i relativi rapporti al presidente della repubblica.

(2 mag 18) PROSEGUE VISITA DELEGA SUD OSSETA – Il ministro degli Esteri della repubblica dell’Ossezia del Sud ha incontrato oggi a Stepanakert il Ministro di Stato Arayik Harutyunyan.

 (1 mag 18) NUOVI MOVIMENTI AZERI LUNGO LINEA DI CONTATTO – Il ministero della Difesa dell’Artsakh ha registrato nuovi movimenti di truppe e armamenti azeri lungo la linea di contatto. Un video che mostra carri armati e veicoli trasporto truppe è stato diffuso alla stampa. In una nota si precisa che comunque la situazione si è mantenuta calma durante il fine settimana e che in ogni caso tutti gli spostamenti sono attentemente monitorati dall’Esercito di difesa dell’Artsakh.

 

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI APRILE

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI MARZO

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI FEBBRAIO

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI GENNAIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: La Stampa  del 23 aprile 2018,  di Laura Mirakian

link articolo

 

Due fatti marcano la storia contemporanea degli armeni. Il Genocidio del 1915-22 e il Nagorno-Karabakh. Il genocidio è commemorato in un grande monumento che si erge al centro della capitale Yerevan, meta dei pellegrinaggi della diaspora. Tutto iniziò il 24 aprile 1915, con la decimazione dell’intellighenzia armena. Ho scritto una frase nel libro d’onore posto sui bordi, in ricordo di mio padre che si salvò dai massacri gettandosi, giovanissimo, nelle acque gelide del golfo di Smirne. Era il novembre del 1922. Ho sperato nella normalizzazione dei rapporti Armenia-Turchia che Erdogan aveva abbozzato negli ultimi anni 2000 all’insegna del proposito «zero problems with neighbourhood». Perché, a prescindere dal retro-pensiero turco che probabilmente ispirava questo approccio, la riscoperta di una «identità ottomana», solo quella normalizzazione potrebbe portare al riconoscimento di una verità storica troppo dolorosa per entrambe le parti. Non è stato così, il processo si è interrotto. Le condizioni sono cambiate.

Il Nagorno-Karabakh è una splendida terra verde che farebbe invidia a molti ecologisti. Montagne innevate, foreste percorse da acque purissime, valli boscose. Una terra remota in un angolo di Caucaso, pressoché sconosciuta al largo pubblico europeo. «Capitale», Stepanakert. Le virgolette sono d’obbligo perché il Nagorno Karabakh – Artsakh in armeno – non è uno Stato, è una regione contesa dell’Azerbaigian, da quando l’Unione Sovietica si dissolse lasciando intatti i confini delle ex Repubbliche caucasiche. Includendovi un territorio di tradizionale insediamento armeno, abitato per oltre il 90% da armeni. Quasi subito, nel settembre 1991, essi votano la secessione e si dichiarano indipendenti.

L’immediata repressione azera chiama in causa l’Armenia ed inizia una sanguinosa guerra tra Yerevan e Baku che dura fino al cessate-il-fuoco firmato a Biskek (Kirghizistan) nel 1994. Una Risoluzione dell’Onu investe l’Osce, organizzazione regionale di riferimento, della gestione del conflitto. L’italiano Raffaelli, allora sottosegretario agli Esteri, assume la prima presidenza del cosiddetto Gruppo di Minsk, cui partecipano fra gli altri Russia e Turchia. Negli anni, subentra una presidenza tripartita, Russia, Stati Uniti, Francia. E lo scenario diventa quello che in gergo diplomatico si chiama «conflitto congelato», ma che congelato non è. Perché episodi di scontro armato si ripetono lungo le linee di contatto (i 4 giorni di guerra del 2016), così come gli atti di violenza, e l’occupazione armena nei sette distretti azeri circostanti. A guardar bene, il conflitto esiste da secoli. I sovietici attribuirono al territorio lo status di «oblast autonomo» e a più riprese dovettero intervenire per dividere i contendenti. Il contrasto si fece più aspro a misura dell’indebolimento dell’Unione Sovietica, nel 1988 Mosca impose a Baku scuole e stampa in lingua armena, e nel 1990 assunse il controllo diretto della regione.

In una recente intervista su queste pagine, il presidente armeno Serzh Sarghsyan definisce il Nagorno Karabakh una questione «imprescindibile». Perché così imprescindibile? Non solo, o non tanto, per la presenza decisamente maggioritaria di armeni, ma perché essi sono i testimoni di un passato orgogliosamente vissuto, fino ad oggi. Il Nagorno Karabakh è considerato la culla dell’identità armeno-cristiana. Il cristianesimo armeno risale al primo secolo dell’era moderna e diventa religione di Stato nel terzo secolo, la prima chiesa nazionale al mondo. Sappiamo quanto lunga possa essere la memoria dei popoli. E quanto difficile sia individuare soluzioni eque quando sia in questione l’identità di una nazione. Abbiamo un altro caso nelle vicinanze, il Kosovo. Anche qui, sebbene la maggioranza degli abitanti sia diventata nei secoli albanese, la regione è stata consegnata alla storia come centro originario dell’identità serbo-ortodossa, splendidi antichi monasteri lo ricordano.

La battaglia di Kosovo Polje, una clamorosa sconfitta serba che aprì la strada all’avanzata ottomana verso Vienna, risale al 1389 ma è piantata come un pilastro nella memoria serba. Riemersa in tutta drammaticità durante l’ultima fase delle guerre balcaniche che portò al bombardamento Nato della Serbia, ne registriamo gli echi ancor oggi. L’identità non si può evidentemente sradicare dai popoli, che hanno tutto il diritto di preservarla, ma occorrerebbe governarla. Per farne ragione di incontro e non di contrapposizione, in nome di valori altrettanto sacrosanti, il rispetto reciproco e la civile convivenza. Più oltre, occorrerebbe riscoprire il valore della diversità. Non solo nel Caucaso, in qualsiasi altro luogo del mondo. Mille sono gli esempi nella storia dei benefici della cross-fertilization per tutti i popoli coinvolti. Tanto più che, come per «la Nave di Teseo», nulla rimane immutato nel tempo, e ogni identità acquista pezzi di altre identità, nella vicenda umana dei contatti tra le genti.

