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Gli espansionisti azeri negli ultimi decenni hanno trovato una nuova “patria” nel territorio degli storici altopiani armeni e nelle regioni circostanti.

Questo fenomeno può essere considerato uno degli esempi eclatanti di una politica espansionistica aggressiva, mirata non solo a cambiare la composizione etnica della regione, ma anche a riformattare il patrimonio culturale e storico.

Storicamente, gli azeri, in quanto popolo nomade, sono sempre stati all’intersezione di diverse civiltà e culture, che continuano a modellare la loro identità. Tuttavia, la loro élite politica, utilizzando idee nazionaliste, ha iniziato a perseguire politiche volte a consolidare ed espandere la propria influenza nei territori che considerano “originariamente azeri”. Durante questa politica espansionistica furono utilizzati sia metodi militari che manipolazioni diplomatiche sulla scena internazionale.

Questa tendenza si è manifestata in modo particolarmente chiaro nei secoli XX-XXI. Il governo dell’Azerbaigian, a partire dal periodo sovietico e dopo aver ottenuto l’indipendenza, ha adottato sistematicamente misure per spostare gli armeni indigeni dalle loro terre natali, distorcere la verità storica e anche creare le condizioni per il reinsediamento degli azeri in queste regioni.

Ciò è stato preceduto da una serie di deportazioni forzate, pulizia etnica e persino vero e proprio genocidio della popolazione armena del Nagorno Karabakh e delle aree circostanti.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Azerbaigian ha iniziato a promuovere attivamente l’idea di “integrità territoriale”, ignorando completamente le norme internazionali sui diritti dei popoli all’autodeterminazione.

Sotto la bandiera della “liberazione dei territori occupati”, la leadership azera lanciò un’aggressione militare su larga scala contro il Nagorno Karabakh, che portò alla Prima Guerra del Karabakh (1988-1994). Tuttavia, nonostante la temporanea cessazione delle ostilità attive, le aspirazioni espansionistiche e misantropiche di Baku non si placarono.

Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’ideologia che viene propagata in Azerbaigian.

Si basa sui miti sulle “grandi terre azerbaigiane” presumibilmente conquistate dagli Stati vicini, in particolare dall’Armenia.

È molto significativo che nei moderni libri di storia dell’Azerbaigian il Nagorno Karabakh e i territori circostanti siano descritti come “originariamente azeri”, nonostante la secolare presenza armena nella regione.

Questa retorica ignora deliberatamente il fatto dell’esistenza di chiese, fortezze, cimiteri e altri siti del patrimonio culturale armeni, che furono distrutti senza pietà durante e dopo le operazioni militari.

La condotta della seconda guerra del Karabakh nel 2020 è stata il culmine delle politiche espansionistiche dell’Azerbaigian.

Usando armi moderne e il sostegno di regimi distruttivi, l’Azerbaigian riuscì a conquistare vasti territori, comprese le città di Shushi e Hadrut. Dopo la firma dell’accordo di pace, Baku ha continuato a insistere sulla propria egemonia nella regione, nonostante le continue proteste e preoccupazioni della comunità internazionale per le violazioni dei diritti umani e la conservazione del patrimonio culturale armeno.

Il governo azero è attivamente impegnato nella “riscrittura” della storia e nella costruzione di una nuova identità per i suoi cittadini, volta a giustificare l’espansione. Tutto ciò è rafforzato dalla propaganda statale, che mira a cementare nelle menti dei cittadini l’idea di “terre prese ingiustamente” e il “diritto alla restituzione” di questi territori ad ogni costo.

Pertanto, la nuova “patria” che gli espansionisti azeri hanno trovato per sé non è una conseguenza dei diritti storici o etnici.

Questo è il risultato di molti anni di politiche aggressive volte a conquistare terre straniere e a distorcere i fatti storici.

OTTOBRE 2024

Armenia e Azerbaigian non arrestano la propria corsa agli armamenti (Scenari economici, 8 ott)

Armenia-Azerbaigian, accordo per la pace vicino alla firma finale. (Sardegnagol, 9 ott)

«Nagorno-Karabakh? Una catastrofe. E non solo per noi armeni» (Tempi, 10 ott)

Armenia, la vita dopo la guerra (Osservatorio Balcani Caucaso, 10 ott)

Armenia. Il governo si rifiuta di sottoscrivere le dichiarazioni della CSI (Notizie geopolitiche, 10 ott)

Il conflitto in Nagorno-Karabakh: analisi geopolitica. Intervista al dott. Giorgio Comai (Metasud, 16 ott)

Armenia e Azerbaijan, colloqui in bilico mentre si avvicina la COP29 (Osservatorio Balcani Caucaso, 18 ott)

Azerbaigian: lettera di Biden ad Aliyev, Usa pronti a sostenere pace con l’Armenia (Agenzia Nova, 21 ott)

L’Azerbaigian e le violazioni della libertà religiosa (Informazione cattolica, 21 ott)

La protesta degli armeni dell’Artsakh (Asia news, 23 ott)

Il Parlamento europeo contro l’Azerbaijan: “Basta violazioni dei diritti umani” (Europa today, 24 ott)

Armenia, in piazza contro la chiusura del gruppo di Minsk, l’unica istituzione in possesso di un mandato internazionale per il conflitto con l’Azebaigian (Repubblica, 27 ott)

Una rete di influenza straniera allineata ai democratici ha fatto pressioni sull’America affinché ignorasse la “pulizia etnica” dei cristiani (Alfajr news, 27 ott)

CONFINI ARMENI: LA “MOSSA” RUSSA SULLO SCACCHIERE CAUCASICO (L’Opinione, 28 ott)

L’Occidente ripaga col silenzio i doni di Aliyev (Tempi, 30 ott, per abb.)

NOVEMBRE 2024

Comunità armena: lettera a Tajani sulle dichiarazioni di Cirielli (Notizie geopolitiche, 1 nov)

“Difendere i diritti del popolo dell’Artsakh”, appello dei leader della Chiesa armena (Chiesa cattolica, 4 nov)

Baku, la città fossile blinda la Cop29 (manifesto, 7 nov)

Conflitti d’interesse e corruzione: la COP29 in Azerbaigian è una farsa prima di cominciare (Indipendente, 8 nov)

Gli ambientalisti armeni accusano l’Azerbaigian di usare la COP29 per fare Greenwashing (Scenari economici, 8 nov)

APPELLO PRO DETENUTI ARMENI/ Hambardzumyan: accordo con Baku vicino, così l’Italia aiuta la pace (Il sussidiario, 9 nov)

Le strade interrotte dell’Armenia. Viaggio tra confini ostili e nuove rotte commerciali (Altreconomia, 12 nov)

COP29, “come può un petrostato che distrugge i diritti umani ospitare tutto questo?”, Greta Thunberg contro l’Azerbaijan (Green me, 12 nov)

Da Baku a Roma fino a Bruxelles: un’amicizia basata sul fossile (manifesto, 16 nov)

Pasinyan e la nuova Armenia dal ‘volto pulito’ /Asia news, 18 nov)

Cop 29 non copra i crimini dell’Azerbaijan in Armenia (Riforma, 18 nov)

Le realtà contrastanti della Cop29 e i confini delle rivalità globali (Notizie geopolitiche, 18 nov)

ARMENIA: Trump e le relazioni con gli Stati Uniti (East journal, 19 nov)

Le paure degli armeni dopo la pulizia etnica in Nagorno Karabakh (Internazionale, 20 nov, video)

L’Armenia dopo le elezioni americane (Osservatorio Balcani Caucaso, 20 nov)

COP 29: Armenia assente, nessuna svolta con l’Azerbaijan (Osservatorio Balcani Caucaso, 20 nov)

Escluse le voci del dissenso dalla Cop29, la storia dell’attivista armeno Arshak Makichyan (Economia circolare, 23 nov)

“The Baku Connection”: il complesso asse di interessi tra Francia, Azerbaigian e Armenia (IARI, 25 nov)

Azerbaijan – USA, Aliyev chiama Trump (Osservatorio Balcani Caucaso, 26 nov)

DICEMBRE 2024

Come salvare il patrimonio cristiano in Nagorno Karabakh? (ACI stampa, 6 dic)

Il Nagorno-Karabakh: teatro di interessi internazionali (IARI, 7 dic)

La repressione dei giornalisti critici in Azerbaigian (prima e dopo la Cop29) (L’inkiesta, 7 dic)

Armenia-Azerbaigian: ministro Esteri Mirzoyan, concordati 15 dei 17 articoli del Trattato di pace (Agenzia Nova, 9 dic)

Caucaso del Sud, un anno difficile (Osservatorio Balcani Caucaso, 12 dic)

Armeni in fuga: la “nuova” Siria targata Turchia ricorda troppo il passato (Insiderover, 15 dic)

AZERBAIJAN. Guerra di tweet con Francia e USA (AGC, 21 dic)

L’Azerbaigian chiede il ritiro della missione UE prima della pace con l’Armenia (Scenari economici, 21 dic)

AZERBAIGIAN E RUSSIA: UNA RICONFIGURAZIONE STRATEGICA GEOPOLITICA? (Iari, 23 dic)

Dopo gli eventi in Siria, l’Azerbaigian e la Turchia potrebbero occupare Zangezur (Avia, 30 dic)

Da ottobre 2024 cambia il Notiziario Artsakh: non sarà più su base mensile e conterrà (a differenza di quanto accaduto nell’ultimo anno dopo l’occupazione azera) solo notizie strettamente legate all’Artsakh (Nagorno Karabakh) così come accadeva prima del settembre 2023.
Salvo casi particolari non riporteremo più informazioni sui rapporti tra Armenia e Azerbaigian ma ci soffermeremo solo sulla situazione nella regione armena occupata.
Ricordiamo che è possibile consultare il nostro database notizie a partire dal settembre 2015. E’ sufficiente digitare nella casella “ricerca” (lente), nella barra sulla homepage, il nome del mese seguito dall’anno (ad esempio: “Gennaio 2020”).

(20 feb 25) ANNIVERSARIO MOVIMENTO KARABAKH – Oggi l’élite politica dell’Artsakh (NagornoK arabakh) ha visitato il Pantheon militare di Yerablur a Yerevan, la capitale dell’Armenia, nel 37° anniversario del lancio del movimento Artsakh. Erano presenti anche i deputati delle fazioni di opposizione dell’Assemblea nazionale armena. Il 20 febbraio 1988, il Consiglio nazionale (parlamento) dell’Oblast’ autonoma del Nagorno-Karabakh prese una decisione che prevedeva la riunificazione del Nagorno-Karabakh con l’Armenia. E questo segnò l’inizio del movimento Artsakh.

