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In data 19 dicembre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla continua repressione della società civile e dei media indipendenti in Azerbaigian e sui casi di Gubad Ibadoghlu, Anar Mammadli, Kamran Mammadli, Rufat Safarov e Meydan TV, (2024/2994(RSP).
Il testo di questa risoluzione comprende anche un passaggio dedicato ai prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti in Azerbaigian.

Il Parlamento europeo,

– vista la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata dall’Azerbaigian,

– visti l’articolo 150, paragrafo 5, e l’articolo 136, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che dal 2023 le autorità azere hanno intrapreso una repressione sistemica nei confronti della società civile, dell’opposizione politica, dei difensori dei diritti umani, della comunità LGBTI+ e dei media indipendenti, che si è intensificata in occasione della COP29;

B. considerando che in Azerbaigian vi sono oltre 300 prigionieri politici e 23 prigionieri di guerra armeni, compresi leader dell’ex Repubblica autoproclamata del Nagorno-Karabakh;

C. considerando che Gubad Ibadoghlu, prigioniero politico e finalista del premio Sacharov 2024, rimane agli arresti domiciliari; che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che le sue condizioni di salute sono critiche e richiedono un ricovero ospedaliero e un intervento chirurgico cardiaco urgente;

D. considerando che il leader della società civile Anar Mammadli è in custodia cautelare dall’aprile 2024 sulla base di accuse false e che la sua salute è peggiorata a causa della mancata assistenza sanitaria;

E. considerando che all’inizio di dicembre 2024 le autorità azere hanno arrestato i giornalisti di MeydanTV Aynur Ganbarova, Aytaj Ahmadova, Khayala Agayeva, Natig Javadli e Aysel Umudova, come pure i giornalisti Ramin Jabrayilzade e Ahmad Mukhtar; che tali autorità hanno inoltre arrestato il vicedirettore della scuola di giornalismo di Baku Ulvi Tahirov, il leader politico Azer Gasimli e il difensore dei diritti umani Rufat Safarov; che tutti gli arrestati devono rispondere di accuse infondate di matrice politica;

F. considerando che l’attivista ambientale Kamran Mammadli è stato attaccato dalle guardie di sicurezza in occasione della COP29 ed è soggetto a un divieto di viaggio;

G. considerando che i diritti umani dei prigionieri sono sistematicamente violati attraverso la detenzione in condizioni disumane, la tortura e vessazioni specifiche nei confronti delle prigioniere politiche, tra cui Nargiz Absalamova;

1. condanna con forza le continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime azero e oggetto di denunce, comprese le violazioni delle libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, come pure l’abuso del sistema giudiziario penale con finalità politiche;

2. esorta le autorità azere a porre fine immediatamente alla repressione nei confronti di tutti i gruppi di dissidenti e a rilasciare senza condizioni tutti i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli attivisti politici e di altro tipo perseguiti sulla base di accuse false di matrice politica nonché a fare cadere tutte le accuse nei loro confronti;

3. chiede che le autorità revochino immediatamente il divieto di viaggio nei confronti di Ibadoghlu, ritirino incondizionatamente tutte le accuse nei suoi confronti e gli consentano di ricevere cure urgenti all’estero; deplora il fatto che Ibadoghlu non sia stato autorizzato a partecipare alla cerimonia del premio Sacharov o a collegarsi a distanza;

4. invita l’Azerbaigian a revocare le indebite restrizioni nei confronti dei media indipendenti allineando le sue leggi sulla registrazione e il finanziamento dei gruppi non governativi e dei media alle raccomandazioni della Commissione di Venezia; chiede alle autorità di porre fine alla repressione di MeydanTV, ToplumTV, Abaz Media e Kanal13;

5. chiede che siano imposte sanzioni dell’UE, nel quadro del suo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani, ai funzionari azeri responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui Fuad Alasgarov, Vilayat Eyvazov e Ali Naghiyev;

6. insiste sul fatto che qualsiasi accordo di partenariato tra l’UE e l’Azerbaigian, anche in materia di energia, deve essere strettamente subordinato al rispetto dei diritti fondamentali e al rilascio di tutti i prigionieri politici; invita la Commissione a sospendere il memorandum d’intesa del 2022 su un partenariato strategico nel settore dell’energia;

7. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all’alto rappresentante/vicepresidente e agli Stati membri nonché al Presidente, al governo e al parlamento dell’Azerbaigian.

Le organizzazioni che forniscono supporto ai rifugiati armeni e agli sfollati dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) hanno pubblicato una lettera congiunta indirizzata ad António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, e ad Audrey Azoulay, Direttore generale dell’UNESCO. La lettera recita quanto segue:

Le sottoscritte organizzazioni non governative, in rappresentanza delle persone sfollate a causa della guerra del 2020 contro la popolazione dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e della conseguente deportazione forzata nel 2023, vi scrivono per denunciare la distruzione e l’espropriazione deliberate e mirate del patrimonio culturale armeno nei territori occupati dell’Artsakh.

Vi sono gravi esempi di genocidio culturale perpetrati dalle autorità azere nelle regioni occupate dell’Artsakh, sia durante la guerra di 44 giorni del 2020 che dopo.

Sono stati registrati numerosi casi di crimini contro il patrimonio armeno: la Chiesa della Santa Madre di Dio di Mekhakavan (Jabrayil), la Chiesa di San Sarkis di Mokhrenes (Susanlıq), la Chiesa della Santa Resurrezione di Berdzor (Lachin) e la Chiesa di Giovanni Battista di Shushi (Shusha) sono state completamente distrutte. I centri spirituali armeni sono stati e sono profanati insieme a centinaia di khachkar (pietre crociate) che vengono distrutte. Oltre 30 collezioni d’arte e musei, comprendenti migliaia di reperti, sono stati saccheggiati dall’Azerbaijan.

I crimini contro il patrimonio culturale sono considerati affiliati al genocidio secondo le Linee guida dello Statuto di Roma per l’esame dei crimini contro il patrimonio culturale, che affermano: “I crimini contro o che ledono il patrimonio culturale sono spesso collegati al genocidio o commessi come parte di esso”.

Numerosi complessi commemorativi costruiti in memoria delle vittime del genocidio armeno, della seconda guerra mondiale e delle guerre dell’Artsakh, così come pietre commemorative in onore di vari individui, ponti di importanza storica, centri culturali, biblioteche, scuole e altri luoghi, sono stati distrutti. I villaggi di Karin Tak (Dashalty) nella regione di Shushi e Mokhrenes nella regione di Hadrut, così come il distretto storico della città di Hadrut, sono stati completamente demoliti.

Di recente, interi quartieri di Stepanakert (Khankendi), incluso il quartiere storico del XIX secolo, sono stati rasi al suolo. La deliberata distruzione della città, dei suoi edifici storici e del patrimonio viola l’articolo 8 dello Statuto di Roma ed è considerata un grave crimine contro l’umanità.

Gli atti di distruzione di beni culturali sono proibiti dalle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 sulla protezione delle vittime di guerra, dalle leggi e dagli usi di guerra, dai loro protocolli, nonché dalle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite e dai trattati di tutela dei diritti umani.