Fonte: La Stampa  del 6 aprile 2018,  di Francesco Semprini

link articolo

 

Nel Nagorno Karabakh in guerra per l’indipendenza: «L’Italia ci aiuti»

MARTUNI (CONFINE ARMENIA-AZERBAIJAN)
Il rintocco della campana echeggia tra i rilievi imbruniti che incoronano Dadivank. A circa 1900 metri di altitudine, il monastero dedicato alla Madre di Dio e a Santo Stepank resiste dal 1170 ai rigidi inverni e alle minacce jihadiste, simbolo senza tempo dell’orgoglio e della resistenza del popolo del Nagorno Karabakh.

Le liturgie della Chiesa apostolica armena per la ricorrenza pasquale fanno dimenticare tutto questo, almeno per qualche ora. «È la prima volta che celebriamo la Resurrezione con le autorità del Nagorno qui a Dadivank», spiega il vescovo Pargev Madirosyan. Al monastero sono giunti il presidente dell’Arzach, Baku Sahakian, assieme a centinaia di persone, che hanno allestito banchetti con cibarie e la griglia per il capretto. Dadivank è a circa tre ore di auto da Erevan, le capitale armena a cui è collegata da una strada che costeggia Monte Ararat e Lago Sevan per poi inerpicarsi sulle alture dove l’unico punto di riferimento è la frontiera in stile sovietico. «Dialogare con gli azeri? – prosegue l’alto prelato -. Abbiamo rapporti col loro leader religioso, ci siamo incontrati otto o nove volte, aiutiamo la politica e la pace, ma sull’indipendenza non si transige». L’indipendenza dell’Arzach è un mantra per il suo popolo – circa 200 mila anime – sin dalla tenera età, bambini e giovani sognano di fare i poliziotti o i soldati e combattere per il loro Paese. Questa gente del resto si sente assediata, come spiega il ministro della Difesa del Nagorno, Levon Mnatsakanyan: «Ci sono jihadisti di ritorno dalla Siria che stanno ingrossando le fila azere sulla linea di confine». Non è una novità che gli stranieri si schierino con le forze di Baku, rivela il presidente, il quale denuncia anche «l’occulta regia turca».

«Anche durante la prima guerra molti stranieri, tra cui gli afghani di Hekmatyar, sono venuti qui. Oggi accade lo stesso». Sahakian ci invita a mangiare l’agnello nella sua tenda: il profumo è sublime, il sapore di più. Gli domandiamo perché nessun Paese abbia riconosciuto l’indipendenza dell’Arzach: «Vogliono presentare questo conflitto come una guerra di religione, nulla di più sbagliato. Noi combattiamo contro i terroristi». Il pensiero va poi all’Italia, presidente di turno dell’Osce che, attraverso il gruppo di Minsk, è preposta a dirimere il contenzioso del Nagorno. «Ci aspettiamo molto dall’Italia, innanzitutto una visita qui. Ogni volta che c’è un nuovo presidente viene nella regione, ma non nell’Arzach, è ridicolo visto che l’obiettivo è affrontare il problema del conflitto». Chiede poi che venga riconosciuto il loro ruolo di bastione della sicurezza di tutto l’Occidente e, ovviamente, lo status di Paese indipendente. «Abbiamo creato uno Stato democratico e una società civile, vogliamo essere parte integrante dell’Occidente, la nostra gente, le nostre lotte, i nostri martiri hanno spianato la strada al riconoscimento». I martiri appunto, di quella che da alcuni viene soprannominata la «Catalogna del Caucaso». Ma che rispetto alla regione spagnola di sangue ne ha versato tanto, soprattutto sulla linea di confine. È lì che ci dirigiamo insieme con le brigate del Nagorno. La guida è il capitano Gegham, uno dei pochi militari a parlare inglese e con una passione per Adriano Celentano. Dopo aver lasciato Stepanakert, attraversiamo Martuni e ci fermiamo nella base avanzata orientale, dove di stanza ci sono molte donne in mimetica. La marcia riprende su mulattiere dal fondo fangoso, fino alla prima linea, davanti alla terra di nessuno e sotto il tiro dei cecchini azeri.

Il fortino sembra una trincea della Prima guerra mondiale, come del resto il conflitto a bassa intensità che si trascina da un quarto di secolo. Il capitano Armen ha 25 anni, è sposato: il 2 aprile del 2016 era a difendere la posizione qui, sulla loro «linea del Piave»: «Gli azeri ci hanno aggredito noi abbiamo resistito, i combattimenti sono durati 4 o 5 giorni, non abbiamo avuto perdite in questa postazione, probabilmente abbiamo causato perdite al nemico. Alla fine li abbiamo respinti». Se dovesse accadere di nuovo? «Indosso una divisa e sono al fronte, vuol dire che sono pronto anche a morire», dice facendo scorrere la mano sul calcio del suo Seminoff di fabbricazione sovietica. «Vorremmo che la questione si risolvesse pacificamente, ma intanto siamo qui», continua, assicurando che se il nemico dovesse attaccare di nuovo, lui e i suoi uomini sono pronti a fare di questo confine la Caporetto azera.

(pubblicato anche in edizione cartacea, pagg. 1 e 13)

Un insensato attacco militare alla sovranità dell’Artsakh ha causato centinaia di vittime. Tutto per coprire mediaticamente gli scandali finanziari (Panama papers) della famiglia Aliyev.

(30 apr 18) PASHINYAN, PIENO SUPPORTO ALL’ARTSAKH – Il leader dell’opposizione e promotore della ‘rivoluzione di velluto’ Nikol Pashinyan ha ribadito pieno supporto all’autorità dell’Artsakh.«Nel caso dovessi essere eletto Primo Ministro [dell’Armenia], uno dei [miei ] primi passi  sarà quello di familiarizzare con la situazione operativa legata alla sicurezza e prendere le misure necessarie» ha affermato Pashinyan. Alla domanda sulla sua posizione nel conflitto del Karabakh, Nikol Pashinyan ha dichiarato: «La mia posizione non è cambiata. Ho detto durante le interviste con i media internazionali che la posizione dell’Azerbaigian non è costruttiva ma aggressiva. E nel momento in cui vengono fatte dichiarazioni dall’Azerbaigian sulla cattura di Yerevan, allora il nostro compito principale è quello di rafforzare in modo consistente il nostro esercito, rafforzare costantemente la prontezza al combattimento e lo spirito [combattente] dell’esercito, aumentare costantemente l’umore generale della nostra società, e quindi [aumentare] la capacità di difesa del paese; questo è l’impegno per portare l’Azerbaigian nell’arena costruttiva. [E i] paesi co-presidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE  [Russia, Stati Uniti e Francia] dovrebbero contribuire affinché l’Azerbaigian ponga fine alla sua retorica aggressiva e al suo ritorno all’arena costruttiva».