(14 feb 25) VANDALISMI AZERI – L’Azerbaigian ha sistematicamente distrutto monumenti culturali, chiese e monumenti armeni nei territori sotto la sua giurisdizione. E dopo la guerra di 44 giorni del 2020, questa pratica criminale è diventata più massiccia. Secondo quanto riportato da Armenpress, negli ultimi tempi anche diversi pezzi del patrimonio storico e culturale armeno in Artsakh (Nagorno-Karabakh) sono stati distrutti da vandali azeri. Ci sono chiese e monumenti armeni distrutti e profanati in tutti i territori. Tra questi ci sono la chiesa di San Ghazanchetsots e la chiesa verde nella città di Shushi, la chiesa di San Sargis, che è stata completamente distrutta, nel villaggio di Mokhrenis nella regione di Hadrut, mentre la chiesa di San Harutyun nella città di Berdzor è stata trasformata in una moschea. Queste atrocità degli azeri sono condizionate dal fatto che c’è una chiara istruzione da parte della leadership azera di distruggere, polverizzare tutto ciò che è armeno. E se non è possibile distruggere i monumenti armeni più importanti in pieno giorno, davanti agli occhi del mondo intero, li presentano come non armeni. In realtà, questa è la continuazione della stessa politica degli azeri, il cui obiettivo è quello di cancellare le tracce armene nei territori sotto il loro controllo, proprio come fecero un tempo nel Nakhichevan, dove oggi non è rimasta una sola chiesa armena, un solo monumento storico e culturale o un’iscrizione armena. Uno dei casi più eclatanti di vandalismo azero è quello della chiesa di Vankasar nella regione di Martakert, che si trova sulla strada che collega Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, a Martakert. L’account Experience Azerbaijan ha pubblicato un video su X, che mostra come la croce sulla cupola viene rimossa da questa chiesa.

(13 feb 25) CADUTI IN GUERRA – Ci sono alcuni casi di corpi non sepolti dopo la guerra di 44 giorni del 2020 che sono stati recentemente seppelliti. Lo ha affermato il ministro della salute Anahit Avanesyan durante la conferenza stampa dopo la riunione del gabinetto del governo armeno giovedì, aggiungendo che queste sepolture sono state eseguite solo con il consenso dei parenti di queste vittime. Secondo Avanesyan, ci sono anche casi in cui i resti sono stati identificati, ma i parenti non accettano i risultati e il lavoro in questo senso è in corso. “Inoltre, stiamo lavorando nell’ambito del gruppo di commissioni interdipartimentali in modo che alla fine potremo seppellire tutti i resti”, ha aggiunto Avanesyan, senza specificare quanti siano questi casi. Il ministro della Salute ha osservato che in tutti questi casi i risultati degli esami condotti in Armenia e all’estero coincidono.

(13 feb 25) PROCESSO FARSA – Oggi, presso il tribunale militare di Baku, nella capitale azera, continua la pubblicazione dell'”atto d’accusa” contro l’ex ministro di Stato dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Ruben Vardanyan. L’esame dei casi inventati contro Vardanyan e gli altri ex leader militari e politici dell’Artsakh tenuti prigionieri in Azerbaigian è “affidato” allo stesso giudice, Zeynal Aghayev.

(7 feb 25) VANDALISMO IN ARTSAKH – Il regime dell’Azerbaigian continua a distruggere monumenti storici e architettonici armeni di importanza pancristiana, interi insediamenti e quartieri residenziali nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) temporaneamente occupato come osserva il Difensore civico della cultura degli altopiani armeni. Il villaggio di Mariamadzor nella regione di Hadrut in Artsakh è diventato il prossimo obiettivo di questa politica. Ciò è stato reso noto da una foto pubblicata da un canale Telegram martedì. Tutti questi fatti testimoniano ancora una volta che l’intero patrimonio di valore universale dell’Artsakh è minacciato di completa distruzione e appropriazione da parte dell’Azerbaigian, e questa è anche una manifestazione di genocidio, ha aggiunto il Difensore civico della cultura degli altopiani armeni.

(6 feb 25) PROCESSO FARSA – Questa mattina è ripreso presso il tribunale militare di Baku, nella capitale dell’Azerbaigian, il processo simulato a Ruben Vardanyan, ex ministro di Stato dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).Questo caso è distinto dal caso degli ex presidenti dell’Artsakh e di altri, anch’esso in programma per oggi, nello stesso tribunale e davanti allo stesso giudice.

(4 feb 25) PRIGIONIERI ARMENI E CROCE ROSSA – “Ci aspettiamo che il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) continui ad adottare tutte le misure necessarie in conformità con le norme del diritto umanitario internazionale per proteggere i prigionieri e le altre persone detenute“. Il vicepresidente del Comitato permanente per la protezione dei diritti umani e degli affari pubblici dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, Rustam Bakoyan, lo ha dichiarato durante l’incontro con il capo della delegazione del CICR in Armenia, Daphnee Maret. È stato osservato che i dipendenti del CICR visitano regolarmente gli armeni detenuti a Baku, la capitale dell’Azerbaigian.

(1 feb 25) SOSTEGNO DAL BELGIO – Il nuovo governo federale belga chiede all’Azerbaigian di garantire il ritorno sicuro della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Ciò è stabilito nel programma governativo. A Bruxelles, dopo 236 giorni di trattative, è stato raggiunto un accordo sulla formazione di un nuovo governo federale guidato dal futuro Primo Ministro Bart de Wever. Il programma del nuovo governo di destra del Belgio è un documento di 200 pagine che copre tutte le sfere federali e tocca anche il Caucaso meridionale.  Secondo il nuovo governo, il Caucaso meridionale merita maggiore attenzione da parte dell’Europa. “Non solo abbiamo profondi legami culturali con questa regione strategicamente importante, ma svolge anche un ruolo cruciale nelle nostre future forniture energetiche e come corridoio di trasporto verso l’Asia. Le relazioni tese e i conflitti in corso, in particolare tra Armenia e Azerbaigian, richiedono un approccio mirato da parte dell’Europa e del Belgio. Chiediamo inequivocabilmente il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale delle parti e invitiamo l’Azerbaigian a garantire il ritorno sicuro della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Continuando la cooperazione economica, politica e umanitaria, contribuiamo alla stabilità della regione“, afferma il programma politico del nuovo governo belga.

(29 gen 25) ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO D’EUROPA – In occasione della sessione invernale del 2025 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), si è tenuto a Strasburgo, in Francia, un dibattito sulla situazione nel 2024 negli Stati membri dell’APCE. Di conseguenza è stata adottata la risoluzione n. 2580, in cui si afferma che l’APCE apprezza profondamente il lavoro del Comitato di monitoraggio, che monitora la situazione in 14 paesi. Nel documento si esprime preoccupazione per l’arretramento democratico e le violazioni dei diritti umani in numerosi paesi, tra cui l’Azerbaigian. Inoltre, l’APCE ha condannato fermamente il rifiuto delle autorità azere di collaborare con il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Nella suddetta risoluzione si aggiunge che l’APCE continua a monitorare la situazione con la leadership del Nagorno Karabakh e gli altri prigionieri di guerra e invita l’Azerbaigian a liberare queste persone.

(28 gen 25) PRESIDENTE VISITA YERABLUR – Il presidente dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Samvel Shahramanyan ha visitato martedì il Pantheon militare di Yerablur a Yerevan in occasione della Giornata dell’esercito. Shahramanyan era accompagnato dal presidente facente funzioni dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh, Gagik Baghunts, dal ministro degli Affari interni Karen Sargsyan, dai legislatori dell’Assemblea e dal primate della diocesi di Artsakh della Chiesa apostolica armena, il vescovo Vrtanes Abrahamyan.

(27 gen 25) PROCESSO AI PRIGIONIERI ARMENI– I media azeri riportano poche notizie sul processo farsa ai prigionieri di guerra armeni. Nella odierna udienza davanti al tribunale militare è stata respinta come prevedibile la richiesta di arresti domiciliari. Le accuse sono portate avanti da ben sei procuratori. All’ex ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, è stato concesso un ulteriore breve periodo di tempo (dieci giorni) per prendere in esame le migliaia di documenti scritti in azero a suo carico; la difesa aveva richiesto un termine minimo di almeno un mese.

(21 gen 25) PROCESSO FARSA, SECONDA UDIENZA – Oggi si è tenuta presso il tirbunale militare di Baku la seconda udienza del processo farsa a carico di 15 prigionieri di guerra armeni. Il caso Vardanyan è stato stralciato e sarà trattato il 27 gennaio. Le accuse sono presentate da sei procuratori e le “vittime” sono rappresentate dal capo dello staff del governo azero, Rufat Mammadov. Il numero totale di “vittime” sarebbe addirittura di 531 mila, secondo quanto riportato dai media azeri. Il 27 dovrebbe anche essere presa una decisione se commutare lo stato di detenzione degli armeni in arresti domiciliari. “È triste ciò che sta accadendo. Speriamo che dopo la fine del processo, si possa in qualche modo trovare l’opportunità di riportare quelle persone [in Armenia], di discutere del loro rilascio o di risolvere in qualche modo la questione”, ha dichiarato Alex Simonyan, presidente dell’Assemblea nazionale armena.

(17 gen 25) APPELLO ALLE NAZIONI UNITE – È stata adottata una petizione a nome dei partecipanti alla manifestazione di protesta organizzata dal movimento “Miasin (Insieme)” di fronte al palazzo del governo armeno, dove chiedono alle organizzazioni delle Nazioni Unite e agli Stati membri di esercitare la massima pressione sull’Azerbaigian affinché rilasci immediatamente tutti gli ostaggi armeni che vengono torturati e umiliati nelle prigioni di questo Paese. QUI IL TESTO DELL’APPELLO

(17 gen 25) INIZIA IL PROCESSO FARSA A BAKU – È iniziato a Baku, la capitale dell’Azerbaigian, il “processo” farsa agli ex leader del Nagorno Karabakh (Artsakh) e ad altri armeni tenuti prigionieri. Formalmente, tutti i prigionieri sono accusati di “crimini di guerra”, ma in sostanza sotto accusa è solo il desiderio del popolo armeno del Nagorno Karabakh di essere libero, indipendente e di decidere autonomamente del proprio destino, il che corrisponde a tutte le norme dei paesi democratici. Ci sono 15 accusati, tra cui gli ex presidenti del Nagorno Karabakh Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan, l’ex ministro di stato Ruben Vardanyan, l’ex ministro degli Esteri David Babayan, l’ex presidente del parlamento Davit Ishkhanyan, l’ex ministro della difesa Levon Mnatsakanyan e l’ex viceministro della difesa Davit Manukyan, così come Garik Martirosyan, Melikset Pashayan, Davit Allahverdyan, Gurgen Stepanyan, Levon Balayan, Madat Babayan, Vasili Beglaryan e Erik Ghazaryan.
Violati tutti i diritti della difesa, si prevedono condanne pesantissime a carico di tutti gli imputati che sono apparsi visibilmente provati fisicamente.