Gli atti di distruzione di beni culturali sono proibiti dalle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 sulla protezione delle vittime di guerra, dalle leggi e dagli usi di guerra, dai loro protocolli, nonché dalle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite e dai trattati di tutela dei diritti umani.

La diffusione su larga scala di video che mostrano queste distruzioni perpetrate dagli azeri è diventata un mezzo di pressione psicologica sugli armeni dell’Artsakh.

I cimiteri nei villaggi di Mets Tagher nella regione di Hadrut, Sghnakh nella regione di Askeran, Haterk (Hasanriz) nella regione di Martakert e la città di Shushi sono stati distrutti dagli azeri. La distruzione dei cimiteri è un crimine contro la dignità personale e la memoria umana.

Ai sensi dell’articolo 4 della Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, è vietato qualsiasi atto di vandalismo, appropriazione, saccheggio, odio o ritorsione contro il patrimonio culturale.

Secondo il primo Protocollo dell’Aja del 1954, è vietato distruggere valori culturali o spirituali nei territori occupati. La politica di distruzione deliberata del patrimonio culturale è condannata dalla Dichiarazione dell’UNESCO del 2003 sulla distruzione deliberata del patrimonio culturale.

Tuttavia, nel periodo 2020-2024, l’UNESCO non ha adempiuto al mandato affidatogli dalle Nazioni Unite per proteggere il patrimonio culturale globale e non ha inviato una missione in Artsakh per documentare lo stato attuale del patrimonio della regione e quindi impedire un’ulteriore distruzione da parte dell’Azerbaijan. Invece, si è limitata a rilasciare dichiarazioni ed esprimere preoccupazioni.

Noi sottoscritti siamo residenti sfollati dai territori occupati della Repubblica dell’Artsakh, pertanto chiediamo all’ONU di fare ogni sforzo possibile per garantire che l’UNESCO, in conformità con il mandato delle Nazioni Unite per la protezione del patrimonio culturale, invii una missione in Artsakh per documentare i crimini culturali commessi contro l’umanità e attuare meccanismi per prevenire ulteriori violazioni.

Sinceramente,

  1. ONG “Ritorno a Karvachar”
  2. ONG “Ritorno a Dizak”
  3. ONG “Per il bene di Hadrut”
  4. ONG “Ritorno a Kashatagh”
  5. ONG “Deoccupazione di Shushi”.
  6. ONG femminile “Harmony” Shushi
  7. “Dizak Art” ONG culturale
  8. “Krunk” ONG per la protezione dei diritti degli armeni dell’Artsakh
  9. ONG “Unione dei lavoratori delle arti dell’Artsakh”
  10. ONG “MediaStep”
  11. Servizio di protezione del patrimonio storico e culturale dell’Artsakh
  12. Centro di sostegno alle madri dell’Artsakh
  13. Potere del Pensiero” Organizzazione Pubblica Scientifica
  14. “Centro di sviluppo Askeran” Organizzazione pubblica
  15. “Nel nome di Hadrut” Organizzazione pubblica
  16. “Dizak Art” Organizzazione culturale pubblica
  17. “Harmony” Organizzazione non governativa femminile Shushi
  18. Organizzazione pubblica “Radice e rami”
  19. Organizzazione pubblica “Maternità”
  20. Organizzazione pubblica “Giovani avvocati”
  21. “Centro indipendente per la ricerca strategica” Organizzazione pubblica
  22. Organizzazione pubblica “Sviluppo”
  23. “Unione dei veterani della guerra afghana” Organizzazione pubblica
  24. “Associazione Donne Rifugiate”
  25. “Unione dei giornalisti dell’Artsakh” Organizzazione pubblica
  26. “Unione degli artisti dell’Artsakh”
  27. “Centro per la ricerca pubblica sui giovani” Organizzazione pubblica
  28. “Consiglio per la protezione del patrimonio culturale dell’Artsakh” Organizzazione pubblica
  29. “Armenia Unificata” Organizzazione Pubblica Patriottica
  30. “Unione dei combattenti per la libertà feriti” ONG socio-legale
  31. “Krunk” ONG per la protezione dei diritti degli armeni dell’Artsakh
  32. “Centro di sostegno alle madri dell’Artsakh”
  33. “Servizio di protezione del patrimonio storico e culturale dell’Artsakh”
  34. ONG “La nostra casa Artsakh”
  35. Unione degli armeni dell’Artsakh sfollati violentemente
  36. Organizzazione pubblica “Aquile dell’Artsakh”
  37. Movimento civile “Il mio diritto”
  38. ”Da Artsakh ad Artsakh” centro informativo, analitico, investigativo, per i diritti umani
  39. ONG ”Vita”
  40. Centro iniziativa “GEN” ONG
  41. ONG “Artsakh sfollati dall’Artsakh”.
  42. ONG “MediaStep”
  43. Press Club della ONG Stepanakert
  44. ONG “Patria Rinata”
  45. ONG “Consiglio degli Anziani”
  46. ONG “Centro per lo sviluppo dei giovani dell’Artsakh”
  47. “Unione dei familiari dei militari uccisi e dispersi in azione nella terza guerra dell’Artsakh”
  48. “Movimento di Risveglio dell’Artsakh”
  49. Centro Scientifico “Kachar” ONG
  50. “Avanti Artsakh”
  51. ONG “Supporto Educativo e Psicologico”
  52. ONG “Arte e Donne”
  53. “Unione Culturale Tekeyana dell’Artsakh”
  54. “Ritorno a Kashatagh” Organizzazione pubblica
  55. ONG “Agenzia per lo sviluppo della cultura e del turismo dell’Artsakh”
  56. ONG “Ricerca sul Ponte del Dialogo”
  57. ONG “Unione degli ufficiali di riserva dell’Artsakh”.
  58. “Unione dei rifugiati del NKR”
  59. Organizzazione pubblica “Maternità”
  60. Consiglio pubblico per la protezione del patrimonio culturale ONG
  61. Centro di ricerca pubblica per i giovani ONG
  62. Centro di donazione “Armada” ONG

Un appello ‘trasversale’ di parlamentari italiani in favore dei detenuti armeni è stato presentato da circa 40 tra deputati e senatori di tutti i gruppi politici che chiedono al governo Meloni di “sensibilizzare il partner azero affinché, in concomitanza con l’evento COP29, proceda, quale gesto di buona volontà e in segno di amicizia con l’Italia, alla liberazione di tutti i prigionieri e detenuti armeni“.

Nell’appello si chiede anche di “curare, qualora necessario anche con mezzi propri, il ritorno a casa degli stessi; di comunicare ad Armenia e Azerbaigian l’impegno dell’Italia finalizzato al raggiungimento di un accordo definitivo di pace nella regione”.

L’appello è stato firmato premettendo che “dall’11 al 22 novembre 2024 l’Azerbaigian ospiterà COP29, conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico” e considerando “che l’Italia ha ottimi rapporti commerciali e politici con Baku e intrattiene una proficua collaborazione anche nel campo energetico, il che ci posiziona fra i primissimi partner europei dell’Azerbaigian“.