(29 apr 18) MAYILIAN INCONTRA  COLLEGA SUD OSSEZIA – Il ministro degli Affari Esteri della repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh) ha incontrato oggi a Stepanakert il collega Dmitry Medoyev della repubblica della Sud Ossezia. Nel corso della riunione, le parti hanno discusso le modalità per rafforzare la cooperazione e i legami bilaterali nel quadro del protocollo “Cooperazione e consultazioni” firmato tra i ministeri degli esteri della Repubblica di Artsakh e della Repubblica dell’Ossezia meridionale nel 2001.

(28 apr 18) AUMENTA TENSIONE SULLA LINEA DI CONTATTO – Una nota del ministero della Difesa dell’Artsakh evidenzia una aumento di tensione nell’ultima settimana lungo la linea di contatto con circa 400 violazioni azere del cessate-il-fuoco e oltre 4000 colpi sparati all’indirizzo di postazioni armene.

(27 apr 18) MESSAGGIO DI TRUMP AD ALIYEV – Il presidente degli Stati Uniti ha inviato un messaggio al collega dell’Azerbaigian nel quale, tra l’altro, auspica una risoluzione pacifica del conflitto sul Nagorno Karabakh. In giornata, peraltro, il ministro degli Esteri della Federazione Russa, Lavrov, ha avuto sullo stesso tema una conversazione telefonica con il collega azero Mammadyarov.

(26 apr 18) SAHAKYAN DISCUTE SITUAZIONE IN ARMENIA – Il presidente della repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh, Bako Sahakyan, ha avuto oggi un incontro al quale hanno preso parte il presidente dell’Armenia, Armen Sarkissian e il Catholikos di tutti gli Armeni, Karekin II: Oggetto dell’incontro, tenutosi a Etchmiadzin, la situazione politica in Armenia.

(26 apr 18) ATTREZZATURE SPORTIVE PER LE SCUOLE – Il presidente della Federcalcio armena, Ruben Hayrapetyan, ha consegnato oggi oltre ventiduemila euro di attrezzature sportive destinate a un centinaio di scuole dell’Artsakh

( 25 apr 18) FERITO SOLDATO ARMENO – Un soldato armeno, Martun Herunts, è stato ferito da un colpo di cecchino azero mentre si trovava in una postazione difensiva lungo la linea di contatto. Non sono state rese note le condizioni di salute del soldato.

(25 apr 18) FC ARTSAKH CAMPIONE DI BASKET – Il FC Artsakh è campione di Armenia di basket. Si è imposto nel doppio confronto con l’Artik oggi sconfitto in gara 2 per 98 a 90. Nella regular season la squadra, che gioca sul campo dell’università di Stepanakert, si era classificata al quarto posto.

(24 apr 18) SAHAKYAN INCONTRA PASHINYAN – Il presidente della Repubblica di Artsakh Bako Sahakan si è incontrato a Yerevan con il fondatore del Partito armeno “Accordo civile” Nikol Pashinyan, animatore delle proteste di piazza degli ultimi giorni. La situazione politica interna dell’Armenia è stata toccata durante la riunione. Il presidente Sahakyan ha evidenziato la necessità di risolvere tutte le questioni controverse attraverso il dialogo e all’interno della legge, mantenendo la stabilità nel paese.

(24 apr 18) 103° ANNIVERSARIO GENOCIDIO – Cerimonie commemorative si sono svolte in tutta la repubblica in occasione del 103° anniversario del genocidio armeno. Al memoriale di Stepanakert una gran folla si è radunata per rendere omaggio ai caduti, presenti le massime autorità religiose e civili dell’Artsakh tranne il presidente Sahakyan che ha partecipato alle cerimonie a Yerevan.

(24 apr 18) MESSAGGIO DEL PRESIDENTE SAHAKYAN – «Cari compatrioti, l’anno del 1915 è entrato nella storia del popolo armeno come l’anno del genocidio armeno – il programma malvagio attuato nell’impero ottomano a livello statale. Il 24 aprile tutto il popolo armeno piange e si inchina davanti al sacro ricordo dei martiri del genocidio. È un tributo a 1,5 milioni di nostri compatrioti, bambini innocenti, anziani e donne, lavoratori di cultura e arte, statisti e politici, persone comuni che sono cadute vittime della scimitarra turca solo perché erano armeni. Centinaia di migliaia di persone sono diventate rifugiati che lasciavano le loro case e trovavano riparo in diversi angoli del mondo. Il nostro popolo è riuscito a sopravvivere a questa sanguinosa catastrofe, non solo per sopravvivere, ma anche per costruire nuove case e focolari, sviluppare la propria terra natia e difenderla, celebrando grandi vittorie. Le garanzie di queste vittorie oggi sono le due repubbliche armene libere, indipendenti e sovrane che grazie agli sforzi uniti e alla dedizione delle nostre persone laboriose e creative, le nostre sorelle e fratelli della Diaspora, si stanno costantemente muovendo verso un futuro affidabile. Il genocidio è un duro dolore e una ferita aperta dell’intero popolo armeno, il che ci obbliga ad essere sempre vigili e vigili, a fare tutto il possibile per il continuo sviluppo e rafforzamento dello stato indipendente armeno. Bisogna essere fermi, consolidati e uniti, credere e affidarsi alle nostre forze, considerando interessi e valori nazionali sopra ogni altra cosa. Questo è l’unico modo per i progressi della nostra gente, questa è la lezione più importante del genocidio armeno

(23 apr 18) SAHAKYAN A YEREVAN INCONTRA SARKISSIAN – Il presidente della repubblica di Artsakh ha incontrato a Yerevan il nuovo presidente dell’Armenia, Armen Sarkissian, con il quale ha partecipato a una riunione incentrata sull’attuale situazione politica. Erano presenti anche il Catholikos di Tutti gli Armeni, Karekin II, il vice Primo ministro Karapetyan e il Primo ministro (poi dimissionario) Serzh Sargsyan.