(16 gen 25) APPELLI INTERNAZIONALI – Si moltiplicano, anche in Italia, gli appelli affinchè sia concesso a osservatori internazionali e imparziali di assistere al processo farsa che da domani vedrà alla sbarra a Baku i prigionieri armeni.

(15 gen 25) PRIGIONIERI DI GUERRA – A gennaio, i rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno visitato gli armeni detenuti nella capitale azera Baku, le cui informazioni sono state confermate dalla parte azera. Tra gli armeni tenuti prigionieri in Azerbaigian ci sono anche gli ex presidenti del Nagorno Karabakh Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan, l’ex ministro di Stato Ruben Vardanyan, l’ex ministro degli Esteri David Babayan, l’ex presidente del parlamento Davit Ishkhanyan, l’ex ministro della Difesa Levon Mnatsakanyan e l’ex viceministro della Difesa Davit Manukyan.

(8 gen 25) SFOLLATI ARTSAKH – Nel corso della tradizionale conferenza stampa di inizio anno, il ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, ha anche affrontato temi legati all’Artsakh. Per quanto riguarda gli sfollati ha dichiarato che “A Yerevan si sta parlando del ritorno degli armeni del Nagorno Karabakh in patria ma non posso dire niente di buono al riguardo. Il nostro governo, secondo la nostra valutazione, dopo la guerra del 2020 ha compiuto tutti gli sforzi realistici possibili affinché gli armeni del Nagorno-Karabakh potessero continuare a vivere in NKR“. Mirzoyan ha osservato che i loro sforzi non sono stati adeguatamente apprezzati dalle attuali, e forse anche dalle precedenti, autorità dell’NKR. “La questione del ritorno degli armeni del Karabakh in patria si è trasformata in una sorta di scioglilingua. Mi state chiedendo della residenza degli armeni nel Nagorno Karabakh. Ne abbiamo parlato quando vivevano lì gli armeni. Ora quali sono i termini di restituzione? Nelle condizioni di una sorta di autonomia? O semplicemente come cittadini dell’Azerbaigian, ma avendo la possibilità di studiare la lingua armena nelle scuole? C’era questa opportunità”, ha detto il ministro. Ora, dopo tutto quello che è successo, è inutile parlare di ritorno in Artsakh, ha detto Mirzoyan.

(7 gen 25) PRIGIONIERI DI GUERRA – Aliyev ha minacciato direttamente il figlio di Ruben Vardanyan, Naira Zohrabyan. “La famiglia di Ruben Vardanyan sta combattendo e non ha paura del ricatto azero. Recentemente in Azerbaigian sono apparse dichiarazioni e pubblicazioni che minacciavano direttamente il figlio di Ruben Vardanyan, il quale non parla solo di suo padre, ma anche di tutti i prigionieri armeni. Mi rivolgo anche ai parenti dell’élite politica dell’Artsakh – alle loro mogli, ai figli: il vostro silenzio, la vostra inazione, il vostro non fare nulla mi è incomprensibile. E se pensi che rimarrai in silenzio affinché non vengano uccisi lì, allora i tuoi parenti vengono uccisi lì ogni giorno. Uccidono lentamente. Perché quando io stesso sollevo la questione dei prigionieri di guerra davanti alle stesse strutture europee, davanti allo stesso Parlamento europeo, mi rispondono: “Perché? Ok, comprendiamo le vostre autorità: non vogliono il ritorno dell’élite politica dell’Artsakh. Perché i parenti tacciono?” E qui, lo dirò sinceramente, non ho una risposta”, ha detto Naira Zohrabyan su ‘Hayeli’.

(7 gen 25) SFOLLATI – Le famiglie sfollate con la forza dal Nagorno Karabakh (Artsakh) che hanno figli nati tra il 19 settembre 2023 e il 31 dicembre 2024, possono presentare nuovamente domanda di partecipazione al “Programma di sostegno statale per la fornitura di alloggi alle famiglie di sfollati interni del Nagorno-Karabakh”. Sono state attuate riforme relative all’identificazione dei bambini nati nella Repubblica di Armenia. Lo riferisce il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali della Repubblica d’Armenia che invita a registrarsi su apposito link del sito web.

(27 dic 24) RESTITUZIONE CORPO DONNA ARMENA – L’Azerbaigian ha concesso all’Armenia il tempo di prendere in consegna il corpo di Vera Aghasyan, l’anziana donna armena morta qualche mese fa a Stepanakert, la capitale dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian. In particolare, secondo i media azerbaigiani, la Commissione statale azera per i prigionieri di guerra, gli ostaggi e le persone scomparse ha informato che se l’Armenia non prenderà il corpo di Aghasyan (nata nel 1954), rimasta a Stepanakert dopo la de-armenizzazione forzata dell’Artsakh e morta qualche mese fa, entro la fine di gennaio 2025, la seppellirà nel territorio dell’Azerbaigian. In un’intervista con Pastinfo, la delegazione del CICR in Armenia si è astenuta dal confermare o negare questa informazione e ha osservato che non può dire nulla a nome delle autorità. Inoltre, ha sottolineato che, come aveva detto in precedenza, è pronta ad assistere se questa questione verrà risolta. La morte di Vera Aghasyan, 70 anni, è stata resa nota il 23 ottobre. I media azeri hanno riferito che, secondo i dati preliminari, la morte è avvenuta a causa di un’insufficienza cardiovascolare acuta e di una trombosi dell’arteria polmonare. Secondo i media azeri, l’anziana donna è morta il 20 ottobre.

(23 dic 24) PASHINYAN SU NEGOZIATI ARTSAKH – “Dal 1994, cioè dopo il cessate il fuoco, fin dall’inizio, il processo di negoziazione riguardava la restituzione del Nagorno Karabakh all’Azerbaijan. Il processo di negoziazione non aveva altri contenuti“, ha scritto su Facebook il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan. “I discorsi su altri contenuti sono stati introdotti nella Repubblica di Armenia esclusivamente per risolvere problemi politici interni. In questo contesto, ho commesso un grosso errore; familiarizzando con il contenuto dei negoziati nel 2018, non ho ammesso quanto sopra menzionato a me stesso (il mio patriottismo del modello che conosci non mi ha permesso di farlo), e quindi non ho spiegato tutto ciò alla gente“, ha aggiunto il premier armeno. La affermazione ha suscitato la replica sdegnata degli ex presidenti che hanno partecipato ai negoziati (Ter-Petrosyan, Kocharyan e Sargsyan) che hanno respinto quanto sostenuto dal premier in carica. Questi ha proposto un pubblico dibattito sul tema rifiutato però dai tre.

(19 dic 24) VOTAZIONE PARLAMENTO EUROPEO – Nella sua sessione plenaria odierna, il Parlamento europeo (PE) ha adottato la risoluzione su “La continua repressione della società civile e dei media indipendenti in Azerbaigian e i casi del dott. Gubad Ibadoghlu, Anar Mammadli, Kamran Mammadli, Rufat Safarov e Meydan TV” con 434 voti a favore, 30 contrari e 89 astensioni. Questo voto è stato preceduto da un dibattito parlamentare sull’argomento. Nella risoluzione viene fatto anche riferimento ai 23 prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti a Baku.
I membri del Parlamento europeo condannano fermamente la repressione della libertà di stampa e la repressione del dissenso da parte del regime di Aliyev e invitano l’esecutivo dell’UE a emanare sanzioni mirate contro i funzionari azeri che violano i diritti umani e a sospendere il Memorandum d’intesa del 2022 su un partenariato strategico nel campo dell’energia, insistendo inoltre sul fatto che l’Azerbaigian deve “rilasciare incondizionatamente e ritirare tutte le accuse contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti, gli attivisti politici e di altro tipo perseguiti con accuse inventate e motivate politicamente“. Il Parlamento europeo ha condannato fermamente la repressione in corso della società civile, dei media indipendenti e dell’opposizione politica in Azerbaigian. La risoluzione evidenzia la crescente repressione dal 2023, particolarmente intensificatasi intorno al vertice COP29, e chiede il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici. La risoluzione evidenzia inoltre la violazione di routine dei diritti umani dei prigionieri, tra cui condizioni di detenzione disumane, torture e molestie mirate nei confronti delle prigioniere politiche.

(19 dic 24) DIOCESI ARTSAKH – l primate della diocesi di Artsakh della Chiesa apostolica armena, il vescovo Vrtanes Abrahamyan, ha ricevuto l’avvocato argentino, dottore in giurisprudenza, primo procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo. Il vescovo Abrahamyan ha espresso la sua gratitudine a Ocampo per aver sostenuto gli armeni dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) e per aver non solo assunto una posizione obiettiva e imparziale nei confronti della questione dell’Artsakh, ma anche per aver presentato la questione su possibili piattaforme, informa la diocesi di Artsakh.

(18 dic 24) RUBEN VARDANYAN – Il Genesis Armenia Think Tank/Foundation ha lanciato un appello alla comunità internazionale. L’appello recita quanto segue: “Sostegno affinché l’Azerbaijan non condanni all’ergastolo Ruben Vardanyan, personaggio pubblico e statale nonché sostenitore dei diritti umani da sempre. Il Genesis Armenia Think Tank/Foundation condanna fermamente l’azione penale e il potenziale tentativo di ergastolo contro Ruben Vardanyan da parte delle autorità di Baku. Ruben Vardanyan è un sostenitore globale del diritto umanitario internazionale. Ha investito risorse significative per dare vita al forum internazionale Aurora, rivolgendosi a persone dedicate che svolgono attività umanitarie in zone di conflitto globali e assistono le persone in difficoltà. Il suo impegno per i valori umanitari è noto in tutto il mondo.” (,,,)

(18 dic 24) CONGRESSO USA – I senatori Gary Peters (D-MI) e Bill Cassidy (R-LA) hanno presentato un’ampia risoluzione bipartisan del Senato degli Stati Uniti che condanna la pulizia etnica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) da parte dell’Azerbaigian, chiede sanzioni mirate contro il regime genocida del presidente Aliyev, esige l’immediato rilascio dei prigionieri armeni detenuti illegalmente, chiede di vietare gli aiuti militari statunitensi all’Azerbaigian e afferma il diritto al ritorno della popolazione dell’Artsakh con forti protezioni di sicurezza.