Valutato che è interesse dell’Italia che l’area sud caucasica sia pacificamente stabilizzata e pertanto vengano incoraggiate tutte le azioni che promuovano un aumento di fiducia tra Armenia e Azerbaigian e la firma di un definitivo accordo di pace” e “preso atto che, dopo i recenti conflitti, risultano ancora trattenuti, con differenti motivazioni, a Baku, 23 prigionieri di guerra armeni e altri detenuti le cui famiglie attendono da tempo il ritorno a casa”, i deputati e senatori si appellano al governo affinché interceda per la liberazione dei detenuti armeni “considerato che il loro rilascio rappresenterebbe un segnale positivo nelle relazioni fra i due Paesi e avrebbe ulteriori positive ricadute su tutta l’area regionale e sulla stessa COP29“.

FIRMATARI DELL’APPELLO

– Alessandro Battilocchio (FI);

– Brando Benifei (PD);

– Deborah Bergamini (FI);

– Simone Billi (Lega);

– Stefano Borghesi (Lega);

– Susanna Camusso (PD);

– Andrea Casu (PD);

– Giulio Centemero (Lega);

– Gian Marco Centinaio (Lega);

– Alessandro Colucci (Nm);

– Andrea De Priamo (FdI);

– Gianmauro Dell’Olio (M5S);

– Benedetto Della Vedova (+Eu);

– Graziano Delrio (Pd);

– Gabriella di Girolamo (M5S);

– Piero Fassino (PD);

– Aurora Floridia (AVS);

– Paolo Formentini (Lega);

– Mariastella Gelmini (NM);

– Giorgio Lovecchio (FI);

– Lorenzo Malagola (FDI);

– Stefano Maullu (FdI);

– Roberto Menia (FdI);

– Elena Murelli (Lega);

– Luigi Nave (M5S);

– Federica Onori (Az);

– Andrea Orsini (FI);

– Andrea Pellicini (FdI);

– Catia Polidori (FI);

– Emanuele Pozzolo(FdI);

– Erik Pretto (Lega);

– Tatjana Rojc (PD);

– Massimiliano Salini (FI);

– Ivan Scalfarotto (IV);

– Filippo Sensi (PD);

– Luigi Spagnolli (Aut);

– Francesco Verducci (PD);

– Sandra Zampa (PD);

– Giampiero Zinzi (Lega).

Di recente, commentando le risoluzioni delle Nazioni Unite sulla questione dell’Artsakh, il presidente dell’Assemblea nazionale armena, Alen Simonyan, ha cercato di sostenere che secondo le Nazioni Unite l’Artsakh era riconosciuto come parte dell’Azerbaigian, giustificando così l’aggressione di Baku e la pulizia etnica commessa contro gli armeni.
L’analista Tigran Kotanjyan ha presentato punti chiave che smantellano completamente questa falsa tesi:

  1. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite NON ha MAI discusso la soluzione al conflitto dell’Artsakh né ha fornito alcuna soluzione. Invece, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato quattro risoluzioni nel 1993 volte a impedire la diffusione geografica delle operazioni militari e il coinvolgimento di altri paesi come Armenia, Turchia, Russia e Iran.
  2. La richiesta principale di queste risoluzioni era l’immediata cessazione delle ostilità e la ripresa dei negoziati, che l’Azerbaigian ha violato e non ha rispettato. Inoltre, l’Azerbaigian non ha soddisfatto altre richieste derivanti da queste risoluzioni, come la revoca del blocco e l’apertura delle strade.
  3. Nota importante: queste risoluzioni menzionano le forze armene del Nagorno Karabakh (Artsakh) come parte in conflitto.
  4. In queste risoluzioni era rivolta alla Repubblica d’Armenia una sola richiesta: quella di usare la propria influenza sugli armeni del Nagorno Karabakh per garantire una risoluzione pacifica, richiesta che l’Armenia ha soddisfatto.
  5. Gli armeni del Nagorno Karabakh accettarono di soddisfare le richieste delle risoluzioni e di cessare il fuoco, che era la richiesta principale, ma il rifiuto dell’Azerbaigian di cessare il fuoco e di ottemperare rese impossibile per le altre parti soddisfare pienamente le richieste loro rivolte.
  6. L’ONU non ha la funzione di riconoscimento de jure, quindi NON ha MAI discusso o riconosciuto lo status legale di alcuna regione del mondo. Pertanto, le quattro risoluzioni non erano documenti che riconoscevano lo status de jure del Nagorno Karabakh e delle sue regioni circostanti. Queste risoluzioni sono state adottate nel 1993 (non nel 1991, quando è iniziato il conflitto) in una situazione specifica con uno scopo specifico (vedi punto 1). Quindi, qualsiasi riferimento allo status in queste risoluzioni non può essere considerato un riconoscimento de jure del territorio da parte dell’ONU.
  7. Il diritto all’autodeterminazione del popolo del Nagorno Karabakh è stato riconosciuto dal Gruppo di Minsk dell’OSCE, dall’Unione Europea e da molti altri paesi. La determinazione finale e il riconoscimento de jure dello status del Nagorno Karabakh devono derivare da questo processo di autodeterminazione.
  8. L’incapacità dell’Azerbaigian di implementare le quattro risoluzioni adottate nel 1993 ha portato alla loro perdita di rilevanza a causa della scomparsa delle minacce che miravano a prevenire. Nel 1994, un accordo di cessate il fuoco tripartito a tempo indeterminato è stato firmato in circostanze e processi diversi.
  9. Dopo il crollo dell’URSS, l’Azerbaigian non aveva alcun diritto di includere questo territorio nei suoi confini contro la volontà del popolo del Nagorno Karabakh.
  10. Secondo le norme internazionali e la Costituzione e le leggi dell’URSS, durante il crollo dell’Unione Sovietica, il popolo del Nagorno Karabakh aveva ogni diritto all’autodeterminazione attraverso la libera espressione della volontà, che esercitava. Pertanto, il Nagorno Karabakh NON ha MAI fatto parte dell’Azerbaigian indipendente. Ciò significa che il Nagorno Karabakh non ha alcun collegamento con l’integrità territoriale dell’Azerbaigian.

L’articolo originale, in inglese, è stato pubblicato sul magazine “301.am” ed è consultabile a questo link

Il 24 ottobre, il parlamento europeo ha votato una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale e le relazioni con l’Armenia. Il testo è passato a larghissima maggioranza con 453 voti a favore, 31 contrari e 89 astenuti.
Nel documento alcuni passaggi riguardano strettamente l’Artsakh (Nagorno Karabakh) e ne diamo conto qui di seguito. In calce il link rimanda alla risuoluzione completa.