(22 apr 18) MINISTRO DIFESA VISITA POSTAZIONI – Il comandante dell’esercito di difesa dell’Artsakh nonché ministro della Difea, gen. Mnatsakanyan, ha visitato oggi diverse postazioni lungo la linea di contatto nel settore orientale. Il generale ha tra l’altro dichiarato alla stampa, riguardo l’attività azera di questi ultimi giorni, che «ora ci sono movimenti di diversa natura, più di carri armati e veicoli da combattimento di fanteria. Inoltre, i movimenti sono in direzioni diverse, piuttosto che uno. Seguiamo le loro azioni e faremo tutto in caso di necessità. Ancora una volta tengono esercitazioni militari dall’inizio di aprile, questo è collegato con alcune occasioni

(21 apr 18) RIPETUTE VIOLAZIONI AZERE NELLA GIORNATA – Dalle 14:35 di oggi 21 aprile, l’Azerbaigian viola intensamente il regime di cessate il fuoco con  armi di diverso calibro sulla linea di contatto tra Artsakh e le forze avversarie dell’Azerbaigian. Come riportato dal servizio stampa dell’esercito di difesa, in diverse parti della linea di contatto, in particolare nelle regioni est e sud-est, si notano movimenti attivi delle forze vive dell’esercito dell’Azerbaigian e delle attrezzature militari. Sottodivisioni di frontiera dell’esercito di difesa seguono attentamente le azioni del nemico e, in caso di necessità, intraprendono azioni appropriate in base alla situazione, ha dichiarato l’annuncio.

(21 apr 18) MESSAGGIO DEL PRESIDENTE SAHAKYAN SULLA SITUAZIONE IN ARMENIA – «In questi giorni l’attenzione dell’intera nazione armena si concentra sugli eventi che si svolgono a Yerevan e in alcune città della Repubblica dell’Armenia, mentre Artsakh non può essere indifferente agli sviluppi in corso in Madre Armenia e LI segue con attenzione. Per la nostra Patria, situata in un complicato contesto geopolitico e minacciata dal nemico insidioso, ogni tentativo di destabilizzare, minare la coesione interna è pericoloso e gravido delle peggiori conseguenze che incideranno sulla sicurezza, sulla capacità di difesa e sulla situazione attuale lungo i confini. Ogni cittadino della Repubblica di Armenia ha il diritto di esprimere la propria opinione e visione sul presente e sul futuro del Paese. È un diritto indivisibile sancito dalla Costituzione. Tuttavia, questo diritto dovrebbe essere esercitato solo all’interno della legge, senza mai dimenticare che la stabilità interiore è stata il fattore più importante per la sicurezza dei due stati armeni. Cari compatrioti, chiedo a tutti voi di seguire incondizionatamente la lettera e lo spirito della legge, di risolvere questioni discutibili attraverso il dialogo, di mostrare moderazione e alto livello di responsabilità. Non dobbiamo commettere errori che possano avere conseguenze fatali per il nostro popolo e per lo stato armeno libero e indipendente, che è un valore inestimabile e prezioso per ogni armeno dell’Armenia, dell’Artsakh e della Diaspora

(21 apr 18) DICHIARAZIONE ASSEMBLEA NAZIONALE SU TENSIONE POLITICA IN ARMENIA– I deputati del parlamento dell’Artsakh hanno sottoscritto la seguente dichiarazione congiunta riguardante l’attuale situazione politica in Armenia: «C’è una profonda preoccupazione in Artsakh sugli eventi che si svolgono nella capitale della Repubblica di Armenia, a Yerevan e in altre città. Non è difficile immaginare la forza del sentimento di sostegno che è così richiesto per gli armeni dell’Artsakh e i soldati che difendono il confine. La nostra statualità, che abbiamo trovato a costo di perdite e sacrifici irreversibili è sacra per gli armeni di tutto il mondo. Solo due anni fa, durante la guerra di aprile, abbiamo visto quanto sia fragile la pace ai confini di Artsakh e Armenia, e quanto sia forte il soldato armeno, quando nella retroguardia c’è una società che mette al primo posto la sicurezza della nazione, preservando le fondamenta incrollabili dello stato. La causa di profonda preoccupazione sono gli sviluppi con estreme manifestazioni di tensione, che minacciano i fondamenti essenziali della sicurezza nazionale: la stabilità interna e la capacità di difesa dello stato. Grazie alla sua prudenza e unità, la nostra nazione è sempre riuscita a superare adeguatamente le sfide. Le forze politiche dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh, facendo affidamento sulla saggezza e la lungimiranza del popolo armeno, invitano ad astenersi da misure che aggravino la situazione e a raggiungere una soluzione pacifica della situazione attuale attraverso la legalità e il dialogo, in nome di la pace nella patria e la solidarietà nazionale.» I seguenti partiti hanno firmato sotto la dichiarazione: Libera patria, Federazione Rivoluzionaria Armena, Partito democratico dell’Artsakh, Movimento-88.

(18 apr 18) SCOPPIO MINA, MORTO SERGENTE – Il sergente Ruslan Manukyan è deceduto ogi a causa dello scoppio di una mina. Non è stata riferita la località del tragico incidente sul quale è stata aperta un’inchiesta. Al caduto è stata conferita la decorazione postuma “per servizio, in battaglia” dal presidente della repubblica.

(18 apr 18) MONITORAGIO OSCE – Funzionari dell’Osce hanno compiuto oggi un monitoraggio lungo la linea di contatto tra Artsakh e Azerbaigian. L’osservazione, che non ha rilevato incidenti, si è svolta nel settore sud orientale all’altezza della regione di Hadrut.

(17 apr 18) AMB. KASPRZYK IN ARTSAKH – Il rappresentante speciale del Presidente dell’Osce in carica, amb. Andrzej Kasprzyk, è nella repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh dove oggi ha incontrato il ministro della Difesa, quello degli Affari Esteri e il presidente Sahakyan. Al centro dei colloqui la situazione lungo la linea di contatto con l’Azerbaigian.

(16 apr 18) CROCE ROSSA – Delegazioni del Comitato internazionale della Croce Rossa hanno visitato gli armeni e gli azeri detenuti in Azerbaigian e Artsakh. Al momento figurano tre azeri (Elnur Huseynzade e i condannati Dilham Askerov e Shakhbaz Guliyev) e due armeni (Arsen Baghdasaryan e Zaven Karaeptayn, quest’ultimo con problemi mentali).

(16 apr 18) ALTRA VITTIMA LUNGO LINEA DI CONTATTO – Alek Manukyan, venti anni, è deceduto a seguito di un colpo di arma da fuoco mentre si trovava in una postazione lungo la linea di contatto. Non sono stati forniti particolari sul fatto.