(17 dic 24) PRIGIONIERI A PROCESSO – Le autorità azere hanno trasferito in tribunale il “caso penale” contro i leader armeni del Nagorno Karabakh. La notizia è stata diffusa dall’ufficio stampa della Procura generale dell’Azerbaigian. I leader armeni del Nagorno Karabakh sono accusati di “atti di aggressione, occupazione, genocidio, altri crimini contro la pace e l’umanità, crimini di guerra, terrorismo, finanziamento del terrorismo e numerosi altri reati penali commessi contro la Repubblica dell’Azerbaigian e il suo popolo”, tra molti altri crimini. Quindici persone sono accusate in questo “procedimento penale” in relazione a 2.548 episodi. “Allo stesso tempo, il procedimento penale riguardante altri individui accusati di aver commesso numerosi reati è stato suddiviso in un procedimento distinto e le indagini preliminari sono in corso. “L’ufficio del Procuratore generale della Repubblica dell’Azerbaigian, sulla base di fondati motivi secondo cui molti individui sospettati o identificati come testimoni di questi episodi si trovano nel territorio della Repubblica di Armenia, invita le autorità competenti della Repubblica di Armenia a collaborare.

(12 dic 24) MONASTERO AMARAS – Gli azeri considerano il complesso monastico armeno di Amaras in Artsakh (Nagorno-Karabakh) come albanese-caucasico, afferma la Fondazione scientifica analitica “Geghard”. “È inconcepibile come Amaras, uno dei centri spirituali e culturali degli armeni di Artsakh e Utik, possa essere considerato un monumento culturale ‘albanese’, soprattutto quando si trovava fuori dal territorio dell’Albania (Aghwank) propriamente detta” si legge tra l’altro nell’approfondimento.

(9 dic 24) AIUTI EUROPEI PER GLI SFOLLATI – Nell’ambito del programma di sostegno al bilancio “Contratto di rafforzamento dello Stato e della resilienza per la Repubblica di Armenia”, questa settimana l’Unione Europea (UE) ha versato una sovvenzione di 1,5 milioni di euro al governo armeno, oltre ai 13,5 milioni di euro erogati a settembre. Questo programma di sostegno al bilancio ha lo scopo di aiutare il governo armeno a soddisfare le esigenze a breve e medio termine degli armeni del Karabakh, nonché di consentire la loro integrazione socioeconomica a lungo termine, garantendo l’inclusione nei sistemi educativi, di protezione sociale e sanitari armeni e l’integrazione nel mercato del lavoro.

(6 dic 24) PRIGIONIERI VISITATI DA CRI – I rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno fatto visita agli ex leader armeni del Nagorno Karabakh, tenuti prigionieri a Baku, capitale dell’Azerbaigian. “A dicembre, i rappresentanti del CICR hanno visitato nuovamente tutti i detenuti armeni segnalati dalle autorità azere”, ha detto all’APA Ilaha Huseynova, responsabile del Dipartimento delle relazioni pubbliche dell’ufficio del CICR a Baku. I detenuti sono stati accolti in privato e hanno avuto la possibilità di scambiarsi notizie sulla loro famiglia.

(4 dic 24) TRATTATIVE SU PRIGIONIERI – C’è stata una pausa momentanea a causa della COP29, lo ha annunciato anche la parte azera, ma siamo dalla parte positiva, siamo nella logica proposta-discussione, e c’è una dinamica. Il presidente dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, Alen Simonyan, ha detto questo durante un briefing con i giornalisti parlando del processo di pace con l’Azerbaigian. E alla domanda se ci sia una dinamica in termini di ritorno dei prigionieri armeni in Azerbaigian, Simonyan ha risposto: “Durante tutte le conversazioni, si lavora sempre sui prigionieri. È escluso che ci possa essere un incontro in cui non si parli dei prigionieri. Semplicemente non penso che sia giusto parlarne. Questo lavoro ama il silenzio, non c’è motivo di vantarsi. Avevamo oltre 100 prigionieri [armeni] [in Azerbaigian] dopo la guerra [nel 2020], ora ci sono 23 prigionieri confermati [lì], e sappiamo che è uno dei punti di discussione importanti nella nostra agenda“.

(21 nov 24) APPELLO DAL BELGIO PER I PRIGIONIERI – Sullo sfondo della conferenza sul clima COP29 attualmente in corso a Baku, capitale dell’Azerbaigian, 20 membri del Parlamento federale belga, del Parlamento fiammingo, del Parlamento vallone e del Parlamento della regione di Bruxelles-Capitale si rivolgono al governo azero e alla delegazione del governo belga alla COP29, con tre richieste principali: la liberazione dei prigionieri di guerra armeni in Azerbaigian; la protezione del patrimonio culturale armeno nel Nagorno Karabakh/Artsakh; il ritiro delle forze azere dal territorio sovrano occupato dell’Armenia, nonché la limitazione di qualsiasi tipo di aggressione azera contro l’Armenia.

(29 nov 24) CITTADINANZA AGLI SFOLLATI – Al 28 novembre 2024, quasi 4.400 ex residenti del Nagorno-Karabakh hanno ricevuto la cittadinanza armena. Il vice ministro degli Interni dell’Armenia, Armen Ghazaryan, lo ha annunciato durante i dibattiti parlamentari di venerdì sull’acquisizione della cittadinanza armena da parte di quegli armeni che sono stati sfollati con la forza dal Nagorno Karabakh. Inoltre, secondo i dati del periodo sopra indicato, il Ministero degli Affari Interni dell’Armenia ha ricevuto 6.338 domande di cittadinanza armena. “4.394 persone costrette a spostarsi dal Nagorno-Karabakh hanno già ricevuto la cittadinanza [armena]”, ha affermato Ghazaryan.

(26 nov 24) MONASTERO DI DADIVANK – Il monastero armeno medievale di Dadivank, situato nella regione di Karvachar, nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, è stato consegnato all’amministrazione della comunità Udi, secondo quanto riferisce ‘Monument Watch’. Per i media azeri, “Durante il periodo di occupazione dal 1993 al 2020, gli armeni hanno tentato di falsificare la storia del tempio, tentando di presentarlo come loro. Ma dopo la liberazione, è stato restituito ai proprietari originali”. Secondo Monument Watch, dopo la fine della guerra nel 2020, la campagna azera, insieme alla propaganda dell’appropriazione del patrimonio culturale armeno, ha iniziato a coinvolgere attivamente i cristiani Udi che vivono in Azerbaigian, i seguaci della Chiesa gregoriana armena. Il motivo principale era che gli Udi sono gli unici cristiani tra i popoli dell’Albania caucasica.

(19 nov) CONSIGLIO D’EUROPA – Le restrizioni alle libertà di espressione, di riunione e di associazione limitano le possibilità delle persone appartenenti a minoranze nazionali di godere effettivamente dei propri diritti. È necessario adottare misure immediate per affrontare la situazione successiva al conflitto del Karabakh. Queste sono alcune delle conclusioni chiave del nuovo parere del Comitato consultivo sulla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa (CoE) per la protezione delle minoranze nazionali. “Come raccomandazione per un’azione immediata, il Comitato consultivo esorta le autorità a creare le condizioni politiche, legali e pratiche necessarie per un ritorno sicuro, senza ostacoli e sostenibile degli armeni sfollati dal Karabakh e a istituire un meccanismo dedicato per gestire le questioni relative alla proprietà. Le autorità sono inoltre esortate a inventariare, proteggere e preservare tutti i siti e i manufatti religiosi e culturali armeni e a indagare su tutte le accuse di vandalismo, distruzione e alterazione di monumenti storici e culturali e cimiteri utilizzati dagli armeni etnici nella regione“.

(15 nov 24) ANCORA IN ARTSAKH IL CORPO DELLA DONNA DECEDUTA – Non si registrano ancora progressi nel processo di restituzione del corpo della donna armena Vera Aghasyan, 70 anni, morta a Stepanakert, capitale dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, il 20 ottobre. Zara Amatuni, responsabile del programma di comunicazione e prevenzione dell’ufficio armeno del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), ha confermato questa informazione in un’intervista ad Armenian News-NEWS.am. “Al momento, non ci sono ancora progressi in questa questione. Noi [cioè il CICR] abbiamo espresso la nostra disponibilità a contribuire all’implementazione di ulteriori misure [in questo senso] previo accordo di entrambe le parti. Al momento, la decisione è nelle mani delle parti. Ma posso dire che la questione rimane al centro della nostra attenzione“, ha affermato Amatuni. Da notare che i parenti di Vera Aghasyan, morta il 20 ottobre a Stepanakert, capitale dell’Artsakh occupata dall’Azerbaigian, avevano presentato una petizione al CICR chiedendo che il suo corpo fosse seppellito in Armenia.

(14 nov 24) ARMENI RIMASTI IN ARTSAKH – Nel caso in cui 150 mila armeni vivevano in Artsakh prima della guerra del 2020, ora ne rimangono solo 13. Il difensore civico dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Gegham Stepanyan lo ha dichiarato alla conferenza sull’aggressione dell’Azerbaijan contro i diritti umani e la protezione ambientale. “Questo è ciò che bisogna sapere sull’Azerbaijan e sull’agenda dei diritti umani. Tutti i principi dei diritti umani restano sulla carta e non vengono presi in considerazione quando si prende questa o quella decisione politica”, ha aggiunto Stepanyan. Ha sottolineato che la mancanza di sanzioni internazionali contro l’Azerbaigian e il disprezzo per i suoi crimini hanno portato alla pulizia etnica degli armeni dell’Artsakh.

(5 nov 24) ANNUNCIATA PREGHIERA PER GLI OSTAGGI – Su iniziativa del Catholicos di tutti gli armeni Karekin II, il 10 novembre si terrà nelle chiese armene di tutto il mondo una preghiera ecumenica (globale) per la pace e la giustizia in Armenia e per la liberazione degli ostaggi detenuti illegalmente a Baku, la capitale dell’Azerbaijan. Le preghiere si svolgeranno in tutte le diocesi della Chiesa apostolica armena nel mondo. Anche il Catholicos della Grande Casa di Cilicia Aram I e il Consiglio ecumenico delle Chiese hanno aderito all’iniziativa.

(5 nov 24) THUMBERG, NO A COP 29 – La nota attivista ambientale Greta Thunberg si è rifiutata di partecipare alla conferenza sul clima COP29 a Baku, capitale dell’Azerbaigian, a causa della pulizia etnica armena in Artsakh (Nagorno Karabakh). È un’estrema ipocrisia consentire a uno stato petrolifero autoritario di ospitare la COP, ha detto Thunberg ai giornalisti in Georgia.

(5 nov 24) PARLAMENTO EUROPEO – Cinquantadue membri del Parlamento europeo hanno firmato una dichiarazione in cui si chiede all’Azerbaigian di liberare immediatamente i prigionieri di guerra armeni, di garantire la protezione del patrimonio culturale armeno dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e di ritirare l’esercito azero dai territori occupati dall’Armenia.