(…)
Q. considerando inoltre che, nel settembre 2023, dopo mesi di blocco illegale del Nagorno-Karabakh, l’Azerbaigian ha lanciato un attacco militare pianificato e ingiustificato contro tale territorio, costringendo oltre 100 000 persone di etnia armena a fuggire in Armenia, il che equivale a una pulizia etnica; che, di conseguenza, il Nagorno-Karabakh è stato quasi interamente svuotato della sua popolazione armena che da secoli viveva in quella regione; che tale attacco rappresenta una grave violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, una chiara violazione della dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 e il venir meno agli impegni assunti durante i negoziati mediati dall’UE;

R. considerando che gli armeni del Nagorno-Karabakh hanno dovuto abbandonare le loro proprietà e i loro beni per sfuggire all’offensiva militare dell’Azerbaigian e da allora non sono riusciti a recuperarli; che da allora proseguono le azioni che corrispondono a una pulizia etnica; che l’UE ha fornito aiuti umanitari alle persone sfollate dal Nagorno-Karabakh; che esistono informazioni attendibili che confermano la distruzione organizzata del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno-Karabakh; che i leader e i funzionari azeri ricorrono ripetutamente all’incitamento all’odio nei confronti degli armeni;
(…)

9. insiste affinché qualsiasi futuro accordo di partenariato tra l’UE e l’Azerbaigian sia subordinato al rilascio di tutti i prigionieri politici, all’attuazione di riforme giuridiche e al miglioramento generale della situazione dei diritti umani nel paese, come pure al fatto che l’Azerbaigian dimostri la sua reale disponibilità a impegnarsi fedelmente nei negoziati per un accordo di pace con l’Armenia e a rispettare i diritti degli armeni del Nagorno-Karabakh;

15. chiede la piena attuazione di tutte le ordinanze emesse dalla Corte internazionale di giustizia, compresa l’ordinanza del 17 novembre 2023 che indica misure provvisorie relative al rimpatrio sicuro, rapido e senza ostacoli delle persone fuggite dal Nagorno-Karabakh; ricorda che la decisione di organizzare la COP29 a Baku è stata presa dopo che l’Azerbaigian non ha rispettato la summenzionata ordinanza della Corte internazionale di giustizia, né le ordinanze del 7 dicembre 2021 e del 22 febbraio 2023; ribadisce la sua richiesta che siano condotte indagini indipendenti sugli abusi commessi dalle forze azere nel Nagorno-Karabakh; reitera il suo appello alle autorità azere affinché permettano il ritorno in sicurezza della popolazione armena nel Nagorno-Karabakh, si impegnino realmente in un dialogo globale e trasparente con gli armeni, forniscano solide garanzie per la tutela dei loro diritti, fra cui i diritti fondiari e di proprietà, nonché la tutela della loro identità distinta e dei loro diritti civili, culturali, sociali e religiosi, e si astengano da qualsiasi retorica incendiaria che possa fomentare la discriminazione nei confronti degli armeni; esorta le autorità azere a rilasciare tutti i 23 prigionieri di guerra armeni detenuti a seguito della ripresa della regione del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian;

16. ribadisce il suo invito alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri a continuare a offrire assistenza all’Armenia per far fronte ai rifugiati provenienti dal Nagorno-Karabakh; invita l’UE, a tale riguardo, a fornire un nuovo pacchetto di assistenza all’Armenia per aiutare il governo armeno ad affrontare le esigenze umanitarie dei rifugiati; apprezza tutti gli sforzi profusi dal governo armeno per fornire rifugio e aiuti agli armeni sfollati;

17. esprime una profonda preoccupazione per la conservazione del patrimonio culturale, religioso e storico del Nagorno-Karabakh a seguito dell’esodo di massa della sua popolazione armena; esorta l’Azerbaigian ad astenersi dal distruggere e trascurare ulteriormente il patrimonio culturale, religioso o storico della regione, o dall’alterarne le origini, e invita il paese ad adoperarsi invece per preservare, proteggere e promuovere questa ricca diversità; chiede con fermezza la protezione del patrimonio culturale, storico e religioso armeno nel Nagorno-Karabakh, in linea con le norme dell’Unesco e con gli impegni internazionali dell’Azerbaigian; insiste affinché l’Azerbaigian permetta lo svolgimento di una missione dell’Unesco nel Nagorno-Karabakh e le accordi il necessario accesso;

La risoluzione votata fa inoltre riferimento ai rapporti tra Azerbaigian e Armenia, alle violazioni dei diritti umani, agli arresti compiuti dal regime di Baku, alle sue iniziative e antieuropee e in particolare antifrancesi, all’importazione di gas russo, alla posizione azera su Cipro nord. Insomma, un atto di accusa molto forte verso il regime di Aliyev. Ma anche, diciamo noi, alla stessa Unione europea che ha tollerato e fatto crescere questo mostro e nulla ha fatto mentre con la forza occupava l’Artsakh, affamava la popolazione e alla fine determinava lo sfollamento di tutti gli armeni.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla situazione in Azerbaigian: violazione dei diritti umani e del diritto internazionale e relazioni con l’Armenia | RC-B10-0133/2024 | Parlamento Europeo

Gli espansionisti azeri negli ultimi decenni hanno trovato una nuova “patria” nel territorio degli storici altopiani armeni e nelle regioni circostanti.

Questo fenomeno può essere considerato uno degli esempi eclatanti di una politica espansionistica aggressiva, mirata non solo a cambiare la composizione etnica della regione, ma anche a riformattare il patrimonio culturale e storico.

Storicamente, gli azeri, in quanto popolo nomade, sono sempre stati all’intersezione di diverse civiltà e culture, che continuano a modellare la loro identità. Tuttavia, la loro élite politica, utilizzando idee nazionaliste, ha iniziato a perseguire politiche volte a consolidare ed espandere la propria influenza nei territori che considerano “originariamente azeri”. Durante questa politica espansionistica furono utilizzati sia metodi militari che manipolazioni diplomatiche sulla scena internazionale.

Questa tendenza si è manifestata in modo particolarmente chiaro nei secoli XX-XXI. Il governo dell’Azerbaigian, a partire dal periodo sovietico e dopo aver ottenuto l’indipendenza, ha adottato sistematicamente misure per spostare gli armeni indigeni dalle loro terre natali, distorcere la verità storica e anche creare le condizioni per il reinsediamento degli azeri in queste regioni.

Ciò è stato preceduto da una serie di deportazioni forzate, pulizia etnica e persino vero e proprio genocidio della popolazione armena del Nagorno Karabakh e delle aree circostanti.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Azerbaigian ha iniziato a promuovere attivamente l’idea di “integrità territoriale”, ignorando completamente le norme internazionali sui diritti dei popoli all’autodeterminazione.

Sotto la bandiera della “liberazione dei territori occupati”, la leadership azera lanciò un’aggressione militare su larga scala contro il Nagorno Karabakh, che portò alla Prima Guerra del Karabakh (1988-1994). Tuttavia, nonostante la temporanea cessazione delle ostilità attive, le aspirazioni espansionistiche e misantropiche di Baku non si placarono.

Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’ideologia che viene propagata in Azerbaigian.

Si basa sui miti sulle “grandi terre azerbaigiane” presumibilmente conquistate dagli Stati vicini, in particolare dall’Armenia.

È molto significativo che nei moderni libri di storia dell’Azerbaigian il Nagorno Karabakh e i territori circostanti siano descritti come “originariamente azeri”, nonostante la secolare presenza armena nella regione.