(9 apr 18) UCCISO GIOVANE SOLDATO ARMENO – Dopo un periodo di relativa calma i cecchini azeri tornano a uccidere. Il ventenne Narek Harutyunyan è stato mortalmente colpito alle ore 14,20 locali in località non precisata lungo la linea di contatto nel settore sud orientale. Non sono stati resi noti al momento ulteriori dettagli da parte del ministero della Difesa dell’Artsakh.

(9 apr 18) PRESIDENTE SAHAKYAN A YEREVAN – Il presidente della repubblica di Artsakh, Bako Sahakyan è a Yerevan per assistere alla cerimonia di inizio mandato del nuovo presidente della repubblica di Armenia, Armen Sarkissian.

(6 APR 18) SARGSYAN, ARMENIA IN LINEA CON IL GRUPPO DI MINSK – Nel corso della sua visita in Italia e Santa Sede il presidente dell’Armenia Sargsyan ha oggi incontrato il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico con il quale si è intrattenuto riguardo le relazioni fra i due Paesi. Sargsyan ha anche presentato a Fico gli ultimi sviluppi e l’approccio della parte armena sul conflitto, confermando che gli stessi sono in linea con i principi e gli approcci del Gruppo di Minsk dell’OSCE.

(6 apr 18) MATTARELLA,  RISOLUZIONE PACIFICA DEL CONFLITTO – Il presidente della repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha ricevuto il presidente della repubblica di Armenia Serzh Sargsyan. Nel corso del colloquio è stato toccato anche il tema del conflitto del Nagorno Karabakh. Il presidente Sargsyan ha detto che l’Armenia appoggia le priorità della presidenza italiana 2018 nell’OSCE e attribuisce importanza all’approccio equilibrato dell’Italia in linea con i principi dell’OSCE per quanto riguarda la risoluzione del conflitto, nonché il sostegno agli sforzi e alle iniziative dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE e approcci. Il Presidente dell’Italia ha preso atto che il suo paese sostiene gli sforzi del Gruppo di Minsk dell’OSCE volti a risolvere pacificamente il conflitto e non discuterà altri tipi di negoziati, esprimendo la speranza che l’organizzazione insieme alle parti in conflitto troverà la giusta soluzione, e il il conflitto sarà risolto attraverso reciproche concessioni il più presto possibile. Ha detto che una delle priorità della Presidenza italiana in seno all’OSCE è la soluzione di conflitti prolungati.

(4 apr 18) GEMELLAGGIO MARTUNI CON COMUNE FRANCESE – Il sindaco di Martuni ha firmato oggi con la collega Nathalie Nieson, il protocollo di gemellaggio con la città francese di Bourg-de-Péage, comune di circa diecimila abitanti nella regione Alvernia-Rodano-Alpi.

(4 apr 18) MEDICI DALLA FRANCIA – Una equipe di medici francesi aderenti all’associazione “Hay-med” è a Stepanakert per svolgere visite e interventi gratuiti. si tratta di un laringoiatra, di un otorino, di un urologo, di un endocrinologo e di un anestesista che presteranno la loro opera presso l’ Artsakh republican medical center della capitale. Grazie all’iniziativa in collaborazione con il ministero della Salute, sono state pianificate circa 45 operazioni fino al 6 aprile.

(3 apr 18) BOXE JUNIOR, TRE MEDAGLIE IN ARTSAKH – Ai campionati armeni di boxe junior, disputati a Yerevan, tre dei cinque atleti componenti la delegazione di atleti dell’Artsakh hanno conquistato medaglie. Manvel Petrosyan ha vinto nella sua categoria ed è stato inserito nella squadra nazionale armena.

(3 apr 18) GHOULYAN IN FRANCIA – Il presidente dell’Assemblea nazionale, Ashot Ghoulyan, è da oggi in Francia per una serie di incontri con istituzioni territoriali e  con la comunità armena transalpina. Della delegazione fa parte anche il sindaco di Martuni nonché il deputato Arthur Tovmasyan a capo del partito ‘Madre Patria’.

(1 apr 18) PRESIDENTE A DADIVANK PER LA PASQUA – Il presidente della repubblica, Bako Sahakyan. si è recato oggi in visita nel monastero di Dadivank dove ha partecipato alla Divina liturgia pasquale. Era presente il primate della diocesi dell’Artsakh, arcivescovo Pargev Martirosyan, e il Ministro di Stato Arayik Haroutyunyan.

 

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI MARZO

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI FEBBRAIO

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI GENNAIO

LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI DICEMBRE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In un’intervista il presidente della repubblica dell’Artsakh rinnova l’importanza della diretta partecipazione del suo Stato ai negoziati. Un invito ai profughi azeri.

In occasione della visita a Washington del presidente Sahakyan, l’ex ambasciatore USA in Armenia, John Evans, ha pubblicato un interessante articolo sul magazine “National interest” che qui riprendiamo nella traduzione italiana

Fonte: Eastwest.eu  del 6 marzo 18,  di Valentina Brini

link articolo

 

Lo chiamano “conflitto congelato”, ma 30 anni dopo il primo strappo dall’Azerbaijan, una logorante guerra di trincea continua a uccidere nell’autoproclamata repubblica del Caucaso. Fin qui Bruxelles le ha voltato le spalle, ma complice l’avvicinamento con l’Armenia, qualcosa ora si muove

Bruxelles – L’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh (Nkr) è la sola a parlare di sé stessa, avvolta nel silenzio degli altri, Unione Europea compresa. Un nome lontano, un fazzoletto di terra stretto tra due ex repubbliche sovietiche, Armenia e Azerbaijan dove dal 1994 – al termine di un conflitto iniziato nel 1988 e costato la vita a circa 30mila persone – continuano a morire militari e civili sul fronte di una logorante guerra di trincea. E con poco clamore, tranne durante le fiammate più intense alla “linea di contatto “ che separa Nagorno e Azerbaijan, come la “guerra dei quattro giorni”, che ad aprile 2016 uccise circa 350 persone. Ma anche in quel caso, l’attenzione per il conflitto generò solo appelli alla distensione o poco più. Poco per un’area geografica, quella caucasica, che ha un rapporto di partenariato con l’Ue ma che, nel frattempo, resta nell’orbita di Mosca.