(4 nov 24) PRIGIONIERI ARMENI – I rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno visitato i detenuti armeni nella capitale azera Baku in ottobre. Durante le conversazioni con questi detenuti, questi ultimi sono riusciti a contattare i loro parenti. La leadership militare e politica dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) è detenuta illegalmente nelle prigioni di Baku da un anno ormai. L’Azerbaijan conferma ufficialmente la cattura di 23 armeni, 17 dei quali sono finiti lì dopo l’aggressione militare dell’Azerbaijan contro l’Artsakh nel settembre 2023.

(30 ott 24) UNESCO – Il Nagorno Karabakh è al centro dell’attenzione dell’UNESCO da molti anni e l’organizzazione è preoccupata per le segnalazioni di presunte distruzioni di vari tipi di patrimonio culturale, ha affermato Krista Pikkat, direttrice dell’Ente Cultura ed Emergenze dell’UNESCO e segretaria della Convenzione dell’Aja del 1954 e dei suoi due protocolli (1954 e 1999).

(25 ott 24) DECEDUTA ARMENA A STEPANAKERT –  i parenti della donna armena Vera Aghasyan, 70 anni, morta il 20 ottobre a Stepanakert, la capitale dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) occupato dall’Azerbaigian, presenteranno una petizione al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) affinché venga sepolta in Armenia. Vera Aghasyan, una donna con problemi di salute mentale, era rimasta a Stepanakert dopo l’occupazione azera del Nagorno Karabakh e aveva rifiutato di spostarsi in Armenia nonostante le sollecitazioni della figlia e l’intervento della Croce Rossa. La causa della morte di questa donna di 70 anni è stata annunciata come insufficienza cardiopolmonare acuta, sviluppatasi a seguito di trombosi dell’arteria polmonare. In tutto l’Artsakh occupato dovrebbero dunque essere rimasti tredici armeni, tutti anziani e con problemi di salute.

(24 ott 24) DURA CONDANNA DEL PARLAMENTO EUROPEO ALL’AZERBAIGIAN –  Il parlamento europeo ha votato una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale e le relazioni con l’Armenia. Il testo è passato a larghissima maggioranza con 453 voti a favore, 31 contrari e 89 astenuti.
Nel documento alcuni passaggi riguardano strettamente l’Artsakh (Nagorno Karabakh) e ne diamo conto qui

(20 ott 24) COMITATO DIRITTI POPOLO ARTSAKH – Dal 18 al 20 ottobre, il Comitato per la difesa dei diritti fondamentali del popolo dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) si è riunito plenariamente a Yerevan. Il Comitato ha tenuto incontri con Samvel Shahramanyan, Presidente del Nagorno Karabakh, i membri dell’Assemblea nazionale del Nagorno Karabakh, il capo della Diocesi di Artsakh e Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli armeni, durante i quali sono stati condivisi aggiornamenti sugli sforzi in corso e sui piani futuri. Durante la sessione di tre giorni, il Comitato ha sottolineato l’importanza del suo lavoro fino ad oggi e ha espresso soddisfazione per il fatto che la questione del ritorno sicuro, dignitoso e collettivo della popolazione del Nagorno Karabakh sia stata sollevata, discussa e affermata nei circoli internazionali. Ciò include dichiarazioni di vari Paesi, organizzazioni internazionali e risoluzioni di istituzioni europee. Questi sviluppi gettano le basi per la fase successiva del lavoro del Comitato, concentrandosi sul consolidamento dei progressi e impegnandosi a stabilire un formato di negoziazione internazionale per affrontare il diritto al ritorno.

 (16 ott 24) RISOLUZIONE PARLAMENTO SVIZZERO SU ARTSAKH – Il Parlamento svizzero discute l’iniziativa per una conferenza di pace sul ritorno degli armeni del Nagorno Karabakh. Una risoluzione corrispondente è stata adottata dalla Commissione per le relazioni internazionali dell’Assemblea federale svizzera (la Camera bassa del Parlamento). Dopo l’approvazione del Consiglio federale, la risoluzione verrà discussa anche nella Camera alta del Parlamento. Con questa risoluzione l’Assemblea federale invita le autorità svizzere a organizzare la conferenza di pace. Lo scopo della conferenza è “promuovere un dialogo aperto tra i rappresentanti dell’Azerbaigian e degli armeni del Nagorno Karabakh sul ritorno sicuro e collettivo della storica popolazione armena sotto la supervisione o la presenza di attori internazionali”.

(11 ott 24) PROROGATA ILLEGITTIMA DETENZIONE AUTORITA’ ARTSAKH – Le ex autorità dell’Artsakh rimangono illegittimamente detenute nelle prigioni dell’Azerbaigian. Secondo media azeri, la loro detenzione preventiva (da inizio ottobre 2023) è stata ulteriormente allungata. Si tratta dell’ex ministro di Stato Ruben Vardanyan, degli ex presidenti Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan nonché del presidente dell’Assemblea nazionale Davit Ishkhanyan, dell’ex ministro Esteri Davit Babayan, dell’ex ministro Difesa Levon Mnatsakanyan e dell’ex cvice comandante delle Ff.AA dell’Artsakh Davit Manukyan.
Nei giorni scorsi, davanti alla sedde delle Nazioni unite a Yerevan (Armenia) si è svolta una manifestazione di protesta chiedendo l’intervento ONU per il rilascio di tutti i detenuti armeni in Azerbaigian, compresi i prigionieri di guerra e i civili.

(10 ott 24) RICHIESTE AZERE ALL’AJA – L’Azerbaigian ha presentato due richieste di arbitrato interstatale contro l’Armenia alla Corte permanente di arbitrato dell’Aia. Entrambi i casi sono attualmente in corso e, secondo il calendario approvato, saranno completati entro l’inizio del 2027. L’Armenia non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito. Nel frattempo, l’Azerbaigian ha già rilasciato diverse dichiarazioni ufficiali in varie occasioni, affermando che intende ritenere l’Armenia responsabile della distruzione dell’ambiente e della biodiversità nel Nagorno Karabakh. L’iniziativa azera, con accuse peraltro assolutamente infondate, punta a “compensare” le azioni armene presso la Corte relative al mancato rispetto dei diritti umani in Azerbaigian e al trattamento riservato da Baku agli armeni della regione costretti a dieci mesi di blocco forzato.

(4 ott 24) DEMOLITO A SHUSHI MONUMENTO ARMENO – A Shushi, nell’Artsakh occupato, gli azeri hanno demolito un monumento dedicato al genocidio armeno e al suo posto hanno dato via al progetto (inaugurato ufficialmente dal dittatore Aliyev quest’anno) per una nuova piazza denominata “della bandiera”. Li sorgeranno un museo e una moschea.

(2 ott 24) INIZIATIVA LEGALE DI VARDANYAN – Ruben Vardanyan, un prigioniero politico detenuto in Azerbaigian da oltre un anno, ex ministro di Stato della repubblica di Artsakh, ha intentato quattro azioni legali attraverso il suo team legale, denunciando molteplici violazioni dei diritti umani. Le cause legali, che arrivano poco prima del vertice COP29 delle Nazioni Unite a Baku, includono accuse di diffamazione da parte del quotidiano statale azero Baku Worker, tortura durante uno sciopero della fame e violazioni del suo diritto a un processo rapido. La causa per diffamazione accusa il giornale di aver pubblicato false dichiarazioni che danneggiano la reputazione di Vardanyan. Un altro caso evidenzia il trattamento degradante che Vardanyan ha subito durante il suo sciopero della fame nell’aprile 2024, dove sarebbe stato messo in una cella di punizione, gli sono stati negati i beni di prima necessità e sottoposto a privazione del sonno. Una terza azione descrive in dettaglio la violazione del suo diritto a un processo rapido, poiché è stato trattenuto in custodia cautelare per oltre un anno senza che fosse fissata una data in tribunale. La quarta causa accusa le autorità azere di aver impedito a Vardanyan di presentare una denuncia per diffamazione civile trattenendo la necessaria documentazione legale. Queste azioni legali si aggiungono alle crescenti preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani in Azerbaigian, in particolare mentre il paese si prepara a ospitare il vertice COP29. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno lanciato allarme sul trattamento dei prigionieri politici da parte dell’Azerbaigian e sulla sua continua repressione nei confronti della società civile. L’ex ministro di Stato dell’Artsakh Ruben Vardanyan è stato arrestato nel settembre 2023 insieme ad altri leader armeni in seguito alle azioni militari dell’Azerbaijan nell’Artsakh, con gruppi per i diritti umani che hanno etichettato queste azioni come pulizia etnica.

Il 25 settembre è l’anniversario dell’esplosione alla stazione di servizio Aykazov sulla strada Stepanakert-Askeran avvenuta nel 2023.

A seguito dell’esplosione, 219 persone sono state uccise, più di 300 sono rimaste ferite e 22 sono disperse.

Nei giorni concitati di un anno fa dopo l’attacco azero e la fuga della popolazione dall’Artsakh verso l’Armenia, centinaia di persone si accalcarono nei pressi del deposito per recuperare del carburante per rifornire il proprio veicolo e guadaganare così la via di fuga verso la salvezza. Una scintilla e fu catastrofe.

Non è stato possibile identificare tre corpi mediante il DNA, il che fa supporre che si tratti dei corpi degli azeri che sono penetrati nella zona e hanno organizzato l’esplosione. Lo sospetta la moglie di uno dei dispersi in seguito all’esplosione a Stepanakert in una conversazione con i giornalisti durante una protesta che si è tenuta a Yerevan nel primo anniversario dell’evento.

Ha lamentato l’inattività delle autorità armene e delle organizzazioni internazionali per fare piena luce sulle cause. La donna è sicura che suo marito non sia stato ucciso perché il ragazzo che gli stava accanto è vivo.

“Inoltre, nel 2023 il 7 ottobre, una delle persone scomparse ha chiamato da Shushi e ha informato che c’erano altre quattro persone con lui. Inoltre, nessuno vuole cercare queste informazioni e scoprire cosa sta succedendo”, ha detto.

Insomma, su quella tragedia – che si aggiunse al dolore di un popolo cacciato dalla propria terra – si addensano anche ombre di sospetti sul ruolo attivo degli azeri. Voci di tal genere erano circolate immediatamente: si parlava anche di possibili colpi di cecchino verso le cisterne di carburante ma furono dimenticate nella concitazione dell’esodo forzato degli armeni.

Ora, a distanza di un anno ritornano e aumentano il mistero su cosa abbia innescato la strage.

Oggi nell’Artsakh rimangono 14 armeni.

Lo ha detto Gegham Stepanyan, ombudsman dell’Artsakh, durante una tavola rotonda tenutasi oggi.
Anche le persone che una volta speravano di poter restare e vivere in Azerbaigian, alla fine si sono convinte che ciò è impossibile e si sono rivolte alla Croce Rossa per trasferirle nella Repubblica di Armenia. Questo è un altro indicatore e dovrebbe anche dimostrare che è impossibile vivere lì“, ha detto.