Questa retorica ignora deliberatamente il fatto dell’esistenza di chiese, fortezze, cimiteri e altri siti del patrimonio culturale armeni, che furono distrutti senza pietà durante e dopo le operazioni militari.

La condotta della seconda guerra del Karabakh nel 2020 è stata il culmine delle politiche espansionistiche dell’Azerbaigian.

Usando armi moderne e il sostegno di regimi distruttivi, l’Azerbaigian riuscì a conquistare vasti territori, comprese le città di Shushi e Hadrut. Dopo la firma dell’accordo di pace, Baku ha continuato a insistere sulla propria egemonia nella regione, nonostante le continue proteste e preoccupazioni della comunità internazionale per le violazioni dei diritti umani e la conservazione del patrimonio culturale armeno.

Il governo azero è attivamente impegnato nella “riscrittura” della storia e nella costruzione di una nuova identità per i suoi cittadini, volta a giustificare l’espansione. Tutto ciò è rafforzato dalla propaganda statale, che mira a cementare nelle menti dei cittadini l’idea di “terre prese ingiustamente” e il “diritto alla restituzione” di questi territori ad ogni costo.

Pertanto, la nuova “patria” che gli espansionisti azeri hanno trovato per sé non è una conseguenza dei diritti storici o etnici.

Questo è il risultato di molti anni di politiche aggressive volte a conquistare terre straniere e a distorcere i fatti storici.

OTTOBRE 2024

Armenia e Azerbaigian non arrestano la propria corsa agli armamenti (Scenari economici, 8 ott)

Armenia-Azerbaigian, accordo per la pace vicino alla firma finale. (Sardegnagol, 9 ott)

«Nagorno-Karabakh? Una catastrofe. E non solo per noi armeni» (Tempi, 10 ott)

Armenia, la vita dopo la guerra (Osservatorio Balcani Caucaso, 10 ott)

Armenia. Il governo si rifiuta di sottoscrivere le dichiarazioni della CSI (Notizie geopolitiche, 10 ott)

Il conflitto in Nagorno-Karabakh: analisi geopolitica. Intervista al dott. Giorgio Comai (Metasud, 16 ott)

Armenia e Azerbaijan, colloqui in bilico mentre si avvicina la COP29 (Osservatorio Balcani Caucaso, 18 ott)

Azerbaigian: lettera di Biden ad Aliyev, Usa pronti a sostenere pace con l’Armenia (Agenzia Nova, 21 ott)

L’Azerbaigian e le violazioni della libertà religiosa (Informazione cattolica, 21 ott)

La protesta degli armeni dell’Artsakh (Asia news, 23 ott)

Il Parlamento europeo contro l’Azerbaijan: “Basta violazioni dei diritti umani” (Europa today, 24 ott)

Armenia, in piazza contro la chiusura del gruppo di Minsk, l’unica istituzione in possesso di un mandato internazionale per il conflitto con l’Azebaigian (Repubblica, 27 ott)

Una rete di influenza straniera allineata ai democratici ha fatto pressioni sull’America affinché ignorasse la “pulizia etnica” dei cristiani (Alfajr news, 27 ott)

CONFINI ARMENI: LA “MOSSA” RUSSA SULLO SCACCHIERE CAUCASICO (L’Opinione, 28 ott)

L’Occidente ripaga col silenzio i doni di Aliyev (Tempi, 30 ott, per abb.)

NOVEMBRE 2024

Comunità armena: lettera a Tajani sulle dichiarazioni di Cirielli (Notizie geopolitiche, 1 nov)

“Difendere i diritti del popolo dell’Artsakh”, appello dei leader della Chiesa armena (Chiesa cattolica, 4 nov)

Baku, la città fossile blinda la Cop29 (manifesto, 7 nov)

Conflitti d’interesse e corruzione: la COP29 in Azerbaigian è una farsa prima di cominciare (Indipendente, 8 nov)

Gli ambientalisti armeni accusano l’Azerbaigian di usare la COP29 per fare Greenwashing (Scenari economici, 8 nov)

APPELLO PRO DETENUTI ARMENI/ Hambardzumyan: accordo con Baku vicino, così l’Italia aiuta la pace (Il sussidiario, 9 nov)

Le strade interrotte dell’Armenia. Viaggio tra confini ostili e nuove rotte commerciali (Altreconomia, 12 nov)

COP29, “come può un petrostato che distrugge i diritti umani ospitare tutto questo?”, Greta Thunberg contro l’Azerbaijan (Green me, 12 nov)

Da Baku a Roma fino a Bruxelles: un’amicizia basata sul fossile (manifesto, 16 nov)

Pasinyan e la nuova Armenia dal ‘volto pulito’ /Asia news, 18 nov)

Cop 29 non copra i crimini dell’Azerbaijan in Armenia (Riforma, 18 nov)

Le realtà contrastanti della Cop29 e i confini delle rivalità globali (Notizie geopolitiche, 18 nov)

ARMENIA: Trump e le relazioni con gli Stati Uniti (East journal, 19 nov)

Le paure degli armeni dopo la pulizia etnica in Nagorno Karabakh (Internazionale, 20 nov, video)

L’Armenia dopo le elezioni americane (Osservatorio Balcani Caucaso, 20 nov)

COP 29: Armenia assente, nessuna svolta con l’Azerbaijan (Osservatorio Balcani Caucaso, 20 nov)

Escluse le voci del dissenso dalla Cop29, la storia dell’attivista armeno Arshak Makichyan (Economia circolare, 23 nov)

“The Baku Connection”: il complesso asse di interessi tra Francia, Azerbaigian e Armenia (IARI, 25 nov)

Azerbaijan – USA, Aliyev chiama Trump (Osservatorio Balcani Caucaso, 26 nov)

DICEMBRE 2024

Come salvare il patrimonio cristiano in Nagorno Karabakh? (ACI stampa, 6 dic)

Il Nagorno-Karabakh: teatro di interessi internazionali (IARI, 7 dic)

La repressione dei giornalisti critici in Azerbaigian (prima e dopo la Cop29) (L’inkiesta, 7 dic)

Armenia-Azerbaigian: ministro Esteri Mirzoyan, concordati 15 dei 17 articoli del Trattato di pace (Agenzia Nova, 9 dic)

Caucaso del Sud, un anno difficile (Osservatorio Balcani Caucaso, 12 dic)

Armeni in fuga: la “nuova” Siria targata Turchia ricorda troppo il passato (Insiderover, 15 dic)

Da ottobre 2024 cambia il Notiziario Artsakh: non sarà più su base mensile e conterrà (a differenza di quanto accaduto nell’ultimo anno dopo l’occupazione azera) solo notizie strettamente legate all’Artsakh (Nagorno Karabakh) così come accadeva prima del settembre 2023.
Salvo casi particolari non riporteremo più informazioni sui rapporti tra Armenia e Azerbaigian ma ci soffermeremo solo sulla situazione nella regione armena occupata.
Ricordiamo che è possibile consultare il nostro database notizie a partire dal settembre 2015. E’ sufficiente digitare nella casella “ricerca” (lente), nella barra sulla homepage, il nome del mese seguito dall’anno (ad esempio: “Gennaio 2020”).