Sono passati trent’anni dalla “giornata della rinascita dell’Artsakh” (o movimento Karabakh), la corrente popolare armena votata al passaggio del Nagorno dalla giurisdizione azera a quella armena e, quindi, alla sua indipendenza. “Se avessimo perduto l’Artsakh, avremmo voltato l’ultima pagina della storia armena” ha scritto il 20 febbraio, nel giorno del trentennale del movimento, il presidente armeno Serzh Sargsyan. Ma da allora il rumore sordo del fuoco dell’artiglieria non è mai cessato del tutto.

La paralisi della Ue

Il conflitto post-sovietico è oggi una sorta di altra Crimea da cui la Ue fugge lo sguardo. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) – il ministero degli Esteri europeo – si dichiara incompetente sulla faccenda e limita il suo contributo al finanziamento di alcune Ong – sotto l’egida denominata Epnk – e al sostegno del gruppo di Minsk, creato nel 1992 dall’Osce per cercare di risolvere la questione attraverso vie diplomatiche e presieduto da Russia, Stati Uniti e Francia. Tentativo che si può definire fallito.

«Non c’è una soluzione militare», ha detto a febbraio l’Alto rappresentante della Ue Federica Mogherini. «La ripresa del dialogo di alto livello a Vienna, San Pietroburgo e Ginevra è uno sviluppo importante», ha sottolineato, facendo appello affinché le parti «intensifichino i negoziati e riducano la tensione sulla linea di contatto». «Crediamo che lo status quo sia insostenibile. Serve una soluzione politica, in accordo con il diritto internazionale», ha aggiunto. Di proposte concrete, però, nemmeno l’ombra.

Accordi diversi

Finora, infatti, la Ue ha trattato separatamente con Armenia e Azerbaijan, su un piano diverso, parlando pubblicamente di rado della questione. Il corteggiamento degli azeri, che da tempo si sono sganciati da Mosca, nei confronti dell’Europa non è una novità. Eppure, l’unica firma per una collaborazione rafforzata e comprensiva (Cepa), in particolare nei settori dell’ambiente e del commercio, a Bruxelles è arrivata solamente con l’Armenia, nel corso dell’ultimo summit sul partenariato orientale, lo scorso novembre.

Un’intesa che significa, per la Ue, aprire nuove opportunità commerciali con Erevan. Cosa che non è stato possibile garantire all’Azerbaijan – “buoni progressi” sul negoziato, recitava la sterile nota finale del summit – con cui Bruxelles non è nemmeno riuscita a finalizzare gli accordi per un’area comune per l’aviazione civile. “Esportare stabilità o importare instabilità” è il mantra della politica di allargamento europea, da estendere anche al partenariato orientale. Per esportare stabilità, però, non è utile la paralisi di Bruxelles sul Nagorno-Karabakh – rintracciabile anche in altre questioni come il riconoscimento del Kosovo nei Balcani occidentali, che ha vissuto un’accelerazione solamente nell’ultimo anno –.

Giustizia storica, agire sulla linea di contatto

Un senso di giustizia storica è invece ciò che serve davvero al popolo del Nagorno-Karabakh per conquistare la pace. Il giornalista ceco Jaromir Stetina, presente sul territorio durante il conflitto del 1988-1992, non si tira indietro e lo ha detto apertamente di fronte al Parlamento europeo il 28 febbraio scorso, nel corso di una conferenza sul conflitto organizzata dalle associazioni Amici europei dell’Armenia e Unione di benevolenza generale Armenia Europa.

«Sostenere le attività di sminamento nella regione, uno dei territori con più mine al mondo, e monitorare il rispetto dei diritti umani nell’area è il minimo» ha detto il chirurgo militare Eleni Theocharous, di origine cipriota, che come Stetina ha vissuto il conflitto. Finora, a rimuovere le mine nel Nagorno è stata l’Ong britannica Halo Trust, finanziata principalmente da privati. All’Ue, ricordano le associazioni, basterebbero 3,5 milioni di euro per completare l’opera anti-mine.

Se dal Seae si leva solo il silenzio, a lasciare speranze di eco alla voce di Bruxelles ci provano alcuni eurodeputati. «Coinvolgere direttamente il Nagorno-Karabakh al tavolo dei negoziati con Armenia e Azerbaijan è un modo per ottenere qualcosa» hanno detto Frank Engel e Lars Adaktusson, del Partito popolare europeo. Partire, insomma, dalla linea di contatto. Quella linea che è Nagorno. Un ossimoro, forse, che potrebbe però tramutarsi in un’apertura, unica via di fuga europea nell’area caucasica per esportare la tanto proclamata stabilità.

E allora ecco spuntare il modello del dialogo tra Belgrado e Pristina: una trattativa che Bruxelles ha intrapreso per i Balcani e dovrebbe seguire in un’area della medesima importanza per gli equilibri geo-politici e, più semplicemente, per la vita dei civili. Dieci le proposte concrete per superare la paralisi: da uno spazio destinato agli scambi tra la società civile azera e armena, a incontri frequenti delle Ong sia a Erevan che a Baku. E poi, ancora, programmi su salute, servizi di base e istruzione a sostegno delle comunità colpite dal conflitto su entrambi i lati della linea di contatto, attività di monitoraggio per i diritti umani, impatto sulle giovani generazioni.

Gli abitanti della regione sono gli unici su cui fare leva, assicura la giornalista di origini armene-bulgare, Tsvetana Paskaleva: «Le persone di Nagorno-Karabakh vogliono essere parte di questo mondo, io sono orgogliosa di conoscerli e so che loro sono pronti per essere riconosciuti».

Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso  del 1 marzo 18,  di Aleksey S. Antimonov

link articolo

 

Da trent’anni, al confine tra Nagorno-Karabakh e Azerbaijan rieccheggiano fitte sparatorie: il rumore incessante del più antico “conflitto congelato” nell’ex Unione Sovietica. Tuttavia, per coloro che vivono nel Nagorno-Karabakh, da quando è stato firmato il cessate il fuoco del 1994, questo confine è sembrato andare sempre più lontano, quasi fino a svanire dall’orizzonte della rilevanza.

Gegham Baghdasaryan, a capo del Karabakh Press Club, ha illustrato questa situazione in un aneddoto raccontato a OC Media: anni fa, in una conferenza internazionale, fu chiamata a parlare una giovane donna armena del Karabakh. Alla domanda sul rapporto tra Nagorno-Karabakh e Azerbaijan, rispose: “Qual è il mio rapporto con l’Azerbaijan? Non esiste. Voglio solo essere lasciata in pace”.