Stepanyan ha osservato che si parla di un processo molto pericoloso, che le cause legali vengono ritirate dai tribunali internazionali.
Molte organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che ciò non potrà mai accadere, poiché ciò mina la procedura giusta e corretta di risoluzione dei conflitti. Ma almeno in questo momento vediamo che la posizione del governo dell’Armenia rimane la stessa. È stata adottata una posizione secondo cui se si raggiunge un accordo di pace ad ogni costo, la questione sarà chiusa. Ciò significa semplicemente tradire i diritti di 150.000 persone e non avere un volto per presentarci ovunque come un popolo, una nazione, che anche quando c’è stata l’opportunità di proteggerla, non l’abbiamo fatto, abbiamo semplicemente creduto nella pace“, ha affermato.

Armenia: il dilemma del nucleare (Osservatorio Balcani Caucaso, 2 set)

Armenia. Pressioni degli Usa per dirottare il paese verso occidente (Notizie geopolitiche, 2 set)

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Con l’avvicinarsi della COP29, le autorità azere prendono di mira gli attivisti per la pace e le voci indipendenti (Color news, 27 set)

La presidenza dell’Azerbaigian: “Se l’Armenia vuole la pace, rinunci al Karabakh, cambi la Costituzione e smilitarizzi” (La Repubblica, 27 set, per abb.)

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Passi avanti su trattato di pace Armenia-Azerbaigian (Ansa, 27 set)

L’ Armenia continua a dipendere fortemente dalla Russia  (IARI, 28 set)

Nagorno-Karabakh: A un anno dalla pulizia etnica, l’Azerbaijan lavora per cancellare ogni traccia di cristiani e armeni (Entrevue, 28 set)

Ricordiamo che è possibile consultare il nostro database notizie a partire dal settembre 2015. E’ sufficiente digitare nella casella “ricerca” (lente), nella barra sulla homepage, il nome del mese seguito dall’anno (ad esempio: “gennaio 2020”).

(1) ELEZIONI FARSA – In Azerbaigian si sono svolte oggi elezioni parlamentari anticipate. Su 125 seggi disponibili, 124 sono andati al partito di Aliyev oa formazioni a lui vicine e non ostili. Duro giudizio della comunità internazionale che ha sottolineato la mancanza di trasparenza e di competizione politica.

(2) ANNIVERSARIO INDIPENDENZA – Oggi ricorre il 33° anniversario della dichiarazione di indipendenza dell’Artsakh, ora occupato dagli azeri. A Yerevan, il presidente incarica Sharamanyan si è recato al pantheon di Yerablur per deporre una corona di fiori al monumento dedicato ai caduti della lotta di liberazione. Presente anche il vescovo della diocesi dell’Artsakh, Abrahamyan.

(7) ULTIMI ARMENI RIMASTI – Oggi nell’Artsakh rimangono 14 armeni. Lo ha detto Gegham Stepanyan, ombudsman dell’Artsakh, durante una tavola rotonda tenutasi oggi. “Anche le persone che una volta speravano di poter restare e vivere in Azerbaigian, alla fine si sono convinte che ciò è impossibile e si sono rivolte alla Croce Rossa per trasferirle nella Repubblica di Armenia. Questo è un altro indicatore e dovrebbe anche dimostrare che è impossibile vivere lì“, ha detto. Stepanyan ha osservato che si parla di un processo molto pericoloso, che le cause legali vengono ritirate dai tribunali internazionali.
Molte organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che ciò non potrà mai accadere, poiché ciò mina la procedura giusta e corretta di risoluzione dei conflitti. Ma almeno in questo momento vediamo che la posizione del governo dell’Armenia rimane la stessa. È stata adottata una posizione secondo cui se si raggiunge un accordo di pace ad ogni costo, la questione sarà chiusa. Ciò significa semplicemente tradire i diritti di 150.000 persone e non avere un volto per presentarci ovunque come un popolo, una nazione, che anche quando c’è stata l’opportunità di proteggerla, non l’abbiamo fatto, abbiamo semplicemente creduto nella pace“, ha affermato.

(9) ULTIME ELEZIONI IN ARTSAKH – Un anno fa, il 9 settembre 2023, in Artsakh si sono svolte le ultime elezioni libere e democratiche. Il parlamento, dopo le dimissioni del presidente Harutyunyan (oggi incarcerato in Azerbaigian) votò il successore nella persone di Samvel Shahramanyan. Dieci giorni più tardi gli azeri attaccarono nuovamente il territorio armeno.

(9) ISLAMIZZAZIONE VIRTUALE DELL’ARTSAKH – L’osservazione delle mappe satellitari ci permette di dire che la parte azera ha iniziato ad aumentare artificialmente il numero delle moschee nell’Artsakh. Lo scrive il sito monumentowatch.org, che monitora il patrimonio culturale dell’Artsakh. Su Google maps compaiono numerose moschee “virtuali” posizionate in numerosi villaggi della regione. I segnali delle moschee sono posizionati artificialmente su siti web accessibili al pubblico che mostrano immagini satellitari. È interessante notare che come obiettivo è stata scelta la regione di Hadrut, la maggior parte dei cui villaggi erano armeni, avevano una popolazione armena e non vi erano mai case di preghiera islamiche. I villaggi sopra menzionati non hanno più abitanti dopo l’occupazione del 2020, lì non sono in corso lavori di costruzione, per non parlare di lavori di costruzione di moschee.

(10) NEGOZIATI DI PACE – “Questo è un momento davvero importante per la nostra regione per prendere ciò che è già stato concordato“. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan lo ha affermato nel suo discorso al forum internazionale Yerevan Dialogue 2024 martedì, e riferendosi alla bozza del trattato di pace con l’Azerbaigian. Pashinyan ha sottolineato che l’Armenia e l’Azerbaigian hanno già più di un pacchetto di controllo per il trattato di pace. “Proponiamo di mettere sul tavolo le clausole 13+3 dell’accordo, firmarlo ora come “trattato di pace” e procedere alla discussione di ulteriori questioni. Spero che questo illustre pubblico concordi sul fatto che non c’è mai stato alcun trattato da nessuna parte che affronti e risolva tutte le questioni; non esiste alcun trattato del genere. Anche se esaminiamo con 20,50 articoli, ci saranno comunque articoli che rimarranno irrisolti nel trattato dato. Non ci sono paesi le cui relazioni sono normalizzate da un singolo trattato“, ha osservato il Primo Ministro armeno. Pashinyan ha sottolineato che è molto importante gettare le basi, o non respingere, quelle già gettate in seguito a diversi anni di negoziati. “Spero che nel prossimo futuro avremo l’opportunità di firmare la parte già concordata del trattato di pace e di procedere con i restanti negoziati per risolvere ulteriori questioni“, ha aggiunto il premier armeno.

(11) DISINFORMAZIONE AZERA – La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa dell’Azerbaigian, secondo cui mercoledì intorno alle 10:50 unità delle Forze Armate armene hanno aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento azere situate nella parte occidentale del confine (Nakhijevan), non corrisponde alla realtà secondo quanto riferisce il ministero della Difesa dell’Armenia.

(19) 19 SETTEMBRE 2023 – 19 SETTEMBRE 2024 – L’aggressione azera alla repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) ha provocato l’esodo forzato di tutta la popolazione armena. Oltre 101.000 persone, già provate da dieci mesi di blocco criminale operato dal regime di Aliyev, si affollano lungo la strada che porta in Armenia. Oltre 40 ore di auto per percorrere gli ottanta chilometri che separano Stepanakert al confine. I terroristi azeri rimuovono il blocco per far uscire la popolazione salvo arrestare tutte le autorità della repubblica (in carica ed ex). La Russia che avrebbe dovuto proteggere gli armeni non muove un dito. L’Unione europea e gli Stati Uniti lasciano che il dittatore completi la pulizia etnica.
NOI NON DIMENTICHIAMO, NON DIMENTICHEREMO MAI

(19) 19 SETTEMBRE 2023 – 19 SETTEMBRE 2024 – L’occupazione, un anno fa, della Repubblica dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian ha provocato gravissime perdite materiali, colpendo sia il patrimonio culturale che le infrastrutture essenziali. I danni registrati comprendono: 12 città – 241 villaggi – 13.550 case (30% con più di 100 anni) – 11.450 appartamenti – 60 fabbriche – 15 impianti di produzione – 200 centri culturali – 9 poli culturali – 25 musei – 232 scuole – 7 college – 4 università – 11 scuole d’arte – 400 cimiteri medievali – 385 chiese – 60 complessi monastici – 2.385 khachkar (croci di pietra) – 4 bacini idrici – 5 canali – 37 centrali idroelettriche – 48 siti minerari – 11 ospedali e presidi sanitari – 230 centri medici. Questi ingenti danni riflettono non solo una perdita di proprietà, ma un attacco all’identità culturale armena e al retaggio storico della regione.

(19) DICHIARAZIONE MINISTERO ESTERI ARMENIA – Il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia nel primo anniversario dello spostamento forzato del Nagorno Karabakh ha rilasciato la seguente dichiarazione:
Un anno fa, il 19 settembre, a seguito dell’attacco militare dell’Azerbaigian, l’intera popolazione indigena del Nagorno Karabakh, più di 115.000 armeni, ha dovuto abbandonare le proprie case nel giro di pochi giorni. Questo spostamento, che è stato l’ultima fase della politica di pulizia etnica, ha avuto luogo durante la sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando l’intera comunità internazionale si era nuovamente riunita per discutere l’imperativo della risoluzione pacifica dei conflitti, dell’istituzione della stabilità e dello sviluppo, condannando l’uso della forza, la violazione delle norme internazionali e dei diritti umani in diverse parti del mondo. Nel corso dell’anno trascorso, il governo armeno ha adottato le misure necessarie, anche con l’aiuto di partner internazionali, per rispondere alle esigenze primarie e a medio termine degli armeni sfollati del Nagorno-Karabakh, nonché per sviluppare i programmi necessari a lungo termine. La prossima settimana riprenderanno a New York i dibattiti ad alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: gli eventi dell’anno appena trascorso dimostrano l’importanza di sforzi urgenti per garantire la stabilità internazionale e la realizzazione di idee e misure che consentano di stabilire la pace. La posizione della Repubblica di Armenia nel garantire la stabilità nel Caucaso meridionale è chiara: immediata instaurazione della pace e delle relazioni basate sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale, sulla visione di garantire uno sviluppo sostenibile, un’efficace interconnettività e prosperità nella regione. Per realizzare tutto ciò, per non perdere l’opportunità disponibile in questo momento e per creare un ambiente favorevole a una vita più stabile e dignitosa per generazioni, ci aspettiamo una chiara dimostrazione di volontà politica e impegno per l’agenda di pace da parte di altri attori interessati allo stesso obiettivo.”

(19) PROPOSTA LEGGE USA – Introdotto dal deputato statunitense Adam Schiff, un disegno di legge bipartisan che prevede di:▪️Richiedere a tutte le istituzioni finanziarie statunitensi che possiedono beni sovrani azeri di segnalare tali beni all’Ufficio di controllo dei beni esteri del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Entro 60 giorni dalla data di adozione della legge, il Presidente deve bloccare le transazioni relative a questi beni ed entro 90 giorni dalla data del blocco, confiscarli. ▪️Creare un Fondo per il ripristino delle entrate dell’Artsakh che riceverà beni azeri confiscati e quindi utilizzerà questi fondi per risarcire gli armeni aventi diritto sfollati dall’Artsakh per la perdita di reddito derivante dalle loro proprietà, attività commerciali e occupazione a seguito dell’attacco militare dell’Azerbaigian. ▪️ Sequestrare beni personali negli Stati Uniti e imporre restrizioni sui visti agli alti funzionari azeri e ai loro parenti stretti che hanno partecipato o sostenuto l’offensiva militare sull’Artsakh. ▪️Creare una procedura semplificata per richiedere un risarcimento al Fondo per gli armeni sfollati aventi diritto.

(19) ANNIVERSARIO ATTACCO AZERO, DELEGAZIONE ARTSAKH IN VISITA A YERABLUR – Le autorità dell’Artsakh, guidate dal presidente Samvel Shahramanyan, hanno visitato ieri il Pantheon militare Yerablur a Yerevan nel primo anniversario dell’occupazione dell’Artsakh da parte dell’Azerbaigian e della deportazione forzata della sua popolazione armena. La delegazione ha deposto fiori e ha reso omaggio agli armeni martirizzati difendendo l’Artsakh. Shahramanyan ha evidenziato i ricordi dolorosi dei dieci mesi di blocco e di quattro mesi di assedio che hanno portato all’aggressione militare dell’Azerbaigian. Gli eventi del settembre 2023, comprese le operazioni militari e l’esplosione del deposito di carburante, hanno provocato numerose vittime e feriti, costringendo migliaia di armeni a lasciare la propria patria. Shahramanyan ha promesso di onorare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita, consentendo a oltre 100.000 persone di sfuggire al blocco ed evitare ulteriori tragedie. Ha anche espresso rammarico per le dichiarazioni dei funzionari armeni che vedono l’Artsakh come parte dell’Azerbaigian, chiedendosi se ciò rifletta le convinzioni del popolo armeno o solo del governo. In risposta alle domande sul suo ruolo dopo lo scioglimento dell’Artsakh, Shahramanyan ha dichiarato che coloro che vogliono riconoscere l’Artsakh continueranno a farlo, respingendo i fondamenti giuridici della questione.

(19) AZIONE PENALE VERSO GLI AGGRESSORI AZERI – “Oggi, nel primo anniversario dell’aggressione genocida e disgustosa dell’Azerbaigian contro il popolo dell’Artsakh e della nostra deportazione, Gegham Stepanyan e io abbiamo intentato una causa presso la CPI (Corte Penale Internazionale) per i crimini dell’Azerbaigian contro l’umanità. I colpevoli devono essere puniti!”. Lo ha dichiarato l’ex ministro di Stato ArtakBeglaryan.

(20) LA FUGA DALL’ARTSAKH – Durante un’audizione al Congresso degli Stati Uniti sul tema Artsakh, il direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa “Crude Accountability”, Sharmakh Mardi, ha dichiarato: “I social network azerbaigiani hanno pubblicato apertamente minacce di violenza contro la popolazione civile dell’Artsakh, dagli annunci di bambini scomparsi alla diffusione di immagini e resoconti di massacri di residenti che si sono rifiutati di evacuare dalle loro case; di conseguenza, i civili hanno tentato disperatamente di fuggire prima dell’arrivo dell’esercito azerbaigiano”.

(21) PARLA VARDANYAN – In una dichiarazione rilasciata dalla prigione di Baku, Ruben Vardanyan ha affrontato le domande sollevate durante la recente conferenza stampa di Nikol Pashinyan. “Innanzitutto, ogni persona giudica le azioni degli altri in base alle proprie esperienze di vita e ai propri principi” ed ha continuato affermando che se Pashinyan avesse avuto delle domande per lui, avrebbe avuto ampia opportunità di sollevarle durante il loro ultimo incontro nel novembre 2022, quando Vardanyan era ancora Ministro di Stato in Artsakh. “In ogni caso, sono pronto anche ora, nello stato delle mie attuali capacità, a rispondere a qualsiasi domanda possa avere”, ha osservato Vardanyan. Riflettendo su un incontro tenutosi nel 2018, Vardanyan ha ricordato a Pashinyan i tre punti chiave che aveva condiviso all’epoca: 1. Né lui né i suoi partner hanno cercato di interferire nella politica armena. 2. Il loro lavoro di beneficenza sarebbe continuato, indipendentemente dalla posizione del governo armeno, poiché era destinato al popolo. 3. La sua unica preoccupazione che avrebbe potuto modificare il suo approccio era il destino dell’Artsakh. Ha sottolineato che la guerra del 2020 e le continue minacce all’Artsakh hanno rappresentato un punto di svolta nella sua vita, plasmando le sue azioni da allora. “Tutte le mie azioni sono state dettate dalla preoccupazione per il destino dell’Artsakh e del suo popolo“, ha ribadito Vardanyan. In chiusura, Vardanyan ha riconosciuto i tempi difficili che l’Armenia sta affrontando, affermando: “Ora, la nostra nazione sta vivendo uno dei periodi più crudeli e difficili della sua storia. Continuo a credere che, nonostante le difficoltà e i disaccordi, saremo in grado di superare questa fase e costruire un futuro pacifico e luminoso“. La dichiarazione è stata rilasciata dall’ufficio di Ruben Vardanyan, attualmente detenuto a Baku.

(22) DICHIARAZIONE CANADA – Melanie Joly, ministro degli Affari esteri del Canada, ha rilasciato domenica una dichiarazione in occasione del primo anniversario della de-armenizzazione dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).

(25) ANNIVERSARIO ESPLOSIONE STEPANAKERT – È trascorso esattamente un anno dall’esplosione nel deposito di benzina vicino all’autostrada Stepanakert-Askeran in Artsakh (Nagorno Karabakh) costato la vita a 238 residenti mentre la sorte di 22 persone è ancora sconosciuta.

(27) DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE SHAHRAMANYAN – Quattro anni fa, in questo giorno, l’Azerbaijan, con il supporto di Turchia, Israele e altri paesi, ha lanciato un attacco su larga scala all’Artsakh e anche all’Armenia. Il presidente dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) Samvel Shahramanyan lo ha dichiarato in un’intervista con i giornalisti al Yerablur Military Pantheon di Yerevan. Shahramanyan ha sottolineato che le forze armate armene hanno accettato l’attacco e hanno reagito, e oggi si trova a Yerablur per rendere omaggio ai martiri.
Grazie a loro, è stato possibile prevenire le conseguenze più disastrose della guerra. Ritengo che con i risultati della guerra di 44 giorni, sia stato stabilito l’inizio della predeterminazione del destino dell’Artsakh. Ritengo che ciò che è accaduto nel 2023 sia una conseguenza di ciò“, ha affermato Shahramanyan.
Per quanto riguarda la domanda sui colpevoli della sconfitta in guerra, il presidente dell’Artsakh ha detto: “Sono stati avviati molti casi penali in Armenia, è stato operativo un comitato competente nell’Assemblea nazionale, che probabilmente pubblicherà le conclusioni nel prossimo futuro, e noi ne trarremo le conclusioni appropriate. E la conclusione del comitato sarà una base per noi. E non solo, abbiamo le nostre opinioni, ma se ne può parlare dopo aver appreso i risultati dei casi penali pertinenti“. Il presidente dell’Artsakh ha aggiunto tuttavia che non può commentare i casi penali.
“Come siete riusciti a raggiungere l’Armenia in elicottero dall’Artsakh, mentre il resto della leadership politico-militare dell’Artsakh non ci è riuscito?” I giornalisti hanno posto questa domanda al presidente dell’Artsakh. In risposta, Shahramanyan ha detto: “Non posso commentare le decisioni che sono state prese in Azerbaigian. Le decisioni di arrestare e prendere prigionieri quelle persone sono state prese dagli Azerbaigian. Non so perché non sia stata presa una decisione del genere nei miei confronti. Avremo la risposta a tempo debito”.
Alla domanda se fosse possibile non andare alle trattative con gli azeri e non firmare il decreto sullo scioglimento dell’Artsakh, e cosa sarebbe successo in quel caso, Shahramanyan ha risposto: “Nessuno avrebbe potuto prevedere quale sarebbe stato l’esito. Fino all’ultimo secondo, la gente dell’Artsakh non voleva lasciare le proprie case. Stavamo negoziando con la parte azera per mantenere stabile la situazione e avviare trattative sul futuro destino dell’Artsakh e del popolo [armeno] dell’Artsakh. Ma non abbiamo ricevuto garanzie corrispondenti dall’Azerbaigian che il popolo [armeno] [dell’Artsakh] possa continuare a vivere lì in sicurezza”. E parlando delle accuse secondo cui la leadership dell’Artsakh aveva rifiutato i negoziati con l’Azerbaijan nella capitale bulgara Sofia e invece era andata a negoziare a Yevlakh, in Azerbaijan, il presidente dell’Artsakh ha detto: “Arayik Harutyunyan era il presidente [dell’Artsakh] a quel tempo. E per quanto ne so, il partito dell’Artsakh non ha mai rifiutato i negoziati, da nessuna parte, in nessuna circostanza“.
Il presidente ha inoltre aggiunto: “Ho affermato più volte di aver assunto questo dovere e questa responsabilità [come presidente dell’Artsakh] in un momento in cui praticamente tutti avevano rinunciato all’Artsakh. Abbiamo preso decisioni basate sulla situazione creata“. E riferendosi ai resoconti secondo cui nel 2021 e in seguito, l’allora presidente dell’Artsakh Arayik Harutyunyan voleva dimettersi, ma non glielo hanno permesso, ed è stato in quel momento che si è discusso della candidatura di Shahramanyan come candidato alla presidenza dell’Artsakh, Shahramanyan ha detto: “La mia candidatura è stata discussa negli ultimi giorni, durante i giorni in cui Arayik Harutyunyan ha presentato le sue dimissioni. Ho assunto quella responsabilità, comprendendo la complessità della situazione e non evitando quella responsabilità. Ero molto consapevole di cosa significasse assumere quella posizione“.

(27) PRIGIONIERI ARMENI – Oggi ricorre il primo anniversario dell’arresto arbitrario da parte delle autorità azere di otto leader armeni, a partire dall’arresto dell’imprenditore sociale e filantropo Ruben Vardanyan. Gli otto leader armeni sono stati arrestati illegalmente nel settembre e nell’ottobre 2023 dopo che l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare nella regione del Nagorno-Karabakh, costringendo la popolazione di 120.000 armeni di etnia armena del Nagorno-Karabakh a trasformarsi in rifugiati e ad abbandonare le proprie case. “La detenzione arbitraria di mio padre senza alcuna prova o giusto processo è una chiara violazione di tutte le norme e leggi internazionali“, afferma David Vardanyan, figlio di Ruben Vardanyan. “Chiediamo alla comunità internazionale di intensificare gli sforzi per garantire il suo rilascio immediato e incondizionato insieme agli altri leader politici detenuti illegalmente in Azerbaigian“.

(28) L’AZERBAIGIAN REITERA LE SUE RICHIESTE ALL’ARMENIA – Il ministro degli Esteri azero Ceyhun Bayramov ha incontrato il ministro degli Esteri tedesco Annalena Berbock nell’ambito della 79a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Durante l’incontro sono state discusse le relazioni bilaterali tra Azerbaigian e Germania e l’attuale situazione nella regione nel periodo post-conflitto. Bayramov ha parlato dell’attuale situazione nella regione nel periodo post-conflitto, dei lavori di “recupero e ricostruzione” nell’Artsakh occupato e distrutto dalle forze azere, del processo di normalizzazione delle relazioni tra Azerbaigian e Armenia, osservando che “le continue rivendicazioni territoriali sul nostro paese contenute nella Costituzione e negli atti legislativi dell’Armenia, nonché il rapido armamento di questo paese creano una minaccia all’agenda di pace“.

Il sito “Monumentalwatch” che monitora il patrimonio culturale dell’Artsakh, scrive:

<<Qualche giorno fa, il sito web azerbaigiano Cultura dell’Azerbaigian ha pubblicato una dichiarazione sul famoso monumento dell’Artsakh “Noi siamo le nostre montagne” (Nonno e Nonna), affermando che è stato costruito nella città di Khankendi in Azerbaigian nel 1967 e che è ” Il monumento multiculturale e nazional-religioso dell’Azerbaigian è uno dei tanti esempi di tolleranza.

È noto che il monumento è uno dei simboli moderni dell’Artsakh armeno e che è stato creato come segno e simbolo dell’identità armena della regione.
La vecchia coppia sposata con un atteggiamento e un aspetto tradizionali era la prova del passato storico e delle speranze future degli armeni dell’Artsakh. Speranze che oggi sono state deluse a causa della politica di sterminio degli armeni adottata dall’Azerbaigian.

Lo scultore del monumento in tufo rosso portato appositamente dall’Armenia è Sargis Baghdasaryan, e l’architetto è Yuri Hakobyan. Lo scultore descrisse il suo lavoro come segue: “Il monumento rappresenta gli anziani coniugi Artsakh in costume tradizionale, spalla a spalla, con un atteggiamento fiero e inflessibile e uno sguardo serio. Il monumento non ha un piedistallo, ma sembra che la collina della montagna sia stata spaccata, e loro si sono alzati da quella spaccatura e sono rimasti con i piedi saldamente piantati nel terreno degli armeni. Aggiungiamo che la coppia di anziani, nata ad Artsakh, è stata scolpita nelle figure dei nonni dello scultore. Loro sono le persone, sono la terra, sono noi, le nostre montagne. Queste persone sono nate qui, le loro radici millenarie sono qui, sono loro i veri proprietari di questa terra e di questa natura“, ha scritto lo scultore (“Il popolo del Karabakh” di Sargis Baghdasaryan).

Dopo la completa occupazione dell’Artsakh, la parte ufficiale azera ha toccato a malapena questo monumento per molto tempo. Il monumento, che era il simbolo più luminoso e famoso degli armeni dell’Artsakh, non è stato oggetto di visite e “non notato” dai giornalisti azeri e dai media in visita a Stepanakert occupata. Solo alcuni organi di stampa hanno espresso l’opinione che dovrebbe essere demolito. Nel 2023 sono apparse recenti pubblicazioni in cui si menzionava che il monumento era stato “armenizzato” dagli armeni. la parte azera ha cercato di diffondere la tesi secondo cui non sono contrari al monumento, ma alla sua “interpretazione ideologica nazionalista”. Dalle pubblicazioni azerbaigiane si può concludere che durante gli anni sovietici qualsiasi manifestazione diretta alla storia, alla cultura e alle radici degli armeni nel Nagorno-Karabakh era considerata “nazionalista”.

Recentemente, Kyamran Razmovar, coprendo la Stepanakert occupata, si è riferito specificamente a questo monumento, la cui enfasi principale era che il monumento fu eretto durante gli anni sovietici, quando il Nagorno Karabakh faceva parte dell’Azerbaigian, il che, secondo lui, significa che il monumento era eretto con i soldi stanziati dal bilancio dell’Azerbaigian sovietico, il che significa che è azerbaigiano. Queste sottolineature sono importanti perché la parte azera, attraverso i suoi propagandisti filo-establishment, ha avviato il processo di appropriazione del monumento, dove si possono vedere le tesi sul monumento: è stato costruito con i soldi di Baku, è azerbaigiano e mostra la tolleranza delle autorità azere nei confronti degli armeni durante gli anni sovietici.

Riteniamo doveroso ricordare che l’idea del monumento prese vita in quegli anni con la partecipazione diretta del presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Regionale del Nagorno Karabakh, Mushegh Ohanjanyan.
La leadership dell’Azerbaigian sovietico era contraria alla costruzione del monumento e alla sua installazione. Inoltre è fu sollevata una denuncia chiedendone lo smantellamento. Una commissione speciale del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Azerbaigian arrivò a Stepanakert per scoprire di quale “noi” e di quali “montagne” stiamo parlando nel monumento “Noi siamo le nostre montagne”. Grazie agli sforzi della parte armena, è stato possibile salvare il monumento dallo smantellamento. Diverse persone che ricoprirono incarichi nel Nagorno Karabakh in quegli anni, stretti e parenti di Sargis Baghdasaryan, che era imparentato con l’installazione della statua e autore della statua (“Karabakhtsi” di Sargis Baghdasaryan), indicano questa circostanza nei loro ricordi.>>

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La politica dell’Azerbaigian nei confronti del monumento è un tentativo di usurpare il patrimonio, quando non solo si separa dall’affiliazione armena, ma crea anche l’immagine di un paese multiculturale e tollerante per l’Azerbaigian. Con una tale politica, l’Azerbaigian viola la Convenzione ONU del 2005. Adottata a Parigi la Convenzione “Sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali“.
La Convenzione sottolinea la diversità culturale come forza trainante per lo sviluppo sostenibile delle società, dei popoli e delle nazioni. Ma, secondo la convenzione, per “diversità culturale” si intende la varietà dei modi in cui trovano espressione le culture dei gruppi e delle società.
Secondo l’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite, la protezione della diversità culturale è possibile solo quando sono garantiti i diritti umani e le libertà fondamentali. Dal contesto fattuale si può concludere che la tutela della diversità delle forme di autoespressione culturale implica il rispetto di tutte le culture, comprese quelle delle minoranze e delle popolazioni indigene. Secondo la Convenzione, inoltre, la cultura è uno dei principali motori dello sviluppo. È particolarmente degno di nota che, secondo la convenzione, “protezione” significa adottare misure volte a preservare, proteggere ed espandere la diversità delle forme di autoespressione culturale.

Il coordinatore della commissione internazionale sulla questione Artsakh, Vardan Oskanyan, costituita nel gennaio di quest’anno, e i membri della commissione hanno completato il secondo ciclo di riunioni della commissione e, secondo i rapporti, sono in Armenia per diversi giorni.

I politici dell’Artsakh attendono l’incontro con Oskanyan, che questa volta ha avuto incontri importanti soprattutto in Svizzera. L’ultima volta, mesi fa, Oskanyan era anche all’estero e ha avuto decine di incontri con diverse personalità politiche armene ed europee, rappresentanti di strutture internazionali, tra cui Toivo Klaar, all’epoca rappresentante speciale dell’UE per la crisi nel Caucaso meridionale e in Georgia.

Ricordiamo che la commissione è stata creata dal parlamento dell’Artsakh ed è chiamata ad occuparsi delle questioni relative al rimpatrio collettivo della popolazione dell’Artsakh e alla tutela di altri diritti. Questo tour darà certezza se ci sono possibilità di tornare in Artsakh o se gli sforzi vengono fatti invano.

Per garantire la continuità delle istituzioni dell’Artsakh, i politici dell’Artsakh stanno discutendo la questione della formazione di un gruppo professionale di avvocati, che proporrà soluzioni in questo senso, in modo che se non sarà possibile formare un nuovo parlamento con elezioni nazionali del prossimo anno, allora la possibilità di estendere i poteri del parlamento sarà fornita dalla decisione dei legislatori.

Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha rilasciato una controversa dichiarazione a margine della visita del presidente Putin in Azerbaigian.

In parole povere, Lavrov ha accusato l’Armenia di non rispettare l’accordo del 9 novembre 2020 riguardo alle comunicazioni regionali tra Armenia e Azerbaigian.

A meno che non abbia pronunciato tali parole solo per compiacere il padrone azero di casa, sorprende l’uscita del pur navigato ed esperto ministro.

Innanzitutto, solo poco tempo fa, la parte armena e quella azera hanno concordato di lasciare da parte al tavolo negoziale ogni discussione sulla materia (il cosiddetto “Corridoio di Zangezur”). E già questo dovrebbe essere sufficiente.

Ma, poi, cosa è rimasto di quell’accordo tripartito firmato per fermare la guerra di conquista azera dell’Artsakh?

L’Azerbaigian ha sferrato ulteriori attacchi e ha occupato tutto il Nagorno Karabakh, la popolazione è fuggita; per tre anni la forza di pace russa ha assistito quasi senza battere ciglio alle scorribande degli orchi azeri, al blocco di energia elettrica e gas, all’assedio per fame della popolazione con i “checkpoint” azeri innalzati davanti ai soldati russi.

Ancora oggi decine di armeni sono prigionieri di guerra e ostaggio nelle mani di Aliyev.
E sarebbe l’Armenia a non rispettare gli accordi?

La Russia vorrebbe avere un controllo sui transiti tra Nakhjivan e Azerbaigian ma l’operazione non è possibile.

Sorprendono allora le parole del ministro che è esperto e non può ignorare lo stato delle cose. O forse voleva solo far bella figura davanti a Bayramov e Aliyev. Ma questo sarebbe un segno di debolezza…