(9 dic 24) AIUTI EUROPEI PER GLI SFOLLATI – Nell’ambito del programma di sostegno al bilancio “Contratto di rafforzamento dello Stato e della resilienza per la Repubblica di Armenia”, questa settimana l’Unione Europea (UE) ha versato una sovvenzione di 1,5 milioni di euro al governo armeno, oltre ai 13,5 milioni di euro erogati a settembre. Questo programma di sostegno al bilancio ha lo scopo di aiutare il governo armeno a soddisfare le esigenze a breve e medio termine degli armeni del Karabakh, nonché di consentire la loro integrazione socioeconomica a lungo termine, garantendo l’inclusione nei sistemi educativi, di protezione sociale e sanitari armeni e l’integrazione nel mercato del lavoro.

(6 dic 24) PRIGIONIERI VISITATI DA CRI – I rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno fatto visita agli ex leader armeni del Nagorno Karabakh, tenuti prigionieri a Baku, capitale dell’Azerbaigian. “A dicembre, i rappresentanti del CICR hanno visitato nuovamente tutti i detenuti armeni segnalati dalle autorità azere”, ha detto all’APA Ilaha Huseynova, responsabile del Dipartimento delle relazioni pubbliche dell’ufficio del CICR a Baku. I detenuti sono stati accolti in privato e hanno avuto la possibilità di scambiarsi notizie sulla loro famiglia.

(4 dic 24) TRATTATIVE SU PRIGIONIERI – C’è stata una pausa momentanea a causa della COP29, lo ha annunciato anche la parte azera, ma siamo dalla parte positiva, siamo nella logica proposta-discussione, e c’è una dinamica. Il presidente dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, Alen Simonyan, ha detto questo durante un briefing con i giornalisti parlando del processo di pace con l’Azerbaigian. E alla domanda se ci sia una dinamica in termini di ritorno dei prigionieri armeni in Azerbaigian, Simonyan ha risposto: “Durante tutte le conversazioni, si lavora sempre sui prigionieri. È escluso che ci possa essere un incontro in cui non si parli dei prigionieri. Semplicemente non penso che sia giusto parlarne. Questo lavoro ama il silenzio, non c’è motivo di vantarsi. Avevamo oltre 100 prigionieri [armeni] [in Azerbaigian] dopo la guerra [nel 2020], ora ci sono 23 prigionieri confermati [lì], e sappiamo che è uno dei punti di discussione importanti nella nostra agenda“.

(21 nov 24) APPELLO DAL BELGIO PER I PRIGIONIERI – Sullo sfondo della conferenza sul clima COP29 attualmente in corso a Baku, capitale dell’Azerbaigian, 20 membri del Parlamento federale belga, del Parlamento fiammingo, del Parlamento vallone e del Parlamento della regione di Bruxelles-Capitale si rivolgono al governo azero e alla delegazione del governo belga alla COP29, con tre richieste principali: la liberazione dei prigionieri di guerra armeni in Azerbaigian; la protezione del patrimonio culturale armeno nel Nagorno Karabakh/Artsakh; il ritiro delle forze azere dal territorio sovrano occupato dell’Armenia, nonché la limitazione di qualsiasi tipo di aggressione azera contro l’Armenia.

(29 nov 24) CITTADINANZA AGLI SFOLLATI – Al 28 novembre 2024, quasi 4.400 ex residenti del Nagorno-Karabakh hanno ricevuto la cittadinanza armena. Il vice ministro degli Interni dell’Armenia, Armen Ghazaryan, lo ha annunciato durante i dibattiti parlamentari di venerdì sull’acquisizione della cittadinanza armena da parte di quegli armeni che sono stati sfollati con la forza dal Nagorno Karabakh. Inoltre, secondo i dati del periodo sopra indicato, il Ministero degli Affari Interni dell’Armenia ha ricevuto 6.338 domande di cittadinanza armena. “4.394 persone costrette a spostarsi dal Nagorno-Karabakh hanno già ricevuto la cittadinanza [armena]”, ha affermato Ghazaryan.

(26 nov 24) MONASTERO DI DADIVANK – Il monastero armeno medievale di Dadivank, situato nella regione di Karvachar, nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, è stato consegnato all’amministrazione della comunità Udi, secondo quanto riferisce ‘Monument Watch’. Per i media azeri, “Durante il periodo di occupazione dal 1993 al 2020, gli armeni hanno tentato di falsificare la storia del tempio, tentando di presentarlo come loro. Ma dopo la liberazione, è stato restituito ai proprietari originali”. Secondo Monument Watch, dopo la fine della guerra nel 2020, la campagna azera, insieme alla propaganda dell’appropriazione del patrimonio culturale armeno, ha iniziato a coinvolgere attivamente i cristiani Udi che vivono in Azerbaigian, i seguaci della Chiesa gregoriana armena. Il motivo principale era che gli Udi sono gli unici cristiani tra i popoli dell’Albania caucasica.

(19 nov) CONSIGLIO D’EUROPA – Le restrizioni alle libertà di espressione, di riunione e di associazione limitano le possibilità delle persone appartenenti a minoranze nazionali di godere effettivamente dei propri diritti. È necessario adottare misure immediate per affrontare la situazione successiva al conflitto del Karabakh. Queste sono alcune delle conclusioni chiave del nuovo parere del Comitato consultivo sulla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa (CoE) per la protezione delle minoranze nazionali. “Come raccomandazione per un’azione immediata, il Comitato consultivo esorta le autorità a creare le condizioni politiche, legali e pratiche necessarie per un ritorno sicuro, senza ostacoli e sostenibile degli armeni sfollati dal Karabakh e a istituire un meccanismo dedicato per gestire le questioni relative alla proprietà. Le autorità sono inoltre esortate a inventariare, proteggere e preservare tutti i siti e i manufatti religiosi e culturali armeni e a indagare su tutte le accuse di vandalismo, distruzione e alterazione di monumenti storici e culturali e cimiteri utilizzati dagli armeni etnici nella regione“.

(15 nov 24) ANCORA IN ARTSAKH IL CORPO DELLA DONNA DECEDUTA – Non si registrano ancora progressi nel processo di restituzione del corpo della donna armena Vera Aghasyan, 70 anni, morta a Stepanakert, capitale dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, il 20 ottobre. Zara Amatuni, responsabile del programma di comunicazione e prevenzione dell’ufficio armeno del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), ha confermato questa informazione in un’intervista ad Armenian News-NEWS.am. “Al momento, non ci sono ancora progressi in questa questione. Noi [cioè il CICR] abbiamo espresso la nostra disponibilità a contribuire all’implementazione di ulteriori misure [in questo senso] previo accordo di entrambe le parti. Al momento, la decisione è nelle mani delle parti. Ma posso dire che la questione rimane al centro della nostra attenzione“, ha affermato Amatuni. Da notare che i parenti di Vera Aghasyan, morta il 20 ottobre a Stepanakert, capitale dell’Artsakh occupata dall’Azerbaigian, avevano presentato una petizione al CICR chiedendo che il suo corpo fosse seppellito in Armenia.