Questa opinione è condivisa da molti in Karabakh. Un giovane sui venticinque anni ha detto che gli eventi di aprile gli avevano “aperto gli occhi” rispetto al “vero pericolo” rappresentato dall’Azerbaijan. Per lui e altri giovani, il cessate il fuoco era l’unica realtà conosciuta, e la retorica bellicosa e il lento, costante dribbling di morte sul confine erano diventati un rumore di fondo, fisso e permanente come le colline e il cielo.

Dagli scontri di aprile 2016 – quattro giorni di feroci combattimenti conclusi con oltre un centinaio di vittime e l’occupazione da parte dell’Azerbaijan di diverse posizioni chiave precedentemente controllate dalle forze armene – il conflitto ha assunto un’acuta immediatezza. Lo shock iniziale per la popolazione del Karabakh si è trasformato in rabbia sia verso l’Azerbaijan che verso la perdita di un senso di normalità.

Alcuni anni fa, le fiammate nel conflitto prolungato avrebbero potuto essere viste sia dagli abitanti che dai politici come eccezionali, ma questa recente violenta eruzione sembra aver consolidato nelle loro menti la sensazione che, piuttosto che un’eccezione, la guerra sia il normale stato di cose, e che gli interessi militari debbano circoscrivere e sommergere tutti gli altri.

Ricostruzione

La guerra del Karabakh è durata dal 1988 al 1994. Ha causato oltre 30.000 vittime, quasi un milione di sfollati e la completa devastazione di economia e infrastrutture. La regione ha subito danni per 5 miliardi di dollari (con una popolazione di soli 140.000 abitanti), ulteriormente aggravati dalla deindustrializzazione seguita al crollo dell’URSS.

Tuttavia, il Nagorno-Karabakh è sopravvissuto ed è stato ricostruito, con il sostanzioso aiuto dell’Armenia e le donazioni della diaspora armena. Nel 2007 ha avuto il tasso di crescita del Pil più alto della regione, tra il 10% e il 15% all’anno. Inoltre, a differenza dell’Armenia, non ha sofferto di calo demografico, con una crescita della popolazione del 10% tra il 2005 e i giorni nostri.

Questo letterale “risorgere dalle ceneri” è più evidente nella capitale del Karabakh, Stepanakert, che nel resto della regione. Da città bombardata con più di una rassomiglianza con la Sarajevo del dopoguerra, negli ultimi anni si è trasformata in un vivace centro urbano, con viali ben pavimentati, giardini ben curati e una vasta gamma di servizi pubblici.

La tigre caucasica

“All’inizio [lo sviluppo economico del Karabakh] era un’impresa patriottica”, ha dichiarato a OC Media Davit Babayan, portavoce dell’ufficio del presidente del Nagorno-Karabakh. “Ma non può funzionare per sempre”. Babayan sostiene che il motore economico del Karabakh negli ultimi dieci anni è stato l’impegno per un’economia “guidata dal mercato” e che solo creando “condizioni speciali per gli investimenti” lo sviluppo del Karabakh potrà continuare.

Ufficialmente, il Nagorno-Karabakh ha intrapreso un percorso esplicitamente orientato al mercato dal 2007, quando sotto la direzione del neo-eletto presidente Bako Sahayan ha intrapreso riforme economiche (neo)liberali, quali: la dissoluzione del servizio anti-monopolio (con lo slogan “Il mercato troverà la soluzione”), la creazione di una flat-tax per i lavoratori autonomi ($15 al mese) e la riduzione dei regolamenti sulle licenze di costruzione (solo tre giorni per l’approvazione di una nuova licenza). Le riforme hanno comportato anche la privatizzazione di una serie di beni di proprietà statale, in particolare l’azienda idroelettrica regionale.

In congiunzione con i tassi stellari di crescita economica, queste riforme hanno trovato consenso fra le voci liberali nella regione, che hanno persino definito il Karabakh “la tigre caucasica”.

Tuttavia, come le “Tigri asiatiche”, il Karabakh è meno miracolato dal mercato di quanto voglia far credere. Il suo rapido sviluppo è stato possibile solo grazie a importanti interventi governativi sul mercato e, in modo forse ancora più importante, ai continui trasferimenti di fondi dalla Repubblica di Armenia. Questo stato di cose è reso possibile solo dalla posizione geopolitica e ideologica unica del Karabakh.

Il cuore dell’Armenia

Il Nagorno-Karabakh è indubbiamente il fattore più volatile nella politica armena. Non è semplicemente un luogo, ma un’idea. Rappresenta la nazione armena e, in un paese in cui il genocidio armeno del 1915 definisce ancora la politica estera, fornisce una potente contro-narrazione al senso di vittimismo storico. Come ha dichiarato l’analista politica originaria del Karabakh Karen Avagimyan a OC Media, è “il cuore spirituale dell’Armenia”.

In termini pratici, ciò significa che se una parte significativa del territorio del Karabakh viene ripresa dall’Azerbaijan, il governo di Erevan probabilmente non sopravviverà. Ad esempio, nell’estate del 2016 un gruppo di veterani del Karabakh che si autodefinivano Sasna Dzrer (i Daredevil di Sasun) ha sequestrato una stazione di polizia e invitato alla rivolta contro il governo. Il punto centrale delle loro critiche al governo era l’affermazione secondo cui l’attuale amministrazione intendeva cedere parte del Karabakh all’Azerbaijan: un’affermazione falsa, ma che ha mobilitato migliaia di giovani che si sono scontrati con la polizia in difesa dei Sasna Dzrer.

La politica del governo armeno nei confronti del Karabakh e le politiche dello stesso governo del Karabakh vanno interpretate alla luce di questi eventi. L’integrità territoriale del Karabakh è l’obiettivo primario a cui subordinare tutte le politiche economiche e sociali.

Poiché il Nagorno-Karabakh è uno stato non riconosciuto, è escluso dalla maggior parte dei trattati commerciali internazionali. Ciò significa che il governo deve mantenere e pubblicizzare un clima favorevole agli investimenti se vuole continuare a ricevere investimenti “non patriottici” (principalmente dalla Federazione Russa). Tuttavia, questo crea un certo dilemma per le autorità. I mercati liberalizzati e amici degli investitori spesso promuovono gravi disuguaglianze sociali, con lavoratori locali meno competitivi e piccole imprese schiacciate dalle economie di scala. Come in gran parte del mondo, la povertà si trasforma facilmente in emigrazione, che è abbastanza tollerabile per la maggior parte dei governi, ma semplicemente fuori questione in Karabakh.

