Venticinque anni fa la liberazione di Shushi
Tra l’8 e il 9 maggio la seconda città dell’Artsakh, divenuta una micidiale postazione di tiro delle forze azere che dall’alto bombardavano Stepanakert e buona parte della regione, fu liberata
Gli azeri avevano scatenato da pochi mesi la guerra. Dopo la dichiarazione di autodeterminazione del soviet del Nagorno Karabakh che, nel pieno rispetto della legislazione sovietica dell’epoca non aveva seguito l’Azerbaigian nel suo processo di distacco dall’Urss, dopo il referendum consultivo e le elezioni politiche, era stata proclamata la nuova repubblica del Karabakh Montuoso-Artsakh il 6 gennaio 1992.
La risposta azera fu la guerra. E da Shushi, situata in altura a 2000 metri, ma anche da Djangasan, Kesalar, Gaibalu, cominciarono a piovere razzi Grad e colpi di mortaio sulla capitale Stepanakert e su buona parte della regione. Da novembre quasi cinquemila colpi furono sparati contro gli armeni provocando la morte di 111 persone, il ferimento di 332, la distruzione di 370 case. L’Artsakh era staccato dall’Armenia in quanto lo stretto corridoio di Lachin era sotto tiro azero; mancavano acqua e luce, la popolazione sopravviveva a stento.
Fu così che il neo costituito Esercito di difesa del Karabakh decise di prendere la roccaforte di Shushi. L’attacco doveva essere lanciato il 4 maggio, ma per diversi motivi (mancanza di munizioni, maltempo ecc.) fu rinviato. Nella notte dell’8 maggio, quattro gruppi attaccanti e un gruppo di assistenza nelle retrovie per un totale di 1200 combattenti lanciarono l’operazione sotto la supervisione di Ter-Tadevosyan.
Fu una violenta battaglia, durata tutta la notte; alla fine, grazie anche a un manipolo di incursori che scalarono la parete rocciosa della roccaforte della città e sorpresero il nemico alle spalle, Shushi, l’antica armena Shushi, fu liberata. La folla festante si radunò davanti alla cattedrale di Ghazanchetsots (San Salvatore) che gli azeri avevano trasformato in un deposito di armi sicuri che gli armeni mai avrebbero bombardato quel simbolo religioso.
Quella conquista e l’immediata presa del corridoio di Lachin con il ricongiungimento all’Armenia, furono i presupposti per la successiva liberazione di tutto l’Artsakh due anni più tardi.
A venticinque anni da quella impresa, vogliamo ricordare tutti gli eroi che vi parteciparono e tutti coloro che, anche con il sacrificio della propria vita, contribuirono all’indipendenza dell’Artsakh.