(14 nov 24) ARMENI RIMASTI IN ARTSAKH – Nel caso in cui 150 mila armeni vivevano in Artsakh prima della guerra del 2020, ora ne rimangono solo 13. Il difensore civico dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Gegham Stepanyan lo ha dichiarato alla conferenza sull’aggressione dell’Azerbaijan contro i diritti umani e la protezione ambientale. “Questo è ciò che bisogna sapere sull’Azerbaijan e sull’agenda dei diritti umani. Tutti i principi dei diritti umani restano sulla carta e non vengono presi in considerazione quando si prende questa o quella decisione politica”, ha aggiunto Stepanyan. Ha sottolineato che la mancanza di sanzioni internazionali contro l’Azerbaigian e il disprezzo per i suoi crimini hanno portato alla pulizia etnica degli armeni dell’Artsakh.

(5 nov 24) ANNUNCIATA PREGHIERA PER GLI OSTAGGI – Su iniziativa del Catholicos di tutti gli armeni Karekin II, il 10 novembre si terrà nelle chiese armene di tutto il mondo una preghiera ecumenica (globale) per la pace e la giustizia in Armenia e per la liberazione degli ostaggi detenuti illegalmente a Baku, la capitale dell’Azerbaijan. Le preghiere si svolgeranno in tutte le diocesi della Chiesa apostolica armena nel mondo. Anche il Catholicos della Grande Casa di Cilicia Aram I e il Consiglio ecumenico delle Chiese hanno aderito all’iniziativa.

(5 nov 24) THUMBERG, NO A COP 29 – La nota attivista ambientale Greta Thunberg si è rifiutata di partecipare alla conferenza sul clima COP29 a Baku, capitale dell’Azerbaigian, a causa della pulizia etnica armena in Artsakh (Nagorno Karabakh). È un’estrema ipocrisia consentire a uno stato petrolifero autoritario di ospitare la COP, ha detto Thunberg ai giornalisti in Georgia.

(5 nov 24) PARLAMENTO EUROPEO – Cinquantadue membri del Parlamento europeo hanno firmato una dichiarazione in cui si chiede all’Azerbaigian di liberare immediatamente i prigionieri di guerra armeni, di garantire la protezione del patrimonio culturale armeno dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e di ritirare l’esercito azero dai territori occupati dall’Armenia.

(4 nov 24) PRIGIONIERI ARMENI – I rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno visitato i detenuti armeni nella capitale azera Baku in ottobre. Durante le conversazioni con questi detenuti, questi ultimi sono riusciti a contattare i loro parenti. La leadership militare e politica dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) è detenuta illegalmente nelle prigioni di Baku da un anno ormai. L’Azerbaijan conferma ufficialmente la cattura di 23 armeni, 17 dei quali sono finiti lì dopo l’aggressione militare dell’Azerbaijan contro l’Artsakh nel settembre 2023.

(30 ott 24) UNESCO – Il Nagorno Karabakh è al centro dell’attenzione dell’UNESCO da molti anni e l’organizzazione è preoccupata per le segnalazioni di presunte distruzioni di vari tipi di patrimonio culturale, ha affermato Krista Pikkat, direttrice dell’Ente Cultura ed Emergenze dell’UNESCO e segretaria della Convenzione dell’Aja del 1954 e dei suoi due protocolli (1954 e 1999).

(25 ott 24) DECEDUTA ARMENA A STEPANAKERT –  i parenti della donna armena Vera Aghasyan, 70 anni, morta il 20 ottobre a Stepanakert, la capitale dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, presenteranno una petizione al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) affinché venga sepolta in Armenia. Vera Aghasyan, una donna con problemi di salute mentale, era rimasta a Stepanakert dopo l’occupazione azera del Nagorno Karabakh e aveva rifiutato di spostarsi in Armenia nonostante le sollecitazioni della figlia e l’intervento della Croce Rossa. La causa della morte di questa donna di 70 anni è stata annunciata come insufficienza cardiopolmonare acuta, sviluppatasi a seguito di trombosi dell’arteria polmonare. In tutto l’Artsakh occupato dovrebbero dunque essere rimasti tredici armeni, tutti anziani e con problemi di salute.

(24 ott 24) DURA CONDANNA DEL PARLAMENTO EUROPEO ALL’AZERBAIGIAN –  Il parlamento europeo ha votato una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale e le relazioni con l’Armenia. Il testo è passato a larghissima maggioranza con 453 voti a favore, 31 contrari e 89 astenuti.
Nel documento alcuni passaggi riguardano strettamente l’Artsakh (Nagorno Karabakh) e ne diamo conto qui

(20 ott 24) COMITATO DIRITTI POPOLO ARTSAKH – Dal 18 al 20 ottobre, il Comitato per la difesa dei diritti fondamentali del popolo dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) si è riunito plenariamente a Yerevan. Il Comitato ha tenuto incontri con Samvel Shahramanyan, Presidente del Nagorno Karabakh, i membri dell’Assemblea nazionale del Nagorno Karabakh, il capo della Diocesi di Artsakh e Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli armeni, durante i quali sono stati condivisi aggiornamenti sugli sforzi in corso e sui piani futuri. Durante la sessione di tre giorni, il Comitato ha sottolineato l’importanza del suo lavoro fino ad oggi e ha espresso soddisfazione per il fatto che la questione del ritorno sicuro, dignitoso e collettivo della popolazione del Nagorno Karabakh sia stata sollevata, discussa e affermata nei circoli internazionali. Ciò include dichiarazioni di vari Paesi, organizzazioni internazionali e risoluzioni di istituzioni europee. Questi sviluppi gettano le basi per la fase successiva del lavoro del Comitato, concentrandosi sul consolidamento dei progressi e impegnandosi a stabilire un formato di negoziazione internazionale per affrontare il diritto al ritorno.

 (16 ott 24) RISOLUZIONE PARLAMENTO SVIZZERO SU ARTSAKH – Il Parlamento svizzero discute l’iniziativa per una conferenza di pace sul ritorno degli armeni del Nagorno Karabakh. Una risoluzione corrispondente è stata adottata dalla Commissione per le relazioni internazionali dell’Assemblea federale svizzera (la Camera bassa del Parlamento). Dopo l’approvazione del Consiglio federale, la risoluzione verrà discussa anche nella Camera alta del Parlamento. Con questa risoluzione l’Assemblea federale invita le autorità svizzere a organizzare la conferenza di pace. Lo scopo della conferenza è “promuovere un dialogo aperto tra i rappresentanti dell’Azerbaigian e degli armeni del Nagorno Karabakh sul ritorno sicuro e collettivo della storica popolazione armena sotto la supervisione o la presenza di attori internazionali”.

(11 ott 24) PROROGATA ILLEGITTIMA DETENZIONE AUTORITA’ ARTSAKH – Le ex autorità dell’Artsakh rimangono illegittimamente detenute nelle prigioni dell’Azerbaigian. Secondo media azeri, la loro detenzione preventiva (da inizio ottobre 2023) è stata ulteriormente allungata. Si tratta dell’ex ministro di Stato Ruben Vardanyan, degli ex presidenti Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan nonché del presidente dell’Assemblea nazionale Davit Ishkhanyan, dell’ex ministro Esteri Davit Babayan, dell’ex ministro Difesa Levon Mnatsakanyan e dell’ex cvice comandante delle Ff.AA dell’Artsakh Davit Manukyan.
Nei giorni scorsi, davanti alla sedde delle Nazioni unite a Yerevan (Armenia) si è svolta una manifestazione di protesta chiedendo l’intervento ONU per il rilascio di tutti i detenuti armeni in Azerbaigian, compresi i prigionieri di guerra e i civili.

(10 ott 24) RICHIESTE AZERE ALL’AJA – L’Azerbaigian ha presentato due richieste di arbitrato interstatale contro l’Armenia alla Corte permanente di arbitrato dell’Aia. Entrambi i casi sono attualmente in corso e, secondo il calendario approvato, saranno completati entro l’inizio del 2027. L’Armenia non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito. Nel frattempo, l’Azerbaigian ha già rilasciato diverse dichiarazioni ufficiali in varie occasioni, affermando che intende ritenere l’Armenia responsabile della distruzione dell’ambiente e della biodiversità nel Nagorno Karabakh. L’iniziativa azera, con accuse peraltro assolutamente infondate, punta a “compensare” le azioni armene presso la Corte relative al mancato rispetto dei diritti umani in Azerbaigian e al trattamento riservato da Baku agli armeni della regione costretti a dieci mesi di blocco forzato.

(4 ott 24) DEMOLITO A SHUSHI MONUMENTO ARMENO – A Shushi, nell’Artsakh occupato, gli azeri hanno demolito un monumento dedicato al genocidio armeno e al suo posto hanno dato via al progetto (inaugurato ufficialmente dal dittatore Aliyev quest’anno) per una nuova piazza denominata “della bandiera”. Li sorgeranno un museo e una moschea.

(2 ott 24) INIZIATIVA LEGALE DI VARDANYAN – Ruben Vardanyan, un prigioniero politico detenuto in Azerbaigian da oltre un anno, ex ministro di Stato della repubblica di Artsakh, ha intentato quattro azioni legali attraverso il suo team legale, denunciando molteplici violazioni dei diritti umani. Le cause legali, che arrivano poco prima del vertice COP29 delle Nazioni Unite a Baku, includono accuse di diffamazione da parte del quotidiano statale azero Baku Worker, tortura durante uno sciopero della fame e violazioni del suo diritto a un processo rapido. La causa per diffamazione accusa il giornale di aver pubblicato false dichiarazioni che danneggiano la reputazione di Vardanyan. Un altro caso evidenzia il trattamento degradante che Vardanyan ha subito durante il suo sciopero della fame nell’aprile 2024, dove sarebbe stato messo in una cella di punizione, gli sono stati negati i beni di prima necessità e sottoposto a privazione del sonno. Una terza azione descrive in dettaglio la violazione del suo diritto a un processo rapido, poiché è stato trattenuto in custodia cautelare per oltre un anno senza che fosse fissata una data in tribunale. La quarta causa accusa le autorità azere di aver impedito a Vardanyan di presentare una denuncia per diffamazione civile trattenendo la necessaria documentazione legale. Queste azioni legali si aggiungono alle crescenti preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani in Azerbaigian, in particolare mentre il paese si prepara a ospitare il vertice COP29. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno lanciato allarme sul trattamento dei prigionieri politici da parte dell’Azerbaigian e sulla sua continua repressione nei confronti della società civile. L’ex ministro di Stato dell’Artsakh Ruben Vardanyan è stato arrestato nel settembre 2023 insieme ad altri leader armeni in seguito alle azioni militari dell’Azerbaijan nell’Artsakh, con gruppi per i diritti umani che hanno etichettato queste azioni come pulizia etnica.

Il 25 settembre è l’anniversario dell’esplosione alla stazione di servizio Aykazov sulla strada Stepanakert-Askeran avvenuta nel 2023.

A seguito dell’esplosione, 219 persone sono state uccise, più di 300 sono rimaste ferite e 22 sono disperse.

Nei giorni concitati di un anno fa dopo l’attacco azero e la fuga della popolazione dall’Artsakh verso l’Armenia, centinaia di persone si accalcarono nei pressi del deposito per recuperare del carburante per rifornire il proprio veicolo e guadaganare così la via di fuga verso la salvezza. Una scintilla e fu catastrofe.

Non è stato possibile identificare tre corpi mediante il DNA, il che fa supporre che si tratti dei corpi degli azeri che sono penetrati nella zona e hanno organizzato l’esplosione. Lo sospetta la moglie di uno dei dispersi in seguito all’esplosione a Stepanakert in una conversazione con i giornalisti durante una protesta che si è tenuta a Yerevan nel primo anniversario dell’evento.

Ha lamentato l’inattività delle autorità armene e delle organizzazioni internazionali per fare piena luce sulle cause. La donna è sicura che suo marito non sia stato ucciso perché il ragazzo che gli stava accanto è vivo.

“Inoltre, nel 2023 il 7 ottobre, una delle persone scomparse ha chiamato da Shushi e ha informato che c’erano altre quattro persone con lui. Inoltre, nessuno vuole cercare queste informazioni e scoprire cosa sta succedendo”, ha detto.

Insomma, su quella tragedia – che si aggiunse al dolore di un popolo cacciato dalla propria terra – si addensano anche ombre di sospetti sul ruolo attivo degli azeri. Voci di tal genere erano circolate immediatamente: si parlava anche di possibili colpi di cecchino verso le cisterne di carburante ma furono dimenticate nella concitazione dell’esodo forzato degli armeni.

Ora, a distanza di un anno ritornano e aumentano il mistero su cosa abbia innescato la strage.

Oggi nell’Artsakh rimangono 14 armeni.

Lo ha detto Gegham Stepanyan, ombudsman dell’Artsakh, durante una tavola rotonda tenutasi oggi.
Anche le persone che una volta speravano di poter restare e vivere in Azerbaigian, alla fine si sono convinte che ciò è impossibile e si sono rivolte alla Croce Rossa per trasferirle nella Repubblica di Armenia. Questo è un altro indicatore e dovrebbe anche dimostrare che è impossibile vivere lì“, ha detto.

Stepanyan ha osservato che si parla di un processo molto pericoloso, che le cause legali vengono ritirate dai tribunali internazionali.
Molte organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che ciò non potrà mai accadere, poiché ciò mina la procedura giusta e corretta di risoluzione dei conflitti. Ma almeno in questo momento vediamo che la posizione del governo dell’Armenia rimane la stessa. È stata adottata una posizione secondo cui se si raggiunge un accordo di pace ad ogni costo, la questione sarà chiusa. Ciò significa semplicemente tradire i diritti di 150.000 persone e non avere un volto per presentarci ovunque come un popolo, una nazione, che anche quando c’è stata l’opportunità di proteggerla, non l’abbiamo fatto, abbiamo semplicemente creduto nella pace“, ha affermato.