Agli occhi dei funzionari del Karabakh, l’emigrazione equivale a minore popolazione, minore popolazione significa meno soldati, e meno soldati non solo rendono il Karabakh militarmente più debole, ma incentivano l’Azerbaijan ad attaccare. Ciò significa che l’economia non può essere soggetta ai capricci del mercato, poiché le fluttuazioni della popolazione derivanti da periodiche crisi economiche metterebbero letteralmente in pericolo il Nagorno-Karabakh: il neoliberismo tout court non è quindi un’opzione sostenibile.

Socialdemocrazia militarizzata

In pratica, le politiche attuate per garantire stabilità economica e vivibilità nel Nagorno-Karabakh possono essere considerate una sorta di socialdemocrazia militarizzata: sono previsti meccanismi di welfare per ridurre l’impatto della disoccupazione o della povertà, ma differiscono dalla tradizionale socialdemocrazia europea in quanto questi meccanismi sono legati esplicitamente allo status militare. Ad esempio, una grande parte della popolazione sopravvive con pensioni militari e le famiglie di soldati uccisi o feriti al fronte hanno spesso anche alloggi gratuiti o altri beni e servizi essenziali. Lo stato assicura e risarcisce tutti i residenti vicino alla linea di contatto contro qualsiasi danno causato dal conflitto (come le case danneggiate dai bombardamenti o il bestiame ucciso da colpi di arma da fuoco).

Questo non vuol dire che il governo non faccia uso della tradizionale politica keynesiana. Al contrario, interviene spesso con sussidi e prestiti preferenziali ad imprese in difficoltà, tenendole a galla per garantire l’occupazione.

Questo può sembrare un po’ troppo per un governo che presiede una popolazione relativamente povera di 146.000 persone, e infatti è così. Il governo del Nagorno-Karabakh è tutt’altro che autosufficiente. Ufficialmente, almeno il 4,5% del bilancio nazionale dell’Armenia è stanziato per la regione, anche se il dato reale è probabilmente molto più alto, soprattutto perché i dati relativi a trasferimenti di bilancio relativi alla difesa sono tenuti riservati.

Questa direzione politica non ha fatto che consolidarsi dagli scontri di aprile. I villaggi vicini alla linea di contatto sono stati classificati “villaggi di confine”. Qui, secondo il portavoce del Primo Ministro Artak Beglaryan, lo scopo esplicito del governo è quello di mantenere e, se possibile, aumentare la popolazione al fine di creare una presenza che possa rilevare e scoraggiare gli attacchi azeri: un compito difficile, poiché questi villaggi sono direttamente sulla linea del fuoco, il che comprensibilmente scoraggia gli abitanti dal rimanere.

Ecco perché in questa nuova legislazione il governo ha aumentato i sussidi per questi villaggi – ad esempio, con un sussidio gas ed elettricità che copre interamente le bollette mensili per alcune famiglie – oltre a fornire sussidi e agevolazioni fiscali per gli investimenti nei villaggi di confine al fine di stimolare l’occupazione.

Ma la misura in cui il governo è disposto a lasciarsi alle spalle l’ortodossia economica neoliberale è ancora più evidente nel villaggio più colpito dal conflitto: Talish.

Un kolkhoz è un kolkhoz

Nelle prime ore del 2 aprile 2016, le colline nordoccidentali sopra il piccolo villaggio di 500 abitanti sono state invase dall’esercito azero. Quando le forze armene riuscirono a riconquistare Talish, era stato ridotto in macerie e, anche dopo la firma del cessate il fuoco, le colline strategiche che dominavano il villaggio sono rimaste in mano azera.

Con la maggior parte delle case distrutte, la popolazione di Talish è diventata senzatetto, ospitata presso parenti o in alloggi forniti dallo stato nei villaggi vicini, più lontano dalla linea di contatto. Tuttavia, anche nella sua attuale posizione strategicamente vulnerabile, il governo del Karabakh si è impegnato nella ricostruzione di Talish e nel ritorno dei suoi abitanti.

Ogni singola famiglia che ha perso la casa ne otterrà la ricostruzione. L’infrastruttura sarà riparata e ammodernata. Verranno inoltre aggiunti nuovi edifici, tra cui una casa della cultura e un centro ricreativo. Ma questi non sono i piani più ambiziosi per il villaggio: al fine di garantire un elevato livello di occupazione e un forte grado di solidarietà sociale, il villaggio sta ricostruendo le sue infrastrutture agricole e produttive in un modello collettivo.

Nelle parole del sindaco Vilen Petrosyan: “Sarà come un kolkhoz sovietico, ma diverso. Invece di dare i nostri profitti al governo, la comunità deciderà che cosa farne”. Gli inizi di questo nuovo/vecchio modello sono già in atto. Il “collettivo” di Talish produce miele, frutta e verdura, alcolici, carne e latticini. Le decine di lavoratori impiegati nell’impresa sociale sono ex residenti (tutti uomini) che sono tornati al villaggio come appaltatori governativi, lavorando per ricostruire le proprie case e difenderle in caso di un attacco.

Resta da vedere se il modello funzionerà e se sarà effettivamente democratico, ma la speranza dell’amministrazione locale è che il nuovo Talish non solo fiorisca, ma divenga un modello di economia e governance per altri villaggi nel Nagorno-Karabakh.

In viaggio da nessuna parte

Dal 1994 in poi, gli abitanti del Nagorno-Karabakh sperano in una normalizzazione pacifica della loro situazione. Ma, con il fallimento di un accordo di pace dopo l’altro, molti si erano adattati ad un nuovo status quo. Anche se la pace non fosse mai arrivata, la vita sarebbe andata avanti. Ma gli eventi dell’aprile 2016 hanno frantumato questo inquieto senso di stabilità.

Tuttavia, con una strana ironia, mentre il senso di stabilità del popolo del Karabakh andava in frantumi, l’ordine economico e politico esistente si rafforzava. Forgiata nel crogiolo del conflitto e ancora devastata quasi trent’anni dopo, la regione del Nagorno-Karabakh ha cessato di essere un luogo in cui l’esercito esiste per sostenere lo stato e la società. Ora, stato e società esistono per sostenere l’esercito, ed è improbabile che la situazione cambi